
Carissimo Francesco, nostro Vescovo di Roma e Pontefice della Chiesa universale, hai davvero ben preparato, con un ultimo slancio d’amore, la tua partenza per il cielo.
Quando, solamente due giorni fa, ho letto le meditazioni che hai voluto donarci per la Via Crucis del Colosseo, ho subito pensato che queste parole costituiscono veramente il tuo Testamento. Nello srotolarsi di queste righe c’è tutto il tuo insegnamento, tutta la tua vita, tutta la tua anima e specialmente tutto il tuo amore per il Signore e per i suoi figli. Stazione dopo stazione vi si sente circolare, distintamente, potrei dire, lo Spirito Santo che le ha ispirate.
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Grazie Francesco per la consolazione che hai voluto trasmetterci con queste parole potenti, risuonate in noi giusto un momento prima di impartirci la tua ultima benedizione, per poi spirare e tornare alla casa del Padre nostro.
La tua vita di pastore, in questo suo ultimo e doloroso tratto di cammino dietro Gesù, non ha così lasciato quel senso di incompiutezza che tante volte ci lascia con l’amaro in bocca. Per tutto il resto, tocca a noi portare a compimento quello che il Signore vorrà. Ricordandoci sempre che, per farlo, dobbiamo camminare su quella strada e abbracciare quel legno.
Queste tue meditazioni sulla croce, che ricapitolano tutto ciò che hai detto e fatto per noi e per il mondo, ci risparmiano la pena di dover saltare di qua e di là per partorire, magari alla fine, un triste articolo tutto dedicato ai meriti e demeriti sociologici del tuo papato, alla rilevanza politica della tua figura o persino ai suoi aspetti folkloristici. A poche ore dalla tua morte ve ne sono già a bizzeffe di questi commenti che, almeno a me, sembrano fatui ed inutili perché tutti, inevitabilmente, mancano il punto.
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E il punto che ci hai sempre indicato è solo e solamente Gesù crocifisso, il Messia morto e risorto. Il solo e unico punto capitale è questo Evento che ha spezzato il corso della storia e che, dall’avvenire, illumina ogni cosa, l’alfa e l’omega, il principio e la fine di ciascuno, di tutti e di tutto. È da questa Luce emanante da quel punto che sta oltre tutti i punti che, camminando dietro la croce, ci sentiamo investiti. Così, pulsa dentro di noi quella «speranza che non delude» dentro la quale ci hai guidato con amore di padre in questi ultimi tempi.
Hai voluto quindi indicarci come vivere tra l’oggi e quel punto che sta oltre ogni estremità e che porta con sé la salvezza. Dopo la croce infatti, lo hai ricordato ai nostri fratelli preti pochi giorni fa, viviamo nel tempo messianico e le preghiere di questa Via Crucis sono come delle istruzioni d’uso per viverlo pienamente e ciò fin dalla prima invocazione: Apri il mio cuore, Gesù (I stazione).
Perché si può aprire la testa, le mani o la bocca, cioè, pensare tanto, fare molto e dire qualsiasi cosa, ma se non apriamo il cuore, se non lasciamo persino che vada in frantumi, tutto è inutile. Tuttavia, ci insegni che, se ci lasciamo colpire dal Suo amore, se il nostro cuore si lascia aprire dalle mani piagate del Signore, quel tempo di salvezza comincerà a fluttuare dentro e fuori di noi, nella nostra storia e in quella di tutti; e così la mente, le mani e la bocca, accogliendo Gesù, la sua Parola, la sua Luce e la sua Vita, non saranno più impotenti e inutili, poiché il Suo amore crocifisso tutto può: «perché la tua croce fa cadere i muri, cancella i debiti, annulla le sentenze, stabilisce la riconciliazione. Sei il vero Giubileo. Convertici a te, Gesù, che inchiodato tutto puoi» (XI stazione).
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Di questo tempo messianico, ci dici, noi tutti siamo i re, se accettiamo che regnare significa servire Gesù e quindi i nostri fratelli e sorelle: denudati, carcerati, affamati, scacciati, malati, assetati, crocifissi ai quattro angoli di questo mondo trafitto dalle tenebre.
Tu sai bene, Francesco, che spesso siamo presi dalla paura e preferiamo non vedere e fuggire quell’oscurità e perciò hai pregato per infonderci il coraggio nella lotta per la verità e la vita: «A quelli che attendono il tuo Regno dai il coraggio di presentarsi all’autorità: come Mosè al Faraone, come Giuseppe d’Arimatea a Pilato. Ci abiliti a grandi responsabilità, ci rendi audaci. Così, sei morto e ancora regni. E per noi, Gesù, servire te è regnare» (XIII stazione).
Dall’inizio alla fine di questa Via Crucis, come dall’inizio alla fine del tuo pontificato, ci hai esortato costantemente e con una forza dolce alla «conversione del cuore» (Invocazione conclusiva). Sinodalità, discernimento, periferia, perdono, misericordia, tenerezza, poesia, popolo, cuore e lotta: tutte queste parole e altre a cui hai dato impulso e nuova vita sono i mezzi e le vie che ci possono aiutare, personalmente e collettivamente, a immergerci in questo cambiamento profondo di sé alla luce del Vangelo, senza il quale null’altro si può veramente cambiare.
Alla fine di quest’ultima Via della Croce hai perciò voluto ricordarci le tre strade di pace e di gioia che, durante questi anni passati insieme, hai mostrato al mondo intero, parlando dal mezzo della sua storia, tra il suo alfa e il suo omega: Laudato si’, Fratelli tutti, Ci ha amato. Come a dirci, ancora una volta: per favore portatele nel vostro cuore, sono tutto quello che ho potuto donarvi e che dicono che vi amo «tutti, tutti, tutti».
«Nulla potrà separarci», caro Francesco, carissimo fratello in Cristo venuto quasi dalla fine del mondo per toccare il nostro cuore di silicio. E non preoccuparti, continueremo a pregare per te.






“Il punto che ci hai sempre indicato è solo e solamente Gesù crocifisso, il Messia morto e risorto…..”
Strano ma moltissimi di noi non ce ne siamo accorti
Se leggete principalmente siti lerci e schifosi, che hanno il dente avvelenato contro il Papa a prescindere e lo dipingono istintivamente come un mostro, colpa vostra
Sorella morte ha raccolto ora anche papa Francesco: è una bella forma di sinodalita’, punto di arrivo di un’esistenza donata a Dio e al prossimo, porta sull’eternità. Il suffragio cristiano è in questo momento il nostro grazie al Papa, che indubbiamente aveva molti meriti, ma, come tutti, anche qualche deficienza. È onesto saper ammettere gli uni e le altre; e non dimenticare che la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio.