Turchia e Libano, Nicea e Dialogo. Una sfida perenne da vincere

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Due immagini della visita di papa Leone XIV in Turchia e Libano, per un solo messaggio: la convivenza pacifica è possibile, pur nelle contraddizioni politiche, storiche, religiose.

La prima immagine: a Beirut durante l’incontro ecumenico e interreligioso a piazza dei Martiri. Il papa ha detto, tra l’altro:

Lungo un’epoca in cui la convivenza può sembrare un sogno lontano, il popolo del Libano, pur abbracciando religioni diverse, rappresenta un potente esempio: paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola, mentre l’unità, la riconciliazione e la pace sono sempre possibili. Ecco, dunque, la missione che rimane immutata nella storia di questa amata terra: testimoniare la verità duratura che cristiani, musulmani, drusi e innumerevoli altri possono vivere insieme, costruendo un paese unito dal rispetto e dal dialogo.

La seconda immagine: la celebrazione dell’anniversario del Concilio di Nicea e la successiva firma della Dichiarazione comune con il Patriarca Bartolomeo I. Il passaggio centrale dice così:

L’obiettivo dell’unità dei cristiani include il fine di contribuire in modo fondamentale e vivificante alla pace tra tutti i popoli. Insieme alziamo fervidamente le nostre voci invocando il dono divino della pace sul nostro mondo. Tragicamente, in molte sue regioni, conflitti e violenza continuano a distruggere la vita di tante persone. Ci appelliamo a coloro che hanno responsabilità civili e politiche affinché facciano tutto il possibile per garantire che la tragedia della guerra cessi immediatamente, e chiediamo a tutte le persone di buona volontà di sostenere la nostra supplica. In particolare, rifiutiamo qualsiasi uso della religione e del Nome di Dio per giustificare la violenza. Crediamo che un autentico dialogo interreligioso, lungi dall’essere causa di sincretismo e confusione, sia essenziale per la convivenza di popoli appartenenti a tradizioni e culture diverse.

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Tra questi due poli, si sono snodati gli altri eventi religiosi e politici della visita, con i diversi incontri con le realtà cattoliche e gli appuntamenti politici. Questi ultimi anche sono da segnalare.

Ad Ankara, di fronte al Corpo diplomatico, alle autorità politiche e religiose, ha ricordato quali sono i compiti di chi governa.

Chi ha un cuore docile al volere di Dio promuoverà sempre il bene comune e il rispetto per tutti. Oggi questa è una grande sfida, che deve rimodellare le politiche locali e le relazioni internazionali, specialmente davanti a un’evoluzione tecnologica che potrebbe altrimenti accentuare le ingiustizie, invece di contribuire a dissolverle. Persino le intelligenze artificiali, infatti, riproducono le nostre preferenze e accelerano i processi che, a ben vedere, non sono le macchine, ma è l’umanità ad avere intrapreso. Lavoriamo dunque insieme, per modificare la traiettoria dello sviluppo e per riparare i danni già inferti all’unità della famiglia umana.

Importante il riferimento alla «famiglia umana» che il Papa ha poi sviluppato.

Chi disprezza i legami fondamentali e non impara a sostenerne persino i limiti e le fragilità, più facilmente diventa intollerante e incapace di interagire con un mondo complesso. Nella vita familiare infatti emergono in modo del tutto specifico il valore dell’amore coniugale e l’apporto femminile. Le donne, in particolare, anche attraverso lo studio e la partecipazione attiva alla vita professionale, culturale e politica, sempre più si mettono a servizio del Paese e della sua positiva influenza nel panorama internazionale. Dunque, sono molto da apprezzare le importanti iniziative in tal senso, a sostegno della famiglia e del contributo femminile alla piena fioritura della vita sociale. Signor Presidente, possa la Türkiye essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura.

Ampio e complesso il discorso alle autorità politiche, al Corpo diplomatico, domenica sera a Beirut. Del resto la difficile situazione mediorientale e libanese, rendeva necessaria una riflessione articolata, sul tema di come essere operatori di pace. Secondo tre dimensioni.

La prima:

Vi incoraggio pertanto a non separarvi mai dalla vostra gente e a porvi al servizio del vostro popolo – così ricco nella sua varietà – con impegno e dedizione. Possiate tutti far risuonare una sola lingua: la lingua della speranza che fa convergere tutti nel coraggio di ricominciare sempre di nuovo. Il desiderio di vivere e di crescere insieme, come popolo, faccia di ogni gruppo la voce di una polifonia.

La seconda:

La pace è saper abitare insieme, in comunione, da persone riconciliate. Una riconciliazione che oltre a farci convivere, ci insegnerà a lavorare insieme, fianco a fianco per un futuro condiviso. E allora, la pace diventa quell’abbondanza che ci sorprende quando il nostro orizzonte si allarga oltre ogni recinto e barriera. A volte si pensa che, prima di compiere qualsiasi passo, occorra chiarire tutto, risolvere tutto, invece è il confronto reciproco, anche nelle incomprensioni, la strada che porta verso la riconciliazione. La verità più grande di tutte è che ci troviamo insieme inseriti in un disegno che Dio ha predisposto perché tutti possiamo raggiungere una pienezza di vita nella relazione tra di noi e con Lui.

La terza:

Sappiamo che l’incertezza, la violenza, la povertà e molte altre minacce producono qui, come in altri luoghi del mondo, un’emorragia di giovani e di famiglie che cercano futuro altrove, pur con grande dolore nel lasciare la propria patria. Occorre certamente riconoscere che molto di positivo arriva a tutti voi dai Libanesi sparsi nel mondo. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che restare preso i suoi e collaborare giorno per giorno allo sviluppo della civiltà dell’amore e della pace, rimane qualcosa di molto apprezzabile. (…) Cristiani e musulmani, insieme a tutte le componenti religiose e civili della società libanese, sono chiamati a fare la loro parte in questo senso e ed impegnarsi a sensibilizzare in merito la comunità internazionale. In questo contesto, mi preme sottolineare il ruolo imprescindibile delle donne nel faticoso e paziente impegno per custodire e costruire la pace. Non dimentichiamo che le donne hanno una specifica capacità di operare la pace, perché sanno custodire e sviluppare legami profondi con la vita e con le persone.

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Su questo sfondo, papa Leone XIV ha ribadito rispondendo ad una domanda dei giornalisti, la posizione della Santa Sede per la Terra Santa e per l’Ucraina.

La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente appoggia la proposta di una soluzione dei due Stati. Sappiamo tutti che in questo momento ancora Israele non accetta questa soluzione, ma la vediamo come unica soluzione che potrebbe offrire – diciamo – una soluzione al conflitto che continuamente vivono. Noi siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di essere una voce mediatrice che possa aiutare ad avvicinarci a una soluzione con giustizia per tutti. Abbiamo parlato di questo con il presidente Erdogan, lui certamente è d’accordo con questa proposta. La Türkiye ha un ruolo importante che potrebbe giocare in questo. Lo stesso con l’Ucraina. Già qualche mese fa con la possibilità di dialogo tra le parti Ucraina e Russia, il presidente ha aiutato molto a convocare le due parti. Ancora non abbiamo visto purtroppo una soluzione, però oggi di nuovo ci sono proposte concrete per la pace. E speriamo che il presidente Erdogan con il suo rapporto con il presidente di Ucraina, della Russia e degli Stati Uniti, possa aiutare in questo senso a promuovere il dialogo, il cessate il fuoco e vedere come risolvere questo conflitto, questa guerra in Ucraina.

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Infine una considerazione sull’anniversario di Nicea. Su L’Osservatore Romano del 2 dicembre p. Marek Inglot, gesuita, presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche, ha notato che «Celebrare il primo Concilio di Nicea significa, pertanto, ritornare alle fonti primigenie della comune fede cristiana, come rappresentato dai mosaici provvidenzialmente riemersi: la nave della Chiesa solca i flutti della Storia proprio come la cerva del Salmo 42 anela ai corsi d’acqua viva della vera fede, in comune, sempre rinnovato ritorno al vero Cristo della Rivelazione giudaico-cristiana, vero Dio e vero Uomo nel quale saranno ricapitolate tutte le cose (cfr. Ef 1, 10) e nel quale la Storia conoscerà il suo compimento».

In questo senso, sarebbe necessario prendere sul serio le “Dichiarazioni Comuni” di questi anni, e le attestazioni di reciproca stima e desiderio di unità da papa Giovanni XXII in poi, e ritornare alla vera unità della Chiesa. Altrimenti, a che sarà servito celebrare Nicea? Del resto, se la Chiesa stessa non supera le sue diatribe storiche interne del passato, come chiedere a Stati e Nazioni di camminare insieme sulla via segnata da Fratelli Tutti?

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