
In prossimità della festa liturgica del diacono Lorenzo mi trovo a leggere il libro del diacono-sposo Giorgio Agagliati: Il Diacono e il pellegrinaggio della speranza (1). Lo sfondo – come richiama il titolo – è certamente l’anno giubilare della speranza. E in quest’ottica, si possono sottolineare alcune particolarità del libro:
- l’interrogativo al quale l’autore cerca risposta: se il tema della speranza «possa avere una dimensione specifica» (p. 11) per il diaconato;
- la riflessione fatta dall’interno, direttamente da un diacono che vive il suo ministero da quasi 25 anni;
- il significato che affida al diaconato l’essere contemporaneamente e pienamente sposato, e quindi l’appartenere anche a una “coppia diaconale” (p. 11), pur riconoscendo che ad oggi è “più esatto parlare di «coppia in cui lo sposo è diacono» (sperando di poter dire un giorno anche «coppia in cui la sposa è diacono»” (2).
Scopo di questa ricerca non è quello di completare lo specifico diaconale, ma di arricchirlo con lo stimolo del tema giubilare e dell’esperienza di vita coniugale.
Lasciando perdere il raffronto-confronto con il presbiterato, che sarebbe solo fuorviante, l’autore ricorre all’immagine musicale della sinfonia (p. 17 con riferimento a Hans Urs von Balthasar) per affermare che la “voce” del diacono, con il suo timbro particolare, deve farsi sentire «per tenere desta la diaconia della speranza», richiamando qui un articolo di Enzo Petrolino (3), presidente della comunità del Diaconato in Italia.
La riflessione sviluppa tre temi in particolare:
- tutta la vita del diacono e della “coppia diaconale” è racchiusa nel triplice sì: del diacono alla personale vocazione, della sposa che così dilata il consenso nuziale, della Chiesa che riconosce l’autenticità della vocazione che fonde insieme il mandato della salvezza dei fratelli e sorelle nel servizio del sacramento dell’Ordine e del sacramento del Matrimonio.
- La sfida della realtà, che il diacono e la “coppia diaconale” affrontano in quanto cittadini pienamente inseriti nel mondo, nel quale diventare operatori pastorali consapevoli e testimoni dell’agire cristiano, pur nella consapevolezza della propria imperfezione.
- La carità senza recinti, che vede il diacono e la “coppia diaconale” dedicarsi a tutti gli ambiti del ministero: annuncio, liturgia, servizio ai poveri. E la dedi(ca)zione deve declinarsi non solo nella modalità operativa, spesso prevalente, ma anche nella modalità educativa e di orientamento/animazione.
Il “pellegrinaggio della speranza”, che proseguirà oltre l’anno giubilare, è esattamente «ciò che il diacono è chiamato ogni giorno a vivere e ad accompagnare e sostenere in tutti gli ambiti della vita» (4).
(1) Giorgio Agagliati, “Il Diacono e il pellegrinaggio della speranza”, isg Edizioni, 2025, pp. 213.
(2) Cf. nota a p. 15.
(3) Enzo Petrolino, “Diaconi verso il Giubileo”, editoriale del n. 244 della rivista Il Diaconato in Italia, gennaio/febbraio 2024, pp 3-4
(4) Cf. ultima di copertina.





