
Il card. Erdö è nato nel 1952 a Budapest in una famiglia di intellettuali cattolici, è presbitero dal 1975, arcivescovo di Budapest dal 2002 e cardinale dal 2003.
«I miei ricordi del 1956 sono quelli di un bambino che ha visto la casa di famiglia distrutta dai carri armati sovietici. Fummo costretti a cercare un rifugio in un albergo per operai non lontano dal centro della città. Mi ricordo anche che il card. Mindszenty, arcivescovo di Budapest, parlava alla radio; i miei genitori ci dicevano: “Zitti. Adesso parla Mindszenty. Ascoltiamolo!”. Lo ascoltavamo con rispetto e stima. Quando cominciarono a girare calunnie sulla stampa comunista su quanto detto dal cardinale, i miei replicavano: “Non è vero! Non ha detto questo!”. Mindszenty non ha mai rivendicato i beni della chiesa, parlava di cose molto più umane, molto più importanti.
Poi ricordo la testimonianza del grande cardinale durante gli anni passati all’ambasciata americana. Io ero piccolo e non l’ho mai visto, perché, quando sono nato, era in carcere. Gli storici scrivono che, in base ai documenti che ora si conoscono, non sembra sia stata una sua decisione rifugiarsi nell’ambasciata americana”. Di notte venne uno chiamato in Parlamento prima dell’arrivo delle truppe sovietiche e un ufficiale lo accompagnò in ambasciata, dove fu accolto dai diplomatici con le parole: “Eminenza, l’asilo le è concesso da Washington. Questo vuol dire che qualcuno aveva già preparato il rifugio, dove Mindszenty rimase tanti anni. Quando lasciò l’arcidiocesi per recarsi a Vienna, noi seminaristi pregammo molto per lui, per la nostra Chiesa e abbiamo atteso con grande interesse vedere che cosa poteva succedere dopo la sua partenza. Girava tra i seminaristi il libro delle sue Memorie. Dopo anni, leggendolo, si delinea il volto ungherese della politica anticristiana del sistema socialista».






In italia ricordiamo, invece, quanti comunisti nostrani appoggiarono l’atroce repressione sovietica