
Il sabato è il giorno più lungo. Le ore scorrono vuote e il silenzio è schiacciato dall’incredulità: com’è possibile che Lui non ci sia più, che la morte abbia avuto la meglio, che tutto sia finito, e sia finito così, in una sottrazione di senso che lascia annichilite?
Le ore scorrono vuote, senza di Lui, e i gesti del quotidiano non valgono a riempirle. Che quest’oggi sia un giorno di sabato – questo forse ha un senso. Perché Shabbat è il tempo in cui si smette, e smettere è prossimo all’assenza e al vuoto. È prossimo alla morte.
Le ore scorrono inerti, il pensiero inchiodato al suo corpo rinchiuso nel buio della tomba. Può bastare un filo di profumo, l’aroma dei balsami e degli olii, a suggellare un legame più forte della cesura feroce della morte?
Aggirarsi per casa, senza fare nulla. È shabbat, il tempo è sospeso. Bisogna smettere di fare e di lavorare. Non si può macinare e non si può impastare, non si può accendere il fuoco, non si può cuocere il pane. Non si può tessere e non si può cucire, non si può scrivere e non si può cancellare. Ma si può pensare e si può pregare, questo sì. E si può continuare ad amare.
Aggirarsi per casa, contando lo scorrere del tempo coi battiti del cuore. Deve passare questo giorno eterno, che sembra non finire mai, e deve passare la notte. Poi sarà l’alba del giorno che viene e con passi veloci ci si potrà affrettare fino a quella pietra che schiaccia, soffoca e chiude. Ci sarà qualcuno a rimuoverla, quella pietra, ci sarà qualcuno capace di farla rotolare via?
Pensieri, pensieri. Giorno di digiuno e di pensieri, questo sabato così vuoto, più vuoto di tutti i sabati che lo hanno preceduto.
Se i passi non possono andare, il pensiero è già là, abbracciato a quel corpo tanto amato. Con dita leggere ne accarezza la fronte, con tenerezza ne bacia i capelli, ne sfiora le mani. È lungo, questo sabato, ma è bene che sia così. Lungo, vuoto e silenzioso. Via i chiacchiericci, le minuzie futili che intridono i giorni, le vuotaggini che sperperano significati. Che resti solo questo nulla dell’assenza, a farci toccare la vertigine e l’assoluto.
Nel silenzio l’unico rumore è il cuore che batte. Lui è morto e là, in quella tomba sigillata dalla pietra, la morte ha preso dimora. Qui, in questo battito di cuore che regolare scandisce lo scorrere del tempo, c’è la vita. La vita, la morte.
L’amore è più forte della morte. Verrà il giorno di domani, e niente potrà trattenere i passi che correranno fino al sepolcro, per continuare a tessere fili d’amore.
Verrà il giorno di domani, il giorno dopo il sabato. Verrà.





