III Quaresima: Al pozzo

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Nella III domenica di Quaresima dell’anno A si legge il lungo brano dell’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Sicar (Gv 4,5-42). Ne riportiamo qui solo l’inizio, versetti 5-10.

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

L’acqua, dono prezioso

La terra di Israele è nota per essere arida, e le scarse piogge costringono i suoi abitanti a cercare modi sempre più efficaci per risparmiare e conservare quel bene prezioso, generatore di vita, che è l’acqua. Forse per questo nell’Antico Testamento gli incontri più importanti, quelli che danno inizio a storie nuove, avvengono ai pozzi; forse per questo una delle metafore più efficaci del desiderio, della tensione verso Dio, è la sete.

Questo lungo racconto dell’evangelista Giovanni è dunque pieno di simboli e percorsi che hanno al centro questo elemento fondamentale: l’acqua.

L’acqua disseta, e Gesù per primo manifesta alla donna il suo desiderio di ricevere da lei quel dono prezioso. La sua è prima di tutto una sete umana, che insieme alla stanchezza è segno della sua piena partecipazione alla storia anche fragile e corporea di ogni uomo, ma rimanda anche al desiderio del suo cuore divino, assetato della fede dell’uomo e venuto per attrarre tutti a sé.

È però soprattutto la samaritana ad essere guidata a riconoscere e ad esprimere la sete del suo cuore, il suo bisogno di amore, di attenzione, di essere accettata e amata per quello che è, di trovare una fonte che plachi per sempre la sua ricerca di felicità.

L’acqua lava e purifica, e Gesù offre un’acqua che promette novità di vita, trasformando quel pozzo da punto di arrivo a nuova partenza, verso la missione, verso il futuro, verso la speranza. La samaritana vede ora che la sua storia, pur accidentata, è stata da Gesù accolta, perdonata, sanata, perché ogni vita, benché mescolata con il peccato, sotto lo sguardo di Gesù può ripartire, diventare lieto annuncio per altri.

Dall’acqua si nasce alla fede

L’acqua è anche segno dello Spirito Santo, quello Spirito che abita dentro ciascun uomo, senza eccezioni, e nel quale si diventa capaci di comunicare con Dio, di adorarlo, di diventare sempre più simili a lui, di scoprirlo come compagno divino delle nostre giornate.

E dall’acqua si nasce, alla vita ma anche alla fede, e questo brano evangelico era molto usato nell’antichità per la preparazione al battesimo, che è quel modo meraviglioso con cui Dio ci immerge nella passione, morte e risurrezione di Gesù, ci dona la vita nuova di Figli e di risorti.

Questo racconto ci avvolge con i suoi simboli e ci coinvolge perché in questo incontro tra Gesù e una donna della Samaria è in fondo rappresentata l’esperienza di ciascuno di noi.

In esso sperimentiamo quanto Gesù ci cerchi, ci “stani” dai nostri nascondigli, desideri condurci verso la nostra felicità; in esso vediamo che anche la nostra storia, se diamo a Dio il diritto di entrarvi, diventa luogo sacro dove lui stesso viene incontro a noi.

Questa è la fede, incontro vivo con Dio vivo, percorso di conoscenza di sé e delle proprie “seti”, cammino di conoscenza di Dio, che per primo ci attende, ci accoglie, che è “colui che parla con noi”. Questa è l’esperienza cristiana, storia di chi non si stanca di andare a quel pozzo che è la sua Parola, ad ogni ora del giorno, per cercare quell’acqua viva che può dissetare, donare significato e vita, vita, vita in abbondanza.

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