
© Tony Antoniou
«Credo che per definire la santità di Carlo si debba ricorrere a quanto papa Francesco diceva a proposito della santità: “I santi della porta accanto”. Ricordo Carlo come il santo, l’alunno, il compagno del banco accanto».
Suor Monica Ceroni, insegnante di Carlo Acutis alle scuole medie presso l’Istituto Marcelline di piazza Tommaseo, non ha dubbi. Il futuro santo dei millennials era «un ragazzo normalissimo, solare che, come tutti, aveva alcune materie preferite e altre nelle quali faceva più fatica, non perché faticasse negli studi, ma perché semplicemente non erano quelle a lui più congeniali».
- L’ora di religione era tra le sue preferite?
Sì. La sua valutazione in religione era sempre ottima, ma perché il suo modo di esprimersi e di partecipare alle lezioni aveva sempre un tratto particolare.
Tuttavia in lui non vi era nessuna ostentazione della fede. Quello che ricordo come un aspetto molto indicativo e che indico a mia volta ai giovani di oggi, era la sua capacità di stare con tutti i ragazzi della sua classe, coloro che percepiva come amici, come fratelli addirittura, e quelli che invece erano considerati i più umili e i meno considerati.
Carlo riusciva a far sì che tutti fossero importanti e accettati. Io trovo che questo sia un comportamento tipico del ragazzo cristiano, che non aveva bisogno di dire «così fa Gesù» per fare qualcosa. Il fatto è che Carlo aveva Gesù nel cuore. Penso che un santo questo deve fare.
Se ci immaginiamo un “santino” non troviamo Carlo, se invece andiamo a scoprirne i tratti che fanno di un ragazzo quindicenne un ragazzo capace di vivere l’esperienza cristiana, allora lo troviamo.
- Le è accaduto spesso di ripensare a Carlo in questi quasi vent’anni dalla sua morte?
Certamente. Mi è capitato anche con altri ragazzi che sono già in cielo, con Consuelo, con un altro Carlo e naturalmente con Carlo Acutis.
Loro fanno parte di quei miei santi protettori che hanno protetto e continuano a proteggere questa scuola, i ragazzi che conosco, soprattutto quelli particolarmente in difficoltà.
Penso a quando sono arrivata in Brasile e ho trovato, nella nostra Università di San Paolo, un poster enorme a caratteri cubitali di Carlo, che era morto da soli 3 anni. La pastorale giovanile della nostra Università era già impostata su di lui.
Poi, anche in altre parti del mondo dove abbiamo delle scuole, Carlo è diventata la figura di riferimento per tutta la pastorale dell’anno. Come si potrebbe non tornare spesso a lui con la memoria?
L’eco di questo ragazzo, del suo modo di essere, quello che colpisce sempre della sua personalità – lo ripeto perché mi pare un carattere importante -, è che non ha mai avuto bisogno di ostentare la fede, ma Gesù è stato la sua bussola fissa nelle scelte quotidiane.
- Nella sua vivacità, tornando ad allora con il ricordo, si percepiva la santità o, per lo meno, l’unicità di un alunno molto particolare?
Questa è una domanda che mette in gioco e alla prova noi educatori. Io non mi ero certo accorta di avere come alunno un santo, ma questo mi ha spinto a chiedermi se tra i banchi, oggi, ci possono essere i santi del Terzo millennio.
Carlo non era sicuramente il prototipo dell’alunno “perfettino” che tante volte, come docenti, noi desideriamo: quello attento, che fa tutti i compiti, che è ordinato, che ha sempre i libri con sé, che non arriva in ritardo, che non prende mai note.
Era il ragazzo che continuamente ti mette in discussione, per capirlo fino in fondo. Per noi educatori penso che possa essere uno stimolo importante. Ogni ragazzo è se stesso – un originale come diceva Carlo -, fatto a immagine di Dio e come Dio lo desidera.
È questo che noi dobbiamo andare a scoprire e far emergere. Lui era quello che teneva viva la dinamica bella dello stare insieme, laddove i giovani adesso mi paiono più cupi. Oggi ci sono in giro tanti ragazzi tristi e questo dice che la storia ci interpella anche attraverso i linguaggi.
Sono sicura che se Carlo fosse qui oggi, sarebbe già passato dalla rete al metaverso, con la capacità di essere pienamente un ragazzo di 15 anni che sa riempire la vita, la sua e quella degli altri.
- Pubblicato sul sito della diocesi di Milano.






Bella l’idea del santo “normale” che, mi pare, serve anche a correggere il “santino” che faceva la prima Comunione isolato e in anticipo rispetto all’itinerario parrocchiale previsto per tutti i ragazzi di quell’età
Carlo evidentemente era un ragazzo normale, di fede, equilibrato e inclusivo. Quella che dovrebbe essere la normalità che oggi chiamiamo santità perché talmente rara da doverla evidenziare. Speriamo serva.
Grazie a sr. Monica Ceroni per la sua testimonianza. La santità di Carlo Acutis viene ora riconosciuta canonicamente dopo il prescritto processo con le relative indagini, testimonianze sia riguardo alle virtù che miracoli.
Naturalmente la santità di un fedele è da distinguere dalla narrazione che se ne fa della stessa, gli usi pastorali, i modi in cui se ne conserva il corpo e altro ancora; riguardo a tutto questo sono più che legittime obiezioni o perplessità circa determinate scelte.
Quando afferma sr. Monica Ceroni ossia che «per definire la santità di Carlo si debba ricorrere a quanto papa Francesco diceva a proposito della santità: “I santi della porta accanto”» è proprio ciò che suscita delle domande.
Infatti attualmente l’espressione santi della porta accanto sta creando problemi a motivo del fraintendimento tra chiamata universale alla santità (Lumen Gentium n. 5) – che papa Francesco ha denominato santi della porta accanto non canonizzabili (Gaudete et exultate, n. 6-9) – e santità canonizzabile che richiede le virtù eroiche nella vita e non tanto in scritti come possono ad esempio essere temi scolastici di un adoloscente (Gaudete et exultate, n. 5).
A motivo della confusione creatasi nel 2022 il Dicastero delle Cause dei Santi ha organizzato un convegno e uno degli interventi chiarificatori ha riaffermato che la santità canonizzabile comporta non un ordinario esercizio ma l’eroicità delle virtù. Tale relazione svolta da p. Maurizio Faggioni è pubblicata nel sito del dicastero in
https://www.causesanti.va/content/dam/causesanti/varie-sito/Padre-Maurizio-FAGGIONI—Santita-canonizzabile.pdf
Un esempio di santità canonizzabile è certamente quella di fra Gerard Martin Cendrier (1920-1945) e anche di fra Louis Paraire, il frate morto il 26 aprile 1945 sull’infernale treno della morte attorniato da frati che presi da una grazia sovrannaturale intonarono il Cantico delle creature. Tra essi vi era Eloi Leclerc che sopravvisse e narrò quella speranza certa che li sostenne anche nel suo bel libro “La sapienza di un povero” riguardo alal quale cfr.
https://ofm.org/il-punto-di-fra-massimo-luglio-2025.html
Da docente mi stupirei se uno dei miei studenti fosse proclamato santo. Perché se devo essere sincero tutti i miei studenti – lavoro in una scuola pubblica e non privata – sono davvero normali. Ma chissà cosa opera in loro lo Spirito Santo??? A me pare di conoscerli veramente i miei studenti, ma chissà se è davvero così!