La tessitura fra arte e metafora

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Fin dalla quinta elementare, mi sento attratto dalla figura di Camillo Benso Conte di Cavour, il tessitore per antonomasia. E la metafora della tessitura è forse la mia prediletta, anche in ambito filosofico. Mi viene spesso da scrivere di trama, ordito oppure di tessere relazioni, nessi, rapporti.

Le stesse immagini del “coltivatore di memorie” e dell’“esploratore di connessioni” esprimono, in fondo, la capacità di tessere: di tessere nel tempo il filo delle memorie e di tessere nello spazio legami e intrecci tra fatti, fenomeni, idee apparentemente lontani e fra loro estranei.

La tessitura, naturalmente, è prima di tutto un’arte. Anche qui i ricordi scolastici ci aiutano. Chi non tiene a mente la “tela di Penelope”? Una tela che potrebbe richiamare la “fatica di Sisifo” (fare e disfare, sforzarsi e rendere vano lo sforzo, sorta di snervante moto perpetuo), ma se ne differenzia radicalmente: quella tela, in realtà, esprime una costruzione paziente, tenace, instancabile; una sorta di diplomazia al femminile, volta a tener testa a un mondo in gran parte al maschile.

E che dire della corporazione medioevale più popolare, più vicina al popolo minuto, quella dei cardatori della lana?

La rivoluzione industriale, del resto, inizia proprio con il tessile, ben prima del ferro e del carbone.

E, prima ancora delle reminiscenze dietro i banchi di scuola o dei documentari sulla natura, chi, da bambino, non è rimasto ammaliato dall’opera di quei formidabili tessitori che sono i comuni ragni “domestici”?

Bastano pochi esempi, insomma, per comprendere il fascino evocativo della tessitura come metafora. E allora chiediamoci: si tratta di una metafora efficace solo nella dimensione pubblica, inclusa quella culturale, delle nostre vite o tale da rendere mirabilmente i nostri rapporti privati, inclusi quelli più personali e intimi?

A me pare che proprio quest’area sia più che mai coinvolta nel tessere in senso metaforico. Troppe volte, ad esempio, concepiamo il web (la rete, appunto) come un luogo per apparire o per fare chiasso. Esso, invece, potrebbe (dovrebbe) rappresentare una sorta di infrastruttura nella quale costruire. E si può costruire nella rete proprio tessendo, intrecciando contatti e facendoli evolvere in relazioni.

Non solo: tendo personalmente a scorgere nei legami affettivi proprio un lavorio paziente, tenace, caparbio di tessitura, “anima e corpo”, con i fili della ragione e del cuore (le celeberrime ragioni del cuore pascaliane), in contrasto con i semi della zizzania, della discordia, dell’incomprensione, dell’equivoco.

Ecco, l’opera di tessitura interpersonale “privata” dovrebbe pian piano sgombrare il terreno da equivoci e incomprensioni, in maniera da poter davvero con-dividere stati d’animo, angosce, desideri, considerazioni. Senza tale “tessitura del cuore e dello spirito” (differente per metodi e obiettivi da quella diplomatica, pur con alcune analogie) non si possono nutrire e accrescere le affinità dell’amicizia e dell’amore.

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Un commento

  1. Mariagrazia Gazzato 6 agosto 2025

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