
Memorabile resta il discorso del Cardinale Carlo Maria Martini sul relativismo cristiano: assoluto è il Signore, non i nostri tentativi di comprenderlo e di seguirlo.
A gettar luce sulla vexata quaestio dei relativismi (considero infatti assai più appropriato discuterne al plurale) secondo una prospettiva filosofica è, tra le altre, la monumentale opera del pensatore del Québec Charles Taylor Sources of the self. The making of the modern identity. Non un testo che tratti direttamente dell’argomento, dunque. Proviamo a comprendere meglio.
Da un lato, la nostra epoca è caratterizzata da un soggettivismo diffuso: ogni scelta, comprese le prese di posizione di natura morale, sembrerebbe affidata ai gusti, alle simpatie, al “vissuto” di ciascuno. Non solo: in un’ottica del genere, ci si può astenere dal prendere posizione riguardo a cosa sia bene e cosa sia male, quasi si trattasse di un optional. Attenzione: non la sospensione del giudizio, bensì la sua elusione.
D’altro canto, vi è un’accezione piuttosto diffusa del relativismo secondo la quale vi sarebbe una fondamentale incommensurabilità fra situazioni, contesti, culture dissimili. Non sarebbe possibile alcun confronto razionale tra essi. Con il rischio che, nello stesso tempo, tutto abbia valore e meriti rispetto e nulla ne abbia e lo meriti. Come dire: A vale B. Con l’esito inevitabile di una sorta di indifferenza per le cose: in-differenza in senso etimologico; nulla farebbe la differenza, proprio in nome, per paradossale che possa apparire, di un eguale rispetto per ogni differenza.
E poi – al riguardo la lezione di Taylor è di una forza straordinaria – vi è il piano delle spiegazioni assolute, quelle seguite nelle scienze naturali, “oggettive”, distinto dal piano delle spiegazioni che tengono conto del significato, del senso che le cose hanno per noi, non ne prescindono. O, se vogliamo, delle spiegazioni che si riferiscono, sono relative (ecco la radice del vocabolo “relativismo”) ai significati per noi, al senso che le cose assumono.
E, per il nostro autore, è qui, solo qui che possono situarsi la filosofia morale, un’etica non estranea alla questione di quali siano i beni, con gli avvicendamenti e i conflitti che li caratterizzano.






Il relativismo va oggi ben stretto al narcisismo e produce la società in cui viviamo, nella quale tutti si lamentano degli altri per spostare da sé l’attenzione e non fare nulla per provvedere alla propria conversione: per questo motivo l’Altro non è più importante, le chiese si svuotano e la realtà perde senso.
Articoletto breve ma intenso. Grazie.