Agostino e la pace

di:
agostino

Agostino d’Ippona, dipinto, anonimo lombardo, XVIII secolo

Nel lungo periodo vissuto a Bologna (1986-2003) ho frequentato la comunità agostiniana bolognese e ricordo che durante una conversazione sull’autenticità agostiniana di alcuni detti, il padre agostiniano Vincenzo Tarulli (1923-2008), esperto come pochi dell’Ipponate (traduttore delle opere di Agostino), sentenziò: «se non l’ha detto, sant’Agostino, l’avrebbe comunque detto». Ed infatti, sant’Agostino (354-430) – di cui oggi, 28 agosto, ricorre la memoria liturgica –, è riconosciuto da oltre sedici secoli, uno dei più influenti pensatori dell’umanità e il maggiore fra i Padri e Dottori della Chiesa latina.

«La tranquillità dell’ordine»

Ora tra la molteplicità di argomenti agostiniani, uno molto caro a sant’Agostino è stato sicuramente quello sulla pace. Un tema quest’ultimo, di estrema attualità, dove anche noi come lo stesso Agostino (per lui, epoca di invasioni barbariche), stiamo attraversando una profonda dilacerazione culturale e di trapasso di civiltà, che purtroppo si sta istericamente prolungando, in mezzo a conflitti militari e guerre, all’ordine del giorno, sempre più devastanti dall’Occidente al Medio Oriente, all’Africa.

E proprio dall’antico marasma giunge oggi il grande messaggio di pace di sant’Agostino, tracciato soprattutto in quel capolavoro della letteratura cristiana, intitolato La Città di Dio (libro XIX, capitoli 11-14) anche se non di rado, specie nel Novecento, l’Ipponate è stato usato come passe-partout – estrapolando di qua e di la, singole frasi o frasi monche –, per legittimare impropriamente a nome di Agostino, l’uso della guerra per raggiungere la pace, appoggiandosi proprio a lui ad Agostino. «Ne risulta che la pace è il fine auspicabile della guerra» (XIX, cap. 12,1).

Un po’ sulla scia della sentenza latina si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra) che nel tempo altro non ha fatto se non alimentare e acuire tensioni, conflitti e incremento spaventoso della produzione d’armi.  Come oggi continuano ad auspicare, inspiegabilmente, diversi paesi dell’Unione Europea. Nient’affatto, sant’Agostino è per la pace senza attenuanti o sconti perché la pace vera è quella di Dio, che non è solo conquista dell’uomo e non certo quella perseguita attraverso le infinite e fallimentari trattative di «pace» – l’attualità insegna – ma perché mancano gli uomini di e per la pace.

Ed ecco la definizione «escatologica» di pace che dà Agostino. «La pace del corpo dunque è l’ordinata proporzione delle parti, la pace dell’anima ragionevole è l’ordinato accordo del pensare e agire, la pace del corpo e dell’anima è la vita ordinata e la salute del vivente», e ancora «la pace dell’uomo posto nel divenire e di Dio è l’obbedienza ordinata nella fede in dipendenza alla legge eterna, la pace degli uomini è l’ordinata concordia, la pace dell’universo è la tranquillità dell’ordine» (XIX, 13,1).

Il vero autore della pace

Per sant’Agostino la parola mancante tra gli uomini è appunto quella di «ordine», ma attenzione non quello ideologico politico, dei sistemi totalitari (fascismo, comunismo o nazista) imposto con la violenza, che altro non produce che falsa pace, proprio perché verrebbe a mancare la concordia tra le parti.

«Dunque non vogliono che non vi sia la pace ma che vi sia quella che essi vogliono. Inoltre, sebbene con un complotto si oppongono agli altri, non ottengono quel che intendono se non conservano una sembianza di pace con gli stessi cospiratori e congiurati. Anche i briganti, per essere più violentemente e sicuramente pericolosi alla pace degli altri, vogliono mantenere la pace dei gregari» (XIX, 12.1).

La storia insegna che ogni qualvolta l’uomo abbandona il progetto di vita secondo l’ordine voluto da Dio – cioè la vita eterna che perseguendola porta pace ed equilibrio, al di là delle difficoltà della vita –, il mondo diventa teatro di conflitti. «Nella creazione – scrive padre Antonio Baldoni, in Oltre il tempo. Sant’Agostino ieri e oggi, Pavia 2021 – Dio ha immesso un ordine per garantire la pace, e non solo tra le nazioni, ma anche dell’uomo nei confronti della natura», e poi aggiunge, «il non rispetto della natura e dei suoi cicli significa ugualmente porre le premesse di quel disordine che è lo specchio della situazione della nostra società, sempre tentata dalla violenza».

Perché parlare di pace escludendo il vero autore della pace ovvero Dio vuol dire escludere ogni discorso sulla Verità e per dirla con Georg Wilhelm Friedrich Hegel Dio e solo Dio è la verità. Non basta sedersi attorno a un tavolo, organizzare costosi e dispendiosi briefing, sfilare o manifestare nelle strade o nelle piazze e pronunciare il fatidico aggettivo «pace» per sentirsi appagati di aver fatto chissà che cosa. Che piaccia o no, i veri uomini di pace, sono coloro che per primi mettono in pratica la «regola d’oro», indicata dall’Evangelista Matteo: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (7,12).

Dopodiché: «Dai loro frutti dunque li potete riconoscere» (Mt 7,20). Pertanto, solo coloro che inaugurano e vivono il nuovo rapporto di Dio con gli uomini, che esige una nuova relazione degli uomini tra loro, ecco questi uomini e queste donne, potranno veramente rivoluzionare la società, quelli capaci di interrompere la catena di odio, senza odiare, piuttosto dialogando ma senza provocare o polemizzare. Proprio perché la parola greca polemos (Πόλεμος) significa appunto guerra, conflitto.

Se ami la pace

In cauda concludiamo con le stesse parole del grande «Santo africano»: «È il momento questo di esortare la Carità vostra ad amare la pace secondo tutte le forze di cui il Signore vi fa dono, e a pregare il Signore per la pace. La pace sia la nostra diletta, la nostra amica; possiamo noi vivere, con essa nel cuore, in casta unione, possiamo con lei gustare un riposo pieno di fiducia, un sodalizio senza amarezze. Vi sia con essa indissolubile amicizia. Sia il suo abbraccio pieno di dolcezza. Non è difficile possedere la pace. E, al limite, più difficile lodarla».

Se la vogliamo lodare, «abbiamo bisogno di avere capacità che forse ci mancano; andiamo in cerca delle idee giuste, soppesiamo le frasi. Se invece la vogliamo avere, essa è lì, a nostra portata di mano e possiamo possederla senza alcuna fatica. Quelli che amano la pace vanno lodati. Quelli che la odiano non vanno provocati col rimprovero: è meglio cominciare a calmarli con l’insegnamento e con [la strategia del] silenzio. Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace».

Facciamo un esempio: «Tu che ami questa luce visibile non ti adiri con i ciechi ma li compiangi. Ti rendi conto di quale bene tu godi, di quale bene essi sono privi e ti appaiono degni di pietà. Davvero non li condanneresti, anzi, se ne avessi la possibilità, che so io, una capacità medica, o anche un farmaco utile, ti affretteresti a far qualcosa per risanarli. Così, se ami la pace, chiunque tu sia, abbi compassione di chi non ama quello che tu ami, di chi non possiede quello che possiedi tu» (Discorso 357, 1. Elogio della pace).

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2 Commenti

  1. Angela 28 agosto 2025
  2. Pietro 28 agosto 2025

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