Siria: il lungo silenzio delle gerarchie ecclesiastiche

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Prigione di Saidanaya: folla in cerca dei loro cari

Primavera del 2011: le prime proteste siriane portarono in piazza alcuni gruppi di coraggiosi e disarmati contestatori di un regime la cui efferatezza abbiamo imparato a conoscere, rabbrividendo, solo ora. I fatti precipitarono quando in una scuola di Daraa, nel sud del paese, un gruppo di bambini scrisse slogan irriverenti contro il Presidente sul muro del cortile scolastico.

Furono presi dai servizi segreti e seviziati, poi riconsegnati ai loro cari perché ne traessero la giusta lezione. La Siria urlò di rabbia. Di lì a non molto un patriarca cristiano, non conta soffermarsi su quale di loro, scrisse: “Assad ha parlato in pubblico ieri e c’è stata una dimostrazione di tutto il Paese a favore de Presidente […]. Sono testimone di molte iniziative positive intraprese dal regime in questi anni. Il Paese si sta sviluppando”.

Successivamente inviò una lettera ai leader europei sostenendo che la Siria non era pronta per una “democrazia all’europea”. Si ricorda poi una visita di un patriarca basato a Beirut, che disse che la vita è sacra, nulla può valere metterne in discussione anche una sola, neanche la richiesta di libertà.  Un altro ricordo importante, omesso da molti racconti sulla tragedia siriana, è l’assassinio di un cristiano, Basel Shehadeh, del quale il regime impedì il funerale, anche sparando sui suoi amici della sua comunità di fede accorsi a pregare per lui. L’incidente si chiuse così.

Ideologia della protezione

Difficile non convenire con il professor Bernanrd Heyberger, dell’Ecole des Hautes Etudes en Scienses Sociales di Parigi per il quale “le Chiese si sono strutturate su un sistema autoritario”. Ma va aggiunto che a troppi, a destra come a sinistra, ha fatto comodo ridurre l’enormità autoprodotta della Primavera per paventare il solito “complotto internazionale”.

Andrebbe però ancora capito appieno il lascito ottomano per i cristiani. Tollerante nell’epoca dell’intolleranza europea, quando elaborò la prassi della “protezione delle minoranze del libro” che si giustapponeva alla persecuzione e all’espulsione dell’altro dall’Europa di quei tempi, divenne intollerante protraendosi nell’epoca della tolleranza europea giunta con l’emergere dello stato pluralista.

Eppure proprio la protezione è rimasta come bisogno profondo delle minoranze cristiane, prive di fiducia nell’altro islamico, per oggettive difficoltà che però non avrebbero dovuto far dimenticare e rimuovere pagine luminose come quella della convergenza islamo-cristiana nella grande esperienza ottocentesca della Nahda araba (Rinascita o Risorgimento arabo) – alla quale purtroppo seguì il colonialismo europeo, che allontanò le parti e favorì i nazionalismi malati, totalitari lì come da noi, e di cui proprio il nazionalismo siriano è stato il peggiore, il più perverso.

È proprio questa ideologia della protezione che ha prodotto un evidente cesaropapismo non molto lontano da quello che troviamo nell’ortodossia russa, la cui vicinanza al Cremlino non è dissimile. Che la figura di  Alois Brunner colleghi il sistema di potere siriano al nazismo non sorprende, aiuta a capire. Lui, il più stretto collaboratore di Adolf Eichmann, è stato consulente per la sicurezza di Hafez al Assad per tutto il trentennio del suo potere – i due morirono a breve distanza l’uno dall’altro. Il Novecento arabo sta forse, tra tante contorsioni, finendo solo ora?

Un pellegrinaggio di riparazione a Saidanaya

La storia non è un’autostrada, ci sono curve, problematicità, incomprensioni ed equivoci, azioni e reazioni incontestabili, discriminazioni e colpe gravi; ma è evidente che l’aver confidato in un nazionalismo così spietato, profondamente totalitario, espressione di un tribalismo settario, ha portato in nome della paura le Chiese siriane a tacere per mezzo secolo: sui suoi crimini, sulla sua efferatezza, sulla sua impostazione ben riassunta dallo slogan delle sue squadracce: “Assad o bruceremo il Paese”.

Ricordare con questi semplici e superficiali esempi il silenzio delle gerarchie ecclesiastiche oggi vuol dire semplicemente chiedersi: non sarebbe dovuto almeno un gesto “cristiano” verso questo mare di vittime, di abusati, di torturati, di seviziati, di violentati, di cancellati? E quale potrebbe essere questo gesto?

Molte voci, dentro e fuori la Siria, hanno posto il problema della tutela dei cristiani nella nuova Siria − e hanno fatto bene. La loro tutela, quali cittadini siriani, vale e conta come quella di tutti gli altri cittadini siriani. Sarebbe indispensabile riprova di un pluralismo di cui la Siria ha disperato bisogno. E il pluralismo è vero, sempre, se parte dalla libertà di culto.

Ma i cristiani devono riscoprirsi e venire riscoperti come concittadini dei loro vicini e dai loro concittadini: di tutti i riti e di tutte le etnie siriane. E questo richiede un gesto di contrizione e di rispetto non da parte dei singoli, molti dei quali hanno combattuto l’abominio, ma delle loro guide spirituali, sole, davanti al peso della storia. Cinquant’anni di silenzio non sono pochi. Quale gesto potrebbe porre riparo e consentire di ripartire, insieme?

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Interno della Basilica di Nostra Signora di Saidanaya

La sfiducia è antica ed è il prodotto di tante colpe, di tanti errori, di tante orrori, di tante ideologie, a partire dal jihadismo islamista. Ma è impossibile sperare in un futuro diverso, migliore, libero dal settarismo, restando nella sfiducia e quindi nel settarismo − bisogna uscirne!

Così a mio avviso il modo migliore per avviare questa purificazione della memoria, potrebbe essere una visita da parte di tutti i patriarchi al luogo simbolo dell’abominio assadista, auspicabilmente insieme. Volendo potrebbe essere l’occasione per ricordare, anche mostrandone solo l’immagine, che Saidanaya è stata per secoli, dalla più lontana antichità, un luogo di pellegrinaggio cristiano, visto che lì si custodiva un’icona miracolosa della Vergine Maria attribuita a San Luca.

Aver trasformato Saidanaya in uno dei simboli del male per tutta l’umanità è la più grande offesa, il più grave sfregio che il regime degli Assad ha fatto a tutto il mondo cristiano, tutto.

Non servirebbe dire o fare altro per indicare il desiderio di ripartire insieme, liberi dalla cultura della protezione o da quella del sopruso, dopo tanti orrori e tante ideologie aberranti.

Farlo sarebbe estremamente importante per ottenere a tutti i siriani, anche cristiani, la necessaria protezione da parte di un governo che si auspica rispettoso delle diversità, della complessità, della comune e pari cittadinanza. È giusto essere scettici che questo possa essere conseguito con l’attuale leadership siriana? Certo!

È necessario lo scetticismo verso di loro e verso il loro superamento di note e odiose ideologie religiose, contrarie all’uomo ed alla sua dignità. Ma farlo nella difesa dei diritti umani di tutti i siriani, che non può essere estraneo a nessuna religione celeste, sarebbe il modo migliore. Anche per archiviare mezzo secolo di silenzi insopportabili.

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2 Commenti

  1. Angela 17 dicembre 2024
  2. Angela 17 dicembre 2024

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