Il Papa anticlericale

di:

prevost

Se Steve Bannon voleva davvero scongiurare la catastrofe che per lui rischiava di arrivare, cioè l’elezione del Papa della Deep Church globalista, Robert Francis Prevost, invece di rilasciare interviste insultanti verso l’attuale Leone XIV avrebbe dovuto spendersi notte e giorno per evitare che venisse pensato e pubblicato sugli account della Casa Bianca quel santino di Papa Trump, peraltro vestito malamente e con il dito indice levato verso il cielo come faceva Osama bin Laden e non benedicente (la benedizione papale si fa con tre dita; cf. qui su SettimanaNews).

Che il mondo MAGA stesse lanciando un’offerta pubblica d’acquisto sulla Santa Sede infatti è stato chiaro, fuorché agli sprovveduti, proprio grazie a quel santino. Ora l’OPA è stata respinta, il candidato della Deep Church eletto papa, l’odiato Pietro Parolin in buona posizione per tornare, o meglio restare, Segretario di Stato.

Anticlericalismo

Il candidato di Jorge Mario Bergoglio, o uno dei suoi preferiti, è arrivato in porto. Quel santino, non solo quello ovviamente, è stato esiziale. Forse per prendere qualche voto africano, oltre a quello di Sarah, avrebbe aiutato i MAGA anche a non smantellare l’agenzia di aiuti ai Paesi poveri USAid. Eppure c’è una diversità tra Bergoglio e Prevost, come uomini di fede e probabilmente ci sarà come Papi. Ma è troppo presto per esprimere giudizi sulla natura del pontificato di Leone.

Così preferisco soffermarmi su ciò che di Bergoglio sarà da riproporre dopo di lui: il suo «governo carismatico» segnato dall’anticlericalismo. Il professor Andrea Riccardi parlò di governo carismatico al riguardo di Giovanni Paolo II: un governo in cui il leader esercita il potere attraverso la propria personalità e capacità di ispirare e influenzare le persone, anziché sulla base di regole o istituzioni formalizzate. L’autorità carismatica, in questo contesto, si fonda sulla fiducia e l’affetto.

Così la costitutiva polemica con il clericalismo lo ha fatto, per me erroneamente, apparire populista, ma gli ha consentito di diventare, nonostante certi ambienti cattolici, il leader morale globale.

Francesco, come è noto, era un sacerdote, un membro del clero cattolico, ma era altrettanto notoriamente e dichiaratamente contro il clericalismo. Questo anticlericalismo è diverso, molto diverso, da quello di molti altri anticlericali. Il suo anticlericalismo lo ha spiegato nella sua essenza clericale Martin Scorsese su L’Osservatore Romano, definendolo allergico a chi addomestica la voce di Gesù.

Diventata clericale, la Chiesa si è trovata con un clero che per preservare questa posizione di privilegio, di potere sul popolo di Dio, i laici, non poteva che, non sempre ma sovente, addomesticare la voce di Gesù, per legittimare il proprio privilegio.

Al riguardo Papa Francesco ha scritto:

«Il clericalismo, come sappiamo, può interessare tutti, anche i laici e gli operatori pastorali: si può infatti assumere uno “spirito clericale” nell’esercizio dei ministeri e dei carismi, vivendo la propria vocazione in modo elitario, chiudendosi nel proprio gruppo ed erigere muri contro l’esterno, sviluppando legami possessivi in relazione ai ruoli nella comunità, coltivando atteggiamenti arroganti e vanagloriosi verso gli altri».

Di più: il popolo di Dio con tanta «pazienza» deve sopportare «maltrattamenti ed emarginazione dal clericalismo istituzionalizzato».

L’abuso per lui nasce nell’abuso di potere: si capisce allora che questo anticlericalismo non poteva installarsi al vertice di una istituzione clericale altro che con il discutibile «governo carismatico», e alla sua ovvia discutibilità.

Ma questo gli è stato inevitabile perché il clericalismo, l’erronea idea di autorità fatta coincidere con un’erronea idea di potere, in occasione del suo decimo anno di pontificato l’agenzia ANSA l’ha giustamente identificato con il luogo d’origine di quelle «chiusura e autoreferenzialità, che fanno “ammalare la Chiesa”, la fanno sentire superiore e immune ad ogni giudizio», quindi è qui l’errore dove «per Bergoglio ha origine qualsiasi sorta di abuso».

Questa visione si ritrova in certo modo anche nella ruggine tra lui ed i «circoli dei sapienti». Non a caso il vocabolo «chierico» oggi indica i ministri dei sacramenti, ma in italiano arcaico indicava i dotti, i depositari del sapere; quelli che sanno a differenza degli altri; un’altra umanità, superiore.

Una certa campagna di delegittimazione, quella che identifichiamo con le magliette «il mio papa è Benedetto», o con l’accusa di essere eretico, «papa illegittimo», forse è scaturita anche da questo.

Il popolo contro il clero

Questo tipo tutto nuovo di anticlericalismo non è stato abbastanza indagato. Ma partendo da qui si capisce più facilmente perché il popolo per lui sia stato importante: il «popolo di Dio santo e peccatore, in cammino».

Un cristiano che non cammina, ebbe modo di dire, lui non riusciva a capirlo. Perché l’esempio di Gesù va seguito, nella vita, nella quotidianità, quindi camminando, è impossibile farlo stando fermi, cioè – ritengo – ponendosi fuori dalla storia, nell’immobilità di una «tradizione» statica, non dinamica.

Questo lo portava a mio personalissimo giudizio a vivere con l’umanità del suo tempo, cercando Dio – come diceva Sant’Ignazio di Loyola – in tutte le cose; anche fuori dall’ambito «cattolico». Così ho sempre ritenuto che Francesco non potesse prendere in considerazione l’idea di un’umanità di serie A e una di serie B, la verità di fede un qualcosa al di fuori della quale ci fossero solo false credenze e quindi falsa umanità. La sua spiritualità lo portava a far impazzire molti «identitaristi», dicendo che le religioni sono cammini diversi, tutti cammini che portano a Dio.

Eretico? Non penso proprio, visto che dopo autorevoli padri della Chiesa, il padre dell’umanesimo rinascimentale, il cardinale Nicola Cusano, noto come Niccolò Cusano, riassunse già allora il tutto nel suo celebre motto, «Religio una, in rituum varietate»; una religione nella varietà dei riti.

Francesco ha esteso il discorso agli agnostici ed ai non credenti, ad Ajaccio, quando ha detto:

«i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune».

Qui diviene chiaro perché mi sembri che lui, da Papa, ha inteso proporsi come leader morale globale: proporsi cioè come promotore di un nuovo umanesimo civile, che scardinando le camere stagne sapesse trovare ciò che accomuna i diversi, che tali sono e devono restare, ma insieme, senza primazie o esclusioni.

Qui il linguaggio «popolare» diventava essenziale: non si riesce in un’impresa del genere restando in linguaggi specifici, ma creando una lingua accessibile a tutti e senza barriere.

Un esempio: per portarlo a parlare dell’ordo amoris di Sant’Agostino c’è voluta la presunzione, fallace, del vice presidente americano JD Vance, che si è cimentato con l’ardita impresa di rendere compatibile la deportazione di massa dei migranti forzati con l’ordine dell’amore proposto da Sant’Agostino.

Quello a cui guardava da cattolico e da Papa era un umanesimo civile e quindi consapevole che la Chiesa, la sua Chiesa, non poteva essere tale se si fosse rivolta solo a chi va in chiesa.

Ecco perché lui era evidentemente un pluralista. Non solo perché ha detto che i conflitti fanno bene, e non vanno necessariamente risolti, neanche dentro la Chiesa, ma perché senza pluralismo non si spiega come tra i testimoni presenti nei Vangeli ci siano anche non credenti, o addirittura eretici, come la Samaritana, con la quale Gesù si appartò, vicino a un pozzo, o addirittura il samaritano definito buono dal Vangelo e preso a modello da Francesco nell’enciclica Fratelli tutti sebbene samaritano, o ancora il centurione e altri ancora.

Il pluralismo cristiano è quello che lo ha portato a esaltare il pensiero incompleto, opposto a ogni pensiero rigido, che è opposto alla carne umana, rigida solo dopo la morte. È questa visione che trasmetteva camminando nella sua vita, nella quale anni ha sovente polemizzato con una ipotetica anziana signora, che definiva sempre «molto cattolica»: la classica espressione di una cultura «clericale», cioè esclusiva, escludente. A questo è difficile arrivare se ci si limita a cercare nel proprio orto. Questo ha dato tremendamente fastidio a tutti gli identitaristi.

La Chiesa sinodale post-clericale

Ora la sua Chiesa, che ha governato commettendo tanti errori, certamente, deve trovare il modo di «far posare a terra», organizzare, i mille processi che ha avviato, a cominciare da quello sinodale, che ritengo il più importante, il più difficile, anche per Papa Leone, che ha confermato la scelta.

Una Chiesa sinodale, infatti, è per definizione post-clericale e le resistenze curiali lo spinsero anni fa a presentare a quei monsignori, sotto forma di auguri, un catalogo delle loro possibili malattie spirituali.

Il laicato cattolico nella sinodalità svolge un ruolo che non è più ancillare, sia per il laicato cattolico maschile che per quello femminile. Per questo ora emerge un’esigenza nuova: non certo chiudersi al mondo, ma concentrarsi sul proprio interno, sui propri equilibri e disequilibri, e riequilibrarli.

È un’esigenza creata dall’uragano Bergoglio, che a mio avviso è apparso populista proprio perché doveva bypassare il clericalismo e ricreare un rapporto diretto tra chi cercava Dio in tutte le cose e tutte le cose stesse, credenti o meno. Il tessuto umanista, un umanesimo civile, è ormai presente nella sua Chiesa, che deve però organizzarsi per poterlo calzare in modo opportuno.

Per questo è coerente con il suo magistero un papato che, saldo nei principi evangelici, dopo aver respinto l’Opa di chi voleva comprarsi l’ultima istituzione universale esistente per farne un conglomerato, forse un resort, di chiese patriottiche, proprio come faceva Pechino, tutte nazionaliste e legate a governi nazionalisti, ora miri ad attrezzare la sua casa alla novità, rimettendola in ordine dopo la tempesta.

Questo lavoro delicatissimo è decisivo per riuscire a raggiungere l’obiettivo, la riforma sinodale, ovviamente ancora molto avversata.

A questa riforma, immagino, risulterà funzionale la mozzetta rosso imperiale riesumata da Papa Leone dopo dodici anni. In questo senso, se questo fosse vero, può essere anche benvenuta quella veste poco attraente, come segno cioè non clericale, ma indicatore di uno sguardo interno, necessario per prepararsi all’impresa.

Il governo carismatico è stato necessario perché gli uffici non erano favorevoli, ma contrari alla sinodalità, al superamento di un’erronea idea di autorità. Ora che sono stati scossi si devono cambiare, rifare. Ecco allora che il papato torna nel suo perimetro, non penso per chiudersi, ma dando priorità ai lavori di ristrutturazione.

Non lo so, ma non ritengo che il rosso che abbondava nell’abbigliamento di Leone XIV indicasse un ritorno del clericalismo, spero piuttosto che indicasse la priorità di dedicarsi al proprio spazio, per riorganizzarlo. Vedremo.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 11 maggio 2025

appunti

Print Friendly, PDF & Email

9 Commenti

  1. Gian Piero 13 maggio 2025
    • Angela 13 maggio 2025
  2. Pietro 11 maggio 2025
    • 68ina felice 11 maggio 2025
      • Pietro 11 maggio 2025
        • 68ina felice 12 maggio 2025
          • Pietro 12 maggio 2025
  3. Adelmo Li Cauzi 11 maggio 2025
    • Giovanni Di Simone 11 maggio 2025

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto