Nobel a Machado: speranze, silenzio, ambiguità

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La popolazione venezuelana che aspira a un’avventura democratica del paese ha accolto con gioia il conferimento del premio Nobel per la pace a Maria Corina Machado: un segno di speranza per un Venezuela diverso da quello attuale. Di lei si apprezza la coerenza e la radicalità. Gioia che però è rimasta soffocata – ammutolita dal grande silenzio che il regime di Maduro ha imposto sulla cittadinanza e sui media non di partito.

Quando un potere politico impedisce a un popolo, o a una parte di esso, di esprimere pubblicamente la propria gioia, di far scendere in piazza la propria speranza, esso ne esce più debole perché si rivela per quello che è. Ed entra in un circolo vizioso che lo rinchiude sempre più in sé stesso, attivandone i meccanismi di protezione ben oltre la misura abituale. Il prezzo di una gioia coltivata anche solo nel segreto del cuore può essere estremamente alto.

Il Nobel a Machado la legittima a livello internazionale, le conferisce da fuori un ruolo di leadership esclusivo, fa albeggiare una speranza che potrebbe essere pagata a caro prezzo dalla popolazione venezuelana, ma apre anche la porta a ingerenze di paesi che hanno interesse, per varie ragioni, a vedere chiusa per sempre l’era dello chavismo in Venezuela. Passa anche sopra la testa di processi di incontro volti a una pacificazione politica del paese tra rappresentanti delle opposte frazioni.

C’è chi teme che questo Nobel possa produrre una mera inversione dei rapporti di forza senza alcuna democratizzazione della contesa politica. Prima del conferimento del premio Nobel, Machado era una parte dell’opposizione, con un suo immaginario per ciò che concerne l’alternativa al governo di Maduro. I suoi ammiccamenti a Trump, per indurne un intervento più o meno diretto negli affari venezuelani e come modo di esercitare una eventuale leadership a guida del paese nel dopo Maduro, preoccupano chi in Venezuela ritiene che l’auto-determinazione del popolo sia la base imprescindibile di ogni libertà democratica.

Questa è la misura su cui Machado sarà messa alla prova dopo aver ricevuto il premio Nobel per la pace. La storia dell’America Latina è piena di «liberatori» che hanno finito per essere marionette degli interessi americani, per essere cambiati a piacimento qualora risultassero non graditi. Ed è una storia scritta col sangue e le lacrime delle popolazioni.

La pax americana può non coincidere con le aspirazioni del popolo venezuelano e, in questo momento, non ha sicuramente il gusto di una democrazia compiuta. L’adeguatezza del riconoscimento concesso a Machado non sta dietro a lei, ma deve essere guadagnato sul campo di una trasformazione del Venezuela che preservi il diritto alla auto-determinazione del suo popolo.

Una trasformazione che dovrà essere indipendente e non violenta, per non trasformare in una farsa il conferimento del premio Nobel per la pace e in una tragedia la gioia che questo ha generato nei cuori della popolazione.

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