La Groenlandia è una metafora

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A volte, per dirla con Alberto Ronchey, i non marxisti sono più marxisti dei marxisti, in particolare nell’attribuire importanza all’economico. Riguardo all’interesse suscitato di recente dalla Groenlandia, ad esempio, tanti l’attribuiscono solo alle cosiddette terre rare e alle altre risorse minerarie ed energetiche. Eppure c’è dell’altro, e dovremmo intuirlo, specialmente dopo l’esperienza della pandemia da Covid-19.

Più mondi sono possibili, ecco il nocciolo della questione. E più modi di vivere. La Cina, gli Usa, il Brasile, l’Unione europea, il Sudafrica, l’Oceania non rappresentano solo aree geopolitiche ed economiche o continenti. Sono, anzi, soprattutto altrettante metafore di modi differenti di essere al mondo, pur nel villaggio globale. Varie forme della vita umana e non solo. Un po’ come un tempo accadeva, qui da noi, fra città e campagna, fra universo rurale e urbano.

Grandi numeri e piccoli numeri, ad esempio: l’India, la democrazia dei grandi numeri, e la Groenlandia, la democrazia dei numeri piccolissimi, a proposito delle recenti elezioni sull’immensa isola.

E la dimensione economica torna di nuovo, attraverso un discorso del genere: vi è davvero un solo modello di sviluppo? O ve ne possono essere diversi? Il presidente Trump ne conosce uno solo: quello predatorio e neocoloniale. Quando le risorse si esauriscono e i mercati si saturano, occorre conquistare nuovi territori e saccheggiarli: si tratti della Groenlandia, della luna o di Marte.

Ecco, davvero la crescita può o deve essere priva di limiti? E che ne è della distinzione tra sfera quantitativa e qualitativa? Siamo proprio costretti, in economia e in politica, a ripetere, come in una sorta di moto perpetuo, il copione dei “cicli”, quasi si trattasse di una fatica di Sisifo dei singoli, delle generazioni e dei popoli? O, al contrario, le opzioni sono più d’una?

Finora la Groenlandia, sospesa fra Scandinavia e Nord-America, è vissuta all’ombra della Danimarca, sognando l’indipendenza. Una sorta di protettorato, nel senso etimologico del termine. È adesso giunta l’ora di scegliere: restare se stessa, pur nell’incessante e inesorabile cambiamento, o farsi divorare dai Ciclopi?

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