Registro battesimi: lo sbattezzo e la memoria

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«Il diritto canonico non consente di modificare o cancellare le iscrizioni fatte nel registro del battesimo, se non per correggere eventuali errori di trascrizione». Comincia così una nota esplicativa del Dicastero per i testi legislativi sul divieto di cancellazioni nel Registro parrocchiale dei battesimi, pubblicata il 17 aprile scorso (qui il testo).

Essa risponde alla richiesta di chi domanda lo sbattezzo non solo con l’annotazione della sua volontà di non partecipare più alla vita della Chiesa – cosa che si fa senza problemi –, ma pretende che sia cancellato l’intero paragrafo con i nomi dei genitori, dei padrini, l’indirizzo…

La domanda ha già avuto risposte in diversi tribunali europei, in generale a garanzia dell’istituzione ecclesiale. Ora è davanti alla Corte europea.

Le ragioni invocate sono la privacy, la libertà del richiedente, la volontà dell’oblio e il rifiuto dell’istituzione e del suo ruolo pubblico. Richieste diversamente pertinenti.

Si fa notare che i registri sono custoditi nelle parrocchie e non sono accessibili se non agli interessati e agli addetti.

C’è piena libertà di allontanarsi dalla Chiesa e dalla fede, ma non si può pretendere di cancellare elementi di fatto, a garanzia propria (nel caso di un ripensamento e di un ritorno) e altrui (richiesta di matrimonio, di entrare nella vita religiosa ecc.). Si può criticare l’istituzione ecclesiale, ma non impedire il suo rilievo pubblico. Anche tenendo presente che i registri rimontano al concilio di Trento e sono stati la base per l’anagrafe statuale successiva.

I fatti e l’archivio

Il registro dei battesimi «rappresenta il riscontro oggettivo di azioni sacramentali o relative ai sacramenti, compiute storicamente nella Chiesa. Si tratta di fatti storici ecclesiali di cui occorre tenere conto agli effetti del buon ordine amministrativo-pastorale, per motivi teologici, per la sicurezza giuridica, e anche per l’eventuale tutela dei diritti della persona coinvolta e di soggetti terzi».

La disposizione indicata è del tutto coerente al can. 535 del Codice di diritto canonico, confermato anche dall’indicazione giuridica per il battesimo «sub conditione», nel caso cioè che non si abbia certezza sia avvenuto (can. 869). Non si tratta in nessun caso di ripetizione.

L’attestazione dell’avvenuto battesimo è condizione necessaria per l’amministrazione degli altri sacramenti. È garanzia a «terzi» nel caso del matrimonio e per chi amministra i sacramenti.

«Il registro dei battesimi non è una lista di membri, bensì un “fatto” storico ecclesiale, esso non intende accreditare la fede religiosa delle singole persone o il fatto che un soggetto sia membro della Chiesa. Infatti, i sacramenti ricevuti e le registrazioni effettuate non limitano in alcun modo la libera volontà di quei fedeli cristiani che in forza di essa, decidono di abbandonare la Chiesa. Al registro del battesimo dovrà essere apportato, eventualmente l’“actus formalis defectionis ab Ecclesia catholica” (atto formale di defezione dalla Chiesa cattolica), quando una persona indica di voler abbandonare la Chiesa».

Il ricorso ai tribunali civili per ottenere la «cancellazione» dai registri ecclesiastici è già attiva in diversi paesi come Belgio, Francia e Irlanda (cf. qui su SettimanaNews) ed è probabile che arrivi anche in Italia. Le sentenze sono prevalentemente a favore delle ragioni ecclesiali, ma non tutte. Il ricorso al prioritario diritto comunitario e ai suoi esiti diventa importante.

Libertas Ecclesiae

La Santa Sede lo ha ricordato più volte. Parlando all’assemblea plenaria della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea (COMECE), lo scorso 26 marzo, il segretario di Stato vaticano, card. Piero Parolin, lo ha sottolineato. Dopo aver elogiato il ruolo dell’istituzione per la collaborazione in ordine agli accordi internazionali per il disarmo, le migrazioni, la sostenibilità ecologica e le politiche sociali ed economiche, ha affrontato direttamente il tema.

«Desidero richiamare il prezioso aiuto fornito dal Segretariato, e in particolare dal dott. Alessandro Calcagno insieme con la Commissione Affari Giuridici della COMECE, nel seguire le vicende legate all’applicazione del Regolamento generale sulla protezione dei Dati dell’Unione Europea (GDPR). L’impegno della COMECE in quest’ambito trova il pieno appoggio della Santa Sede, mediante i diversi contribuiti offerti dalle varie articolazioni della curia romana, trattandosi di un tema delicato che interessa non solo gli episcopati europei, ma la vita dell’intera Chiesa e, per certi versi, anche la stessa libertas ecclesiae.

In particolare, mi riferisco al lavoro che si sta portando avanti in difesa dei registri di battesimo, allorché sono minacciati da ricorsi pretestuosi presso le autorità nazionali di protezione dei dati personali e ora anche in un procedimento presso la Corte di giustizia dell’Unione Europea. Una delle responsabilità dei vescovi è proprio quella di tutelare la libertà della Chiesa, il che non contraddice, anzi nel nostro tempo equivale a tutelare la libertà religiosa in genere, contribuendo all’edificazione di un’Europa che – secondo l’espressione di papa Francesco – sia “sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti. Una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente sia libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società” (Francesco, Lettera sull’Europa, 22 ottobre 2020)» (cf. qui su SettimanaNews).

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2 Commenti

  1. Carmine 1 maggio 2025
  2. Aldo Ciaralli 29 aprile 2025

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