La fretta e la fatica di “arruolare” il Papa

di:
leone xiv

Foto di Francesco Sforza, Vatican Media

Avranno un sacco di lavoro gli storici per capire quanto e come moltissimi si stanno esprimendo sul nuovo papa: dai social alla carta stampata, dalle TV ai dialoghi interpersonali. Certo è bello comunicare cosa si pensa, i propri desideri, l’intravedere prospettive vecchie e nuove.

La domanda difficile: perché è così importante arruolare il papa? Forse perché è l’unico leader mondiale non arruolato nei giochi della polarizzazione e degli opposti estremismi? Dimenticando, poi, che c‘è un limite, il più ovvio possibile: io non sono il papa e lui non è me, né papa Francesco, né chiunque altro.

È «unico e irripetibile» (Giovanni Paolo II), come tutti gli uomini e donne di questo pianeta e di tutti i tempi. Quindi, che cosa farà non ci è dato conoscerlo, tranne se qualcuno non ha capacità da veggente.

D’altra parte, ha poco senso scrivere – come fa un ecclesiastico – «ci sarà senz’altro una continuità fra i due pontificati, ma aggiungerei che dobbiamo attenderci almeno l’ottanta per cento di novità». Attonito. E chi glielo ha detto? A quale scienza previsionale si ispira?

La valutazione si fa su parole e fatti ed entrambi, quelli papali, sono così pochi, finora, per formulare un giudizio ponderato e serio. Come anche docenti e intellettuali che hanno già deciso che stile, contenuti, prassi e finalità avrà questo pontificato. Ma hanno una linea diretta con il Padre Eterno? E perché si alterano poi così tanto se il papa Leone (come i predecessori) non dice quello che pensano loro?

Il problema vero è che nel campo ecclesiastico spesso ci sono gli stessi difetti che critichiamo in politica e nelle istituzioni laiche; una sorta di trave e pagliuzza di evangelica memoria. E così crescono, in pastori e fedeli, come in politici e cittadini: autoreferenzialità, fretta di salire sul carro del vincitore (finanche offendendo il predecessore), ricerca di consenso e privilegi (nuovi e vecchi), imitazioni di stili e affermazioni del capo, il bilancino delle parole rimodulato al momento, la spettacolarizzazione della vita comunitaria eccetera… Scriveva Primo Mazzolari: «Il nostro mondo non ha bisogno di “essere divertito” ma restituito alla serietà del vivere, del pensare, del sapere».

Intanto mi hanno toccato diversi brani, nell’omelia dell’inizio pontificato, come: «Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù. (…). Senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo. (…). Una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità».

E soprattutto mi è rimasto molto in mente questo «lasciarsi inquietare dalla storia». In continuità con il magistero di Francesco, è un invito a vivere il nostro tempo con passione e impegno, con le sue gioie e realizzazioni, con le sue inquietudini e fallimenti, non tanto perché abbiamo delle risposte prêt-à-porter, ma perché il Vangelo, sempre e comunque, illumina e consola tutte le inquietudini umane.

Rocco D’Ambrosio, presbitero, è docente di Filosofia politica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma; è presidente della associazione «Cercasi un fine» APS.

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12 Commenti

  1. Tracanna Anna Rita 25 maggio 2025
    • Anima errante 26 maggio 2025
  2. Pier Giuseppe Levoni 23 maggio 2025
  3. Adelmo li Cauzi 22 maggio 2025
  4. Kamar 22 maggio 2025
  5. Marco 22 maggio 2025
    • Tracanna Anna Rita 25 maggio 2025
      • Pietro 27 maggio 2025
  6. Marco 21 maggio 2025
    • Kamar 22 maggio 2025
  7. Kamar 21 maggio 2025
    • Pietro 21 maggio 2025

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