
Una bella notizia, che farà inorridire i patriottici, è pubblicata da Avvenire del 3 dicembre. Alla domanda, proposta dall’Autorìtà garante per l’infanzia e l’adolescenza a un campione di adolescenti (14-18enni): «Se il mio Paese entrasse in guerra, mi sentirei responsabile e, se servisse, mi arruolereì. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?”, il 68% dei ragazzi ha risposto di non essere d’accordo.
Si potrebbe anche dire che non è una bella notizia, perché testimonierebbe la diffusa e preoccupante fragilità dei nostri ragazzi. Ma è una bella notizia venire a sapere che la nuova generazione ha demitizzato i sedicenti valori della guerra, prendendo coscienza dell’insensatezza dei suoi orrori e della sua fondamentale schifezza.
Al di là della sensazione immediata, derivante dalla visione dei suoi effetti disastrosi, resta necessario, però. fare un passo in avanti: sbugiardare le ragioni della guerra.
Dietro ogni mitragliata sparata per la difesa della patria, da un lato, sul fronte e sotto le macerie dei bombardamenti, cadono i morti e, dall’altro lato, piovono i dollari e i dividendi nelle tasche dei signori della guerra. I proiettili costano e chi li ha venduti ci ha guadagnato. Una sola scarica di mitraglia, affidandoci alle stime abitualmente diffuse, può costare fino a 20 euro. Un solo soldato, in una giornata di sparatoria di bassa intensità, può farci spendere fino a mille euro al giorno. Sono mille euro che, ovviamente, vanno a finire nelle tasche di qualcuno.
Pur lasciando all’IA di chatgpt la responsabilità ultima della veridicità dei dati, è utile vedere la scheda che ce ne viene fornita a proposito della crescita dei dividendi, avvenuta nell’arco di un anno, in favore di chi investe nelle società che producono armi: RTX +45%; Leonardo +79.8%; General Dynamics +22%; Northrop Grumman +16%; L3Harris +15-16%.
Sono dati, ovviamente, che non ignorano né il presidente Macron che sta preparando, come da lui stesso è stato dichiarato, la popolazione del suo paese alla guerra, né il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, il generale Carmine Masiello che, sulla stessa linea, in un’intervista del 2 ottobre 2025, ha ammonito gli italiani che «se si va in guerra non combatte solo l’Esercito, combatte l’Italia intera».
Da Macron i francesi, e dal generale Masiello gli italiani, hanno il diritto di sapere se essi, mandandoci in guerra per l’Ucraina, sono sicuri di vincerla e se il prezzo da pagare per vincerla, il numero dei morti, sia in qualche modo proporzionato al valore dell’indipendenza e della libertà dell’Ucraina, che si intende tutelare.
Si dice che, in realtà, è l’Europa chiamata a difendere se stessa dalle mire espansionistiche di Putin, ma i popoli hanno buona memoria e non dimenticano di essere già stati ingannati su presunti pericoli, che poi si sono svelati non veri, quando l’amministrazione Bush, per giustificare la seconda Guerra del Golfo, con i suoi 13.000 morti solo fra gli irakeni, sosteneva essere necessario neutralizzare Saddam, perché egli possedeva armi chimiche e biologiche, cosa che risultò non vera.
Progettare una guerra senza prevedere i morti che costerà, per un politico e un militare, è immorale già in partenza, perché chi progetta una guerra pretendendo che venga considerata giusta, deve, prima di tutto, poter esibire la certezza che la vincerà, e poi che il numero dei morti previsto è, per quanto mai lo si possa dire con un minimo di decenza, proporzionato al valore da difendere, l’indipendenza e la libertà del paese.
Anche questi, pur altissimi, valori non sono un valore assoluto e l’Ucraina, con i suoi 39 milioni e mezzo di abitanti corre il rischio di veder morire la maggioranza della sua popolazione, mentre la Russia resta in grado di attingere coscritti dai suoi 143 milioni e mezzo di abitanti, tanti quanti le sono necessari per continuare la guerra.
È notorio e assodato che, a guerra finita, appurare il numero dei morti è impresa molto difficile, non solo per le difficoltà obiettive di registrare puntualmente tutti i dati degli eventi che occorrono, ma anche, e soprattutto, perché i governi li occultano. Ben si sa che la verità e le garanzie costituzionali di un regime democratico sono fra le prime vittime della guerra. Caso mai i governi pubblicano vistosamente, e maggiorandolo, il numero dei morti del fronte opposto.
Eppure, anche Gesù, per suggerire agli aspiranti discepoli suoi di fare bene i conti sul prezzo che dovranno pagare per seguirlo, invitava a domandarsi se mai un re, «partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace» (Lc 14,31-32). Se oggi questa saggezza degli antichi viene dimenticata, è perché sotto le ragioni fasulle, accampate per giustificarla, ci sono le ragioni nascoste di chi ci guadagna.
Impostando la riflessione a proposito della guerra e della pace sulla base concreta delle cose che accadono e non solo su argomentazioni di carattere teoretico, sembra di dover dire che quanti intendono promuovere le politiche di pace debbano, prima di tutto, studiare la guerra e metterne a nudo il grande inganno.






Ma chi ha detto che andremo in guerra? Sono ipotesi fantastiche. Fantasticherie appunto. L’articolo 11 della costituzione parla chiaro. Ma, rimane il fatto che potremmo essere aggrediti, in Ucraina c’è la guerra da quasi 4 anni, o se la sono inventata? E prima che Putin attraversasse i confini coi carri armati vivevano in pace (relativamente).
Dunque che ci sia il sospetto che potrebbe accedere a chiunque di trovarsi coi carri armati in casa non è così peregrino. Ma si spera non debba mai succedere, ovvio. Ma c’è chi ha rotto la certezza di un continente che viveva in pace da 80 anni e che ha calpestato tutti i trattati con prepotenza e ambiguità. Credere di poter fare predicozzi sulla pace senza contare che c’è chi della pace se ne infischia mi pare voler negare l’evidenza
Quindi? Che avrebbero dovuto fare gli Ucraini 4 anni fa? Sottomettersi ai russi offrendo il proprio vassallaggio all’imperatore? E, a quel punto, cosa avrebbero fatto i paesi europei, a cominciare da tutti gli ex sovietici, dai baltici, agli asiatici, fino a noi occidentali? Non sarebbe davvero scoppiata una vera rincorsa al riarmo ben maggiore di quella attuale? E non val la pena contrapporsi a chi (non solo russo) sta calpestando ogni minimale principio del diritto internazionale sostituendolo con la legge della forza bruta?
Il pacifismo astratto rischia di preparare il terreno a guai ancora peggiori se non fa i conti con la realtà.
Purtroppo nella storia umana ci sono migliaia, milioni, di esempi di persone innocenti uccise barbaramente anche se non erano in grado di difendersi.
Non è questione di Ucraina, Putin o Meloni.
Qui è in gioco il diritto/dovere di difendersi.
La domanda era: “Se il mio Paese entrasse in guerra, mi sentirei responsabile e, se servisse, mi arruolerei. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?”.
La questione è generale pur se, ovviamente, legata alla cronaca dei nostri giorni.
Non sono soddisfatto dei risultati del sondaggio che lasciano via libera ad Attila, Giulio Cesare, Hitler, Pol Pot, Stalin e compagnia cantante.
Purtroppo il mondo non è abitato soltanto da brave persone.
Grazie per queste parole lucide che toccano il valore primario calpestato dalle guerre , il valore delle vite umane, soprattutto di giovani sacrificati a uccidere e a farsi uccidere …
Tutto è perduto con la guerra , ci hanno ricordato i nostri papi , ma i responsabili politici di questa organizzazione europea in gran parte rappresentati dei partiti di ispirazione cristiana , fanno di tutto per giustificare riarmo , folli spese militari , rilancio della leva . A che pro ?
Speriamo che la coscienza popolare per la gran parte contraria alla prospettiva della guerra, abbia modo di farsi voce di contestazione netta, culturalmente motivata, contro questa linea guerrafondaia suicidaria sostenuta purtroppo da non pochi “pensatori” e giornalisti .