Al termine di un fluviale intervento del patriarca Cirillo al clero della metropoli di Mosca (11 febbraio) un prete, Alexiy Shlyapin da Mozhaysk, ha perorato la canonizzazione del pope Daniel Sysoev, facendo presente la sua dottrina che denunciava il nazionalismo per affermare la cittadinanza nuova della Gerusalemme del cielo.
Ma quando ha contrapposto la patria alla predicazione del Regno di Dio il Patriarca ha ironizzato: «Geniale davvero! È la prima volta che lo sento nominare». Tra l’ilarità della grande assemblea ha proseguito: «Non sei per caso originario dell’Ucraina occidentale? Torna al tuo posto e pensa seriamente a tutto ciò che hai sbrodolato».
L’irritata reazione riguardava l’indiretta critica alla guerra e non immediatamente la figura di Sysoev (1974-2009, ucciso da un fondamentalista islamico), il suo credo ortodosso intransigente, anti-islamico, anti-cattolico, anticomunista e anti-occidentale, a favore dell’«uranopolitismo» (cittadinanza celeste). Segnale di una ferita procurata dall’acritica adesione alla guerra di aggressione di Putin non ancora suturata, nonostante l’attuale favorevole conduzione del conflitto per le armate russe.
Un conflitto di civiltà e di fedeltà a Dio
L’appuntamento annuale ha permesso al gerarca di affrontare molti problemi: dall’identità del pastore alla predicazione, dai temi urbanistici al pericoloso formarsi delle minoranze etniche all’interno dei quartieri, dall’affermazione di una totale libertà della Chiesa («libera da qualsiasi influenza politica») ai trionfanti numeri di preti, chiese, monasteri, diaconi e parrocchie.
Ma l’insistenza maggiore è stata sulla guerra e sulle sue sfide. «La nostra patria sta vivendo un periodo speciale, piuttosto difficile della sua storia e ognuno di noi, ovviamente, lo sa. Le forze nemiche alla Russia hanno progettato il conflitto in Ucraina con l’intenzione di usarlo per indebolire il nostro paese e l’influenza della Chiesa ortodossa russa. Non è una coincidenza che l’inizio della guerra civile nel Donbass sia stato preceduto dallo scisma appositamente provocato, seguito allora e adesso dai sequestri delle chiese della comunità ortodossa ucraina canonica, dai tribunali illegali e dalla persecuzione dei gerarchi e dei sacerdoti».
Il Patriarca richiama la necessità urgente di sostenere i soldati al fronte, quelli feriti e i familiari. Pieno consenso ai preti che sono al fronte in servizio pastorale e a quanti visitano le truppe. Si riconferma il ruolo catartico e purificante della guerra in atto e l’opportunità di dare i sacramenti ai «guerrieri». Davanti a una «guerra dichiarata alla santa Russia» è necessario il sostegno spirituale all’esercito. È un conflitto di civiltà e di fedeltà a Dio.
Concetti e parole già usati dal Patriarca in molti altri casi. Anche due giorni prima alla fine di una liturgia. In Occidente «rifiutano e costruiscono il loro benessere senza Dio, mentre la Russia che è moderna, ha sviluppato la scienza e la tecnica, ha genialmente combinato fede e conoscenza, cultura moderna con religiosità. Esempio di tutto questo è il nostro presidente, il nostro primo ministro e molti governatori che fanno molto per intensificare la vita della nostra Chiesa».







pur con l’obbligo della speranza in quest’anno, non la vedo per niente da quella parte