
Ai più probabilmente il nome del vescovo anglicano Robert Lowth (1710-1787), di cui oggi (27 novembre) ricorre il 315° anniversario della nascita, non dirà molto, tranne forse a quei «miei» «venticinque lettori» di manzoniana memoria. Lowth è stato in epoca moderna e contemporanea: «Il primo ad inaugurare lo studio sistematico della poesia biblica»[1]. Pur scrivendo in latino e utilizzando categorie tradizionali, Lowth rivelò una grande sensibilità nel percepire il valore poetico della Bibbia.
Nella sua opera segnalò e ordinò sistematicamente alcuni procedimenti poetici come il parallelismo, mettendo in luce le somiglianze e le differenze rispetto ai classici (autori latini e greci) ed analizzò singoli poemi.
Scrive ancora Luis Alonso Schökel (1920-1998), il maggiore esperto di poesia biblica dei nostri tempi: «Lowth con ogni probabilità influenzato dalle prime folate di quel movimento che prende il nome di “Pre-Romanticismo” (Van Tieghem). Per la prima volta una nuova sensibilità tentava l’approccio, con vecchi strumenti, ad un oggetto altrettanto nuovo»[2].
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Lowth fu professore di poesia a Oxford, prima di diventare vescovo della stessa città e poi di Londra.
Nel 1753, pubblicò le trentaquattro lezioni tenute a Oxford dal 1741 al 1751 sulla poesia dell’Antico Testamento, con il titolo di Praelectiones Academicae De sacra Poesi Hebraeorum – indubbiamente la più significativa tra le sue opere –, che gli valse il titolo di Doctor in Divinity. Ovvero l’opera in versione latina delle sue lezioni sulla poesia sacra ebraica che ebbe una grande diffusione ed influenza in Europa (edizione riveduta da J.D. Michaelis, 1758-1761) e poi una traduzione inglese pubblicata nel 1787 sotto il titolo Lectures on the Sacred Poetry of the Hebrews.
Tuttavia, annota in un saggio intitolato «Alef-Bet della Poesia Biblica» il padre gesuita Jean-Pierre Sonnet, corrispondente dal Belgio per La Civiltà Cattolica e professore di Sacra Scrittura alla Gregoriana, che analizza la narrazione biblica attraverso la lente della poesia: «Nella diciannovesima lezione, Lowth descrive il fenomeno del parallelismo, la categoria più fondamentale nella comprensione della poesia ebraica»[3].
Ed ecco un frammento della famosa diciannovesima lezione del Lowth:
«The poetic conformation of the sentences, which has been so often alluded to as characteristic of the Hebrew poetry, consists chiefly in a certain equality, resemblance, or parallelism between the members of each period; so that in two lines (or members of the same period) things for the most part shall answer to things, and words, to words, as if fitted to each other by a kind of rule or measure. This parallelism has much variety and graduations. (Lowth, Lectures, 157 [19a lezione])».
«La conformazione poetica delle frasi, a cui si è spesso accennato come caratteristica della poesia ebraica, consiste principalmente in una certa uguaglianza, somiglianza o parallelismo tra i membri di ciascun periodo; così che in due versi (o membri dello stesso periodo) le cose per la maggior parte corrispondono a cose, e le parole a parole, come se fossero adattate l’una all’altra da una sorta di regola o misura. Questo parallelismo ha molta varietà e gradazione. (Lowth, Lectures, 157 [19a lezione])»[4].
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Il vescovo anglicano è anche conosciuto per la sua Short Introduction to English Grammar (1762) e per il suo studio sull’uso delle immagini nelle opere teatrali di Shakespeare. Nel 1778, un anno dopo la sua nomina a Londra, pubblicò la sua ultima opera, la più matura: Isaiah: a new Translation, with a preliminary Dissertation, and Notes. Sarebbe potuto diventare arcivescovo di Canterbury nel 1783, ma declinò l’offerta a causa della sua salute.
Ora in conclusione – e mi voglia perdonare, per la digressione il lettore – vorrei ringraziare pubblicamente il prof. Gian Paolo Zanetti, docente all’Istituto Teologico Affiliato e Istituto Superiore di Scienze Religiose di Novara – per avermi fatto conoscere la Poetica ebraica e Robert Lowth.
Concludiamo con le medesime parole di Lowth che lo stesso usa a chiusura della «diciannovesima lezione»:
«Che se alcuno stimerà tutta questa osservazione di membri e di incisi tenue, inetta ed inutile, si ricordi che nulla è più in uso e giovevole per investigare i sensi di qualche scrittore, che l’intendere ed osservar bene il carattere generale, e le particolari qualità del suo stile. Sappia altresì che per nessun’altra causa gli interpreti caddero spesso in errore, se non per la trascuranza di queste osservazioni, e che nulla promette più ubertosi frutti a chi si applica alla critica sacra, quanto un’accurata e sollecita diligenza in ciò adoperata»[5].
[1] Luis Alonso Schökel, Manuale di poetica ebraica, Brescia, Queriniana, 1989, p. 13.
[2] Ibidem, p. 13.
[3] Web: Poesia Bib Lica Dispense 1 | PDF | Poetry
[4] Ibidem, p. 2 (nostra traduzione).
[5] Robert Lowth, Poesie bibliche: tradotte da celebri italiani ed illustrate con note si aggiungono le versioni e parafrasi latine del Mussi, Rossi, Lowth… [et al.], Milano 1832 (senza nome di autore), II, 175-186.





