Monte Sole per Gaza

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Presentiamo il testo di uno dei discorsi pronunciati alla conclusione della Marcia nazionale per Gaza del 15 giugno scorso. Si tratta di una riflessione pronunciata da suor Mariam Dignatici (cf. qui) e frutto di una prolungata riflessione comunitaria della Piccola Famiglia dell’Annunziata, fondata e ispirata da Giuseppe Dossetti. Un testo che proviene da decenni di permanenza in terra santa, di conoscenza delle lingue, delle persone e dei contesti di quella terra con un radicamento in Cisgiordania e in Giordania cinquantennale. Con una frequentazione del mondo palestinese e israeliano, delle Chiese locali, delle tradizioni religiose mussulmana ed ebraica, che è stata costante, approfondita e costellata di legami, studi e molteplici relazioni. Una riflessione che è quindi frutto di una vita di amicizia e vigilanza e che chiama ad una mobilitazione delle coscienze, delle azioni – personali e collettive – e delle politiche in un senso più umano, responsabile e amante della vita.

Su questi monti risiede la nostra comunità, la Piccola Famiglia dell’Annunziata, e nostro padre Giuseppe Dossetti ha voluto essere sepolto qui per segnalare il valore di tante vittime innocenti.

Le parole di protesta sembrano ormai tutte superate dall’enormità della tragedia in corso eppure noi e voi siamo saliti per non smettere di denunciare lo sterminio a Gaza e credere alla forza dello sdegno popolare.

Scrive ‘Alia Shamlakh, un’architetta di Gaza: «Noi NON stiamo morendo in segreto. Tutto è documentato, proprio davanti agli occhi di tutti. Convenzioni, leggi, diritti umani? Foglie al vento o combustibile per il fuoco. Il mondo ha dichiarato la morte della propria coscienza in un freddo silenzio».

Da oltre 50 anni alcuni di noi vivono in Israele e Palestina e vogliamo testimoniare l’amore per quei due popoli a cui tanto dobbiamo come uomini e donne e come cristiani.

Vogliamo per questo ricordare a noi stessi e affermare che in questa vicenda tutti siamo corresponsabili, per la storia che ci ha portato a questo punto, le complicità, i silenzi. Stati e chiese.

E come comunità sentiamo di dovere dire che la cosa più importante e lo sforzo maggiore per noi è restare là, insieme con loro, cercando ostinatamente di costruire ponti.

Condanna dell’azione a Gaza

Noi condanniamo fermamente l’azione del governo di Israele.

Alcune parole che Dossetti scrisse a Beghin dopo la strage di Sabra e Shatila (Libano, 1982), sono oggi ancora più vere: «Per la loro natura e per la loro dimensione e soprattutto per il loro carattere di atti non di “fazione”, ma di “stato, le ultime vicende si differenziano da qualsiasi precedente”… Il massacro in corso non è lecito a Israele in assoluto e per nessun motivo».

Non è amore per Israele negare il crimine che sta commettendo.

E non è amore per Israele giustificarlo appellandosi alla strage – certo orrenda e spietata – di Hamas, che non rappresenta tutto il popolo palestinese e neppure tutta la storia del suo pensiero.

C’è un veleno mortale che il governo di Israele sta bevendo ed è l’ebbrezza del potere e della forza militare e tecnologica. È una idolatria che porta fino a sacrificare i propri figli e figlie, a profanare la terra e, se non teme le nazioni, dovrebbe temere Dio che ha in abominio questi atti (cf. Dt 12,31).

Necessità dell’appoggio internazionale agli israeliani che si oppongono

Molti amici ebrei e molti israeliani contestano il loro governo e vedono l’orrore che sta compiendo ma hanno bisogno di un appoggio internazionale molto più forte.

Non ci sarà soluzione se non verrà congiuntamente dall’interno di Israele e da una pressione internazionale che si liberi dai tanti interessi a ridisegnare il Medio oriente e a fomentare guerre.

La situazione in Cisgiordania e la pulizia etnica

Noi vogliamo dire quello che vediamo in Cisgiordania. Dobbiamo attestare una occupazione israeliana che procede con tutte le armi e su tutti i fronti:

  • Lunghi anni di occupazione del suolo, dell’acqua e delle vie di comunicazione;
  • distruzione dei campi profughi con le ruspe, incarcerazioni senza capi di imputazione, tortura; 

suddivisione del territorio in tante riserve accerchiate da check point, insediamenti e strade riservate ai coloni;

Come sapete, altri 22 nuovi insediamenti sono stati autorizzati e secondo Smotrich, ministro delle finanze: “Oggi abbiamo fatto un grande passo per rafforzare lo Stato di Israele. Il passo successivo sarà la sovranità”.

Molti infatti sanno che è imminente l’annessione del 60% dei Territori occupati a partire dalla Valle del Giordano, contro ogni legalità internazionale.

Questo obiettivo accelera un secondo enorme problema a cui noi assistiamo: una evidente pulizia etnica perché Israele ha di fronte la questione demografica. Il popolo palestinese non è emigrato in massa e non ha smesso di resistere, ancorato alla sua terra. Se si vuole la Terra bisogna espellerlo il più possibile.

Altre nuvole all’orizzonte

È ancora più chiaro in questi giorni il pericolo di conflitti sempre più vasti per almeno due cause:

  • l’attacco lanciato all’Iran sotto il pretesto della difesa preventiva e con l’approvazione di tanti leader occidentali;
  • il progetto di costruzione del Terzo Tempio nella Spianata delle moschee…

Come si può stare fermi? Qualcosa si può fare.

Per concludere

L’art. 11 della nostra Costituzione che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali dev’essere una stella polare per il nostro stato e non continuamente aggirato. Proprio nei momenti più complessi la costituzione mostra la sua sapienza e la strada.

Cessi dunque il commercio delle armi italiane con Israele.

Si difendano le istituzioni internazionali nate per tutelare il diritto internazionale e dirimere le contese.

E tutti come popolo, associazioni, chiese, cittadini, ci si opponga alle politiche di riarmo.

Le chiese stesse sono sfidate a interrogarsi sul realismo del vangelo, sul senso della non-violenza, sui suoi strumenti.

Infine, noi crediamo a una dimensione spirituale dei conflitti, a un mistero di male alla loro radice. Non è una dimensione che scavalca la responsabilità civile e politica, ma una dimensione sovrannaturale che per un credente si deve affrontare con la preghiera e la disponibilità all’offerta di sé. Diceva Martin Luther King: “Qualcuno deve avere abbastanza fede e moralità per spezzare la catena dell’odio e iniettare dentro la stessa struttura dell’universo l’elemento forte e potente dell’amore”.

La morte degli inermi e degli innocenti, delle migliaia di bambini uccisi nel mondo ogni giorno, a Gaza dal 7 ottobre e a Montesole nel 1944 sia un grido che invoca la pace: “La loro fine sembrava solo la vittoria della Bestia ma era la vittoria dell’Agnello” (G. Dossetti, Omelia per le professioni monastiche, 15.8.1984) – cioè, per chi crede, l’Innalzato sulla croce per amore degli uomini.

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