
La terra santa è fatta di simboli, di luoghi simbolici. Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteistiche che hanno convertito alla loro fede oltre metà dell’umanità; ma poi anche i templi, gli spazi di migliaia di anni di contese aspre e sanguinose.
È come se la terra santa volesse essere santificata sempre, continuamente dalle vite sparse degli uomini, non dell’agnello che sostituì Isacco.
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La chiesa della Sacra Famiglia in questi tre anni era diventata uno spazio santo, sacro, sogno di pace e riconciliazione mentre intorno la distruzione avanzava senza pietà. Papa Francesco telefonava ogni giorno al parroco Gabriel Romanelli, forse per dare e avere un filo di speranza in mezzo alla morte spietata. Che Romanelli non sia andato via era un barlume di speranza in mezzo a una devastazione insensata.
La colpa certo è dei terroristi di Hamas, che non solo hanno attaccato il 7 ottobre, ma ancora oggi tengono in ostaggio venti prigionieri israeliani e due milioni di vittime obbligate a trasformarsi in complici, usati come scudi umani nella propria campagna di orrore fisico e mediatico. I colpi delle bombe israeliane sul tempio non sono solo un tragico errore, sono di più. Sono un buco dell’anima del mondo e di Israele che vuole la pace e deve volere la pace e la tolleranza con le varie religioni. Il governo israeliano si è detto profondamente rammaricato per l’attacco.
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Ma le bombe sulla chiesa non sono isolate. Giovani ebrei ortodossi a Gerusalemme infastidiscono e molestano preti cattolici, ortodossi e malakiti senza essere ostacolati dalla polizia. Coloni ebrei ortodossi hanno attaccato Taybeh, un villaggio interamente cristiano palestinese. Il governo israeliano deve fermare con decisione questa intolleranza.
Non sono atti di terrorismo, non è genocidio, certo, ma sono azioni fortemente simboliche che in una terra che è un simbolo, generano dinamiche con una eco mondiale. In gioco infatti è quale futuro vuole Israele? Non è una domanda che riguarda solo i sette milioni di israeliani, ma i quattro miliardi di fedeli alle religioni abramitiche che guardano a Gerusalemme.
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La Gerusalemme israeliana vuole essere la grande capitale morale di mezzo mondo o il piccolo capoluogo di uno staterello sotto assedio? Vuole espandersi politicamente ed economicamente nella regione diventando la dinamo e la forza di trasformazione dell’area o vuole restare una lingua di terra aggrappata al deserto davanti al mare?
Cioè Israele vuole votarsi all’isolamento o scommettere in una nuova fase di espansione politica, economica e culturale? Vuole una nuova fase del suo sionismo generoso o abbarbicarsi ai riccioli askenaziti del XVIII secolo? Queste sono le risposte che vanno date a padre Romanelli, non per bene suo o dei suoi parrocchiani, ma per il bene di Israele e di quattro miliardi di credenti nella Bibbia.






Signor Sisci, sono più importanti i simboli, i luoghi o le persone? Se fra i 4 miliardi di credenti abramitici, un popolo minuscolo, uccide e ammazza altri credenti abramitici, cosa si deve dire? Fra gli abramitici, c’è una fetta di persone che si dicono cristiane, cioè, seguaci di Gesù Cristo. Gesù, figlio di Israele, ha chiuso l’Alleanza che Israele ha detto di avere stipulato con il suo dio (il dio degli ebrei), inaugurandone una nuova con il Dio di tutta l’umanità.
Lei scrive: “Il governo israeliano si è detto profondamente rammaricato per l’attacco” alla chiesa della Sacra Famiglia. Crede veramente a un Netanyahu sincero e rammaricato? Israele non sta compiendo, ha già compiuto un genocidio nella Striscia di Gaza. Israele non si vendica per la strage del 7 ottobre 2023, Israele vuole e l’ha fatto, distruggere, annichilire i palestinesi. Basti cercare le dichiarazioni di politici israeliani. Una per tutte: «Nous ne nous arrêtons pas tant que [le peuple d’]Amalek n’est pas définitivement détruit» (Bezalel Smotrich, ministre des finances, FaceBook, 16 novembre 2023 – Amnesty International, France).
Perché il 7 ottobre 2023? È stato un attacco criminale. Certo. Ma… perché non si pensa al popolo palestinese che dall’inizio del Novecento è derubato e ammazzato per la terra che il dio degli ebrei avrebbe loro dato e che loro hanno abbandonato?
Quanto al sionismo generoso: Yitzhak Epstein, nel 1907, ha pubblicato: «l’articolo: Una questione nascosta, in cui scrisse: “Abbiamo dimenticato un piccolo particolare, nel nostro amato Paese c’è un’intera nazione che lì ha vissuto per secoli e mai s’è sognata di abbandonarlo… Stiamo commettendo un enorme sbaglio psicologico nei confronti di un popolo grande, determinato e possessivo”» (Citato da Paolo Mieli, in L’ambiguità di Balfour, pubblicato in, Storia il 13 giugno 2017).
Quanto ai coloni, bunker e fucile, sulle terre dei palestinesi, arate dai carri armati israeliani: “Alcuni (coloni) sono spinti da motivi religiosi, altri dalla volontà di rivendicare il territorio della Cisgiordania come terra israeliana, altri ancora dalla possibilità di accedere ad abitazioni economiche e sovvenzionate” (Fonte ISPI, 3 novembre 2023).
“I coloni sognano di creare una «Grande Israele», con insediamenti ebraici sparsi ovunque. In questi insediamenti potranno risiedere solo ebrei e ai palestinesi sarà consentito entrare solo per lavoro, per impieghi umili e sottopagati. In uno Stato simile, la democrazia dovrà inchinarsi ai rabbini. La Knesset, il governo, la Corte suprema potranno continuare a esistere a patto che i rabbini ne approvino le decisioni. I coloni credono che quando la Grande Israele sarà diventata un’entità religiosa e una «Nazione Santa», verrà il Messia e si compirà la completa redenzione del popolo ebraico. Nell’immaginazione dei coloni, non c’è posto per i palestinesi, se non nel ruolo di servi umili e riconoscenti lavoratori” (Amos Oz, Noi liberi dai coloni).
L’IDF e i servizi segreti israeliani sono proverbiali per la loro efficienza! Domanda: Perché l’IDF non acchiappa i terroristi di Hamas, che tengono in ostaggio gli abitanti della striscia di Gaza, invece di ammazzare i civili affamati? I cristiani hanno sulla coscienza la Shoah, per avere lasciato mano libera a Hitler; ora ne assumano un’altra, lasciando mano libera a Israele.
Giacomo Matti, 23 luglio 2025
Francamente mi sembra che, davanti a quello che si sta facendo da mesi a due milioni di persone, sia riduttivo vedere solo nell’attacco a un parrocchia cattolica il simbolo che nette in discussione la prospettiva di una «Gerusalemme israeliana (…) grande capitale morale di mezzo mondo» e che rischia di precludere a Israele «una nuova fase del suo sionismo generoso». Il vero simbolo epocale è la crocifissione di un popolo realizzata a sangue freddo dallo Stato ebraico. Dopo questo, la Gerusalemme israeliana non potrà mai più essere capitale morale di nulla e di nessuno e, se è vero che c’è stato anche un «sionismo generoso» (per esempio quello sostenuto da Martin Buber, basato sulla fratellanza di ebrei e palestinesi) , questa formula è ormai diventata un ossimoro. E dare per scontato che quello in corso non sia un genocidio, come si fa nell’articolo, è almeno problematico, perchè cozza con l’analisi documentata di molti. Cito per tutti Omer Bartov, professore di Studi sull’Olocausto e sul genocidio alla Brown University, nato e vissuto per buona parte della sua vita in Israele e già uficiale dell’Idf, che in un articolo sul «New York Times» del 14 luglio scorso ha scritto: «Essendo cresciuto in una casa sionista (…) questa è stata una conclusione dolorosa da raggiungere… Ma io insegno lezioni sul genocidio da un quarto di secolo. Ne riconosco uno quando ne vedo uno»..
Mi sembra che la frase “non è terrorismo, non è un genocidio” si riferisca a quanto ebrei ortodossi e coloni hanno fatto nei confronti dei (palestinesi) cristiani negli ultimi giorni – e non alle azioni dello stato israeliano nella Striscia di Gaza e altrove. Concordo sul fatto che non sia più possibile un “sionismo gentile”, perché è proprio il sionismo così come si è sviluppato dalle sue origini a oggi a essere il problema: ossia fare dello stato di Israele l’omonimo di stato ebraico. Nozione, questa, che di fatto toglie il titolo di “ebreo” a tutta la diaspora. Il problema degli ebrei che non si riconoscono nello stato di Israele (come stato ebraico) e in quello che sta facendo è che devono mettere sul tavolo una proposta politica che è di fatto contro-sionista – che è impresa complessa, perché in un certo qual modo implica di dover uscire da “Israele”. Ma chiede anche di lasciarsi alle spalle tutte quelle categorie di pensiero sulle quali hanno immaginato un’alternativa possibile a quelli che sono gli esiti storici odierni.
Magari il problema è il nazionalismo, di cui il sionismo è solo una delle tante manifestazioni storiche. Dove si crea nazione poi si crea anche il desiderio di allargarsi, al Medioriente sta succedendo quello che successe in Europa con la fine dell’impero asburgico, o alla Russia con la fine dell’Unione sovietica. Agli americani piace tra parentesi favorire lo smembramento degli imperi, per non avere rivali.. (lo fanno anche con l’Unione Europea?)
La Chiesa era già stata colpita a fine 2023, morirono due donne. Cone ha detto Pizzaballa non è più grave di quello che accade ogni giorno al reato della popolazione. Che si possa fare boh, forse solo gli americani possono togliere ogni sostegno.