
Prenderò dall’armadio l’abito nero, lungo fino ai piedi, e lo indosserò in silenzio, come per una solenne liturgia. In silenzio guiderò la mia auto fino al parcheggio là in alto, poi in silenzio scenderò a piedi fino alla piazzetta del nostro ritrovo. Ci saluteremo con abbracci e sorrisi e quella stretta alla gola che ogni volta ritroviamo specchiata nello sguardo delle altre. Di molte non so nulla, non ne conosco l’età, la professione. Ma siamo nello stesso gruppo WApp, bastano poche parole per inventare un nuovo appuntamento, fissare un orario, preparare una locandina.
Ci salutiamo con un abbraccio e un sorriso, poi cominciamo a prepararci. Ci distribuiamo le pezzuole bianche – ed è un gesto tenerissimo quello di accomodarsi reciprocamente la benda sfilacciata al braccio – e i cartelli con le lettere del CESSATE IL FUOCO. Se siamo in quattordici, ognuna tiene una lettera, se siamo meno, qualcuna ne tiene due, se siamo di più, inventiamo spazi fra le parole e chi apre e chiude il cammino porta stracci di pace con scritte che dicono tutto il nostro impotente potente dolore.
Quando siamo pronte ci stringiamo la mano, poi in fila, in silenzio, cominciamo a camminare. Le strade e le piazze sono piene di gente. Qualcuno ci guarda e compita ad alta voce la scritta C E S S A T E I L F U O C O.
Qualcuno distoglie lo sguardo, infastidito o indifferente, non so.
Ci fermiamo e restiamo in silenzio, immobili, per quindici, venti minuti, a volte mezz’ora. Poi ricomincia il cammino e poi ancora ci fermiamo e restiamo in silenzio. La vita intorno a noi scivola via nella spensierata normalità di un sabato o di una domenica pomeriggio. Ma qualche persona si avvicina e scorre con gli occhi le lettere che compongono il CESSATE IL FUOCO e capisce e poi legge le scritte sulle pezze bianche che posiamo sul selciato e ci guarda unendo le mani davanti al cuore e ci dice «grazie».
A cosa serve quello che facciamo? Non è forse del tutto inutile, se solo l’orrorismo di Stato ha la meglio in tutta la sua ignobile brutalità, se a tutte le latitudini del mondo solo i prepotenti hanno parole che contano e le parole e le azioni degli impotenti come noi contano zero e meno di nulla? A cosa serve il nostro inutile stare immobili in silenzio, il nostro inutile camminare in silenzio, il nostro inutile piangere in silenzio?
Potremmo restare tranquille nelle nostre comode case.
Ma siamo madri, figlie, nonne, sorelle, zie e il pensiero dei bambini e delle bambine che piangono per la paura e per la fame e per il dolore delle ferite nel corpo e nell’anima non ci lascia dormire la notte. E così indossiamo abiti a lutto e ci mettiamo al braccio uno straccio bianco di pace e camminiamo per le strade delle nostre città e ci fermiamo nelle piazze e restiamo immobili, in silenzio.
Siamo donne in cammino per la pace e questa è la nostra protesta, questo è il nostro silenzioso testimoniare, con la presenza ed il corpo, il nostro NO alla guerra.
Il nostro silenzio raccoglie le grida di dolore che, attraverso i secoli e la storia, continuano a ripetere BASTA SANGUE, BASTA GUERRE, e ancora ripetono TU NON UCCIDERE, e sempre ripetono DISARMIAMO LE PAROLE, DISARMIAMO LE MENTI, DISARMIAMO LA TERRA.






Mi unisco al grido di dolore e di impotenza davanti a logiche vecchie che con inaudito vigore stanno risorgendo. Come sonnambuli ci accorgiamo che quanto vale è la forza.
Gracias por vuesyro Tetimonio lleno de Humanidad. Solo no olvidar que en Gaza se comete Genocidio. Dios les Bendiga / http://www.reflexionyliberacion.cl
è prevvista una tappa a mosca? chiedo per un’amico