Santa Maria Maddalena: è festa!

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Dina Cormik: Mary of Magdala (1986)

Dina Cormick: Mary of Magdala (1986)

Per tre anni, dal giugno 2009 fino a pochi mesi prima della sua morte, il card. Carlo Maria Martini tenne sulle pagine del Corriere della Sera una rubrica mensile in cui rispondeva ad alcune fra le lettere inviategli dai lettori del quotidiano. Il 30 gennaio 2011 la biblista e teologa Maria Luisa Rigato gli scriveva così:

Amatissimo Cardinale, parliamo di «viva Tradizione». Nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 l’espressione «viva Tradizione» ricorre molto frequentemente. Finora, a quanto so, nessuna delle Associazioni teologiche ha mai messo l’argomento seriamente a tema in un convegno. Le pongo qui due domande limitatamente ad altrettanti esempi, che, a mio avviso, evidenziano le conseguenze di cattiva esegesi e di cattiva ermeneutica. 1) È «viva Tradizione» l’insegnamento del disprezzo per gli Ebrei, espresso anche nella nostra Liturgia, ripudiato finalmente dal Concilio Vaticano II? 2) È «viva Tradizione» — per giunta irriformabile come affermano alcuni teologi—ciò che di fatto è delirio di superiorità nei confronti della donna, per giustificare la sua esclusione dal ministero ordinato? Mi torna sempre in mente il Logion di Gesù, il quale in polemica intragiudaica risponde ai suoi interlocutori: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini… annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,8.13).

Alle puntuali domande di Maria Luisa Rigato, altrettanto puntualmente Martini rispondeva:

Auspico con lei che si faccia chiarezza con serietà e metodo sul significato di «viva Tradizione». Certamente nessuna forma di disprezzo può essere considerata come «tradizione» né, ancor meno, come «evangelica». Il versetto di Marco da lei citato ne è il fondamento. Nei Vangeli l’immagine della donna emerge quanto mai prediletta rispetto a molte delle figure maschili. Il dato più schiacciante in questo senso è il presentarsi del Risorto ad una donna come prima e assoluta testimone. È una donna che evangelizza gli evangelizzatori. La Chiesa in questo senso ha ancora molto da scoprire.

Chi è Maria Maddalena?

Chi è la donna che, con sintesi potente, il card. Martini definiva “evangelizzatrice degli evangelizzatori”? La domanda è tutt’altro che scontata e banale: interrogarsi sull’identità di Maria Maddalena e riflettere sulle forme e sui modi della ricezione della sua figura significa entrare con sguardo lucido nelle piegature non sempre trasparenti delle tradizioni che, nel corso dei secoli, hanno informato e sostanziato di sé ciò che la Chiesa chiama Tradizione.

Cercare una risposta alla domanda “Chi è Maria Maddalena?” ci porta a fare i conti non solo con i testi che sono entrati nel canone, ma anche con quelli che dal canone sono stati esclusi, con testi, cioè, che ci permettono di intravedere la pluralità di voci, posizioni e sensibilità che animava il dibattito apertosi nei primi secoli della Chiesa in merito al ruolo che le donne dovevano e potevano rivestire all’interno delle comunità.

Gli stessi testi canonici, d’altro canto, quando toccano la figura di Maddalena non ci propongono una prospettiva unanime e concorde, ma lasciano emergere una significativa dimensione polifonica, a dimostrazione del fatto che le vie della trasmissione dottrinale sono, se non infinite, di certo non univoche.

Secondo Giovanni

Il vangelo di Giovanni, al capitolo 20, fa di Maria Maddalena la protagonista principale del giorno della risurrezione: «Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, entrano, vedono la tomba vuota, i teli e il sudario, e se ne tornano di nuovo a casa, perché non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Maria, invece, non se ne va, rimane fuori dal sepolcro, in lacrime. Ed è qui, con questa donna che rimane anche quando tutti se ne sono andati, che rimane anche quando non ci sono più ragioni per rimanere, che si apre il dialogo che cambia la storia:

Si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.

Secondo Matteo

Anche nel vangelo di Matteo, come in quello di Giovanni, è a una soggettività femminile che viene consegnato da Gesù il primo mandato dell’annuncio della risurrezione. Ma, mentre in Giovanni, Maria Maddalena assume un ruolo di assoluta preminenza per il costituirsi della comunità di fede, perché è a lei per prima che Gesù si rivela ed è lei a portare il primo annuncio agli altri discepoli, in Matteo, Maddalena è presentata non da sola ma insieme all’altra Maria, la madre di Giacomo. A loro appare l’angelo, invitandole a non avere paura: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”».

E mentre, con timore e gioia grande, le due donne corrono in fretta dai discepoli, Gesù stesso si fa loro incontro: «Ed ecco Gesù venne loro incontro e disse: “Salute a voi!”. Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”».

Secondo Luca e secondo Marco

Rispetto a Giovanni e Matteo, Luca ridimensiona in modo deciso la figura di Maria Maddalena, collocandola nel gruppo delle donne che, recatesi al sepolcro al mattino presto, ricevono l’annuncio della risurrezione da due uomini in abito sfolgorante.

Dopo aver ricordato il nome della Maddalena insieme a quello di Giovanna e di Maria madre di Giacomo, Luca dice che sono loro e anche le altre, che erano con loro, a raccontare queste cose agli apostoli. Ma l’affidabilità della parola femminile è labile, come rileva lapidariamente l’evangelista: Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Ci vorrà Emmaus e l’apparizione di Gesù ai discepoli riuniti a Gerusalemme, perché le parole delle donne vengano finalmente accolte come verità di fede.

Anche nel vangelo di Marco, come in Giovanni, Maria di Màgdala è la prima a cui Gesù appare risorto ed è la prima a portare l’annuncio ai discepoli. Ma, come Luca, anche Marco sottolinea in modo sbrigativo che la testimonianza della Maddalena viene giudicata del tutto priva di credibilità: in fondo è soltanto una donna, che cosa ci si può aspettare?

«Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero».

Secondo Paolo

Corinto era una popolosa e vivace città portuale. Posta sull’istmo che separa la Grecia continentale dal Peloponneso e il mar Ionio dal mar Egeo, era dotata di due porti, uno affacciato sull’omonimo golfo e l’altro sul golfo Saronico.

Nella Grecia antica si era ritagliata una certa fama per la numerosa presenza di prostitute, tanto che l’aggettivo “corinzia” poteva essere usato come sinonimo di meretrice o per qualificare una donna spregiudicata e di liberi costumi. Dal nome della città derivava anche il verbo korinthiazein, “vivere alla maniera corinzia”, vale a dire facendo la prostituta o il protettore.

A Corinto Paolo visse dalla primavera del 50 fino al termine dell’estate del 51; partito dalla città, mantenne i contatti con la neocostituita comunità attraverso lo scambio epistolare. Nella Prima lettera ai Corinzi, a distanza di circa vent’anni dalla morte di Gesù, Paolo risponde alle obiezioni sollevate da alcuni cristiani della comunità in merito alla risurrezione dei morti.

Corinto, città di mare, aperta ai traffici, ai commerci e alle più disparate influenze culturali, restava, di fondo, una città greca e, per i greci, la risurrezione della carne suonava come una grossolana fantasia. Per Paolo era importante, dunque, anzi decisivo, attestare in modo credibile, come incontestabile verità di fede, la morte e risurrezione di Gesù: Se Cristo non è risorto, vuota è allora la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede.

Ora, se teniamo conto che la parola “donna”, a Corinto, evocava immagini equivoche; che le donne, tanto nel mondo greco quanto nel mondo ebraico, erano considerate così inaffidabili da non poter essere chiamate se non in casi eccezionali a testimoniare in tribunale; che sulle donne greche pesava come un macigno la perentoria affermazione di Pericle, secondo cui la donna migliore è quella della quale, nel bene o nel male, non si parla mai, ecco che si può ben capire come la scena della risurrezione, così fitta di presenze femminili nei Vangeli, nella lettera ai Corinzi di Paolo non possa che dispiegarsi nel segno di una esclusività tutta al maschile:

A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.

Paolo copre Maddalena, e con lei tutte le altre, col mantello dell’invisibilità: nella catena nominale dei testimoni del Risorto ogni nome di donna è espunto e, in tanto silenzio, la dimensione apostolica di Maddalena e la forza della sua testimonianza vengono inesorabilmente destinate ad eclissarsi e a scomparire.

Secondo Gregorio

La scomparsa della dimensione apostolica e testimoniale di Maria Maddalena non ha comportato, però, il venir meno del “personaggio” della Maddalena, che anzi è, in assoluto, fra i santi e le sante più rappresentati nella storia dell’arte occidentale.

Mentre, nella tradizione ortodossa, il culto di Maddalena si sviluppò legandosi alla figura delle mirofore, le donne portatrici di aromi, cui è dedicata una speciale liturgia la terza domenica di Pasqua, la Chiesa latina ha sovrapposto e fatto coagulare in Maria Maddalena diverse immagini femminili, ricavate dai testi evangelici e dalle agiografie.

Decisive sono state, a questo proposito, le parole di papa Gregorio Magno. Anche se nessuna evidenza scritturale permette di collegare la possessione di spiriti maligni con peccati legati alla sfera della sessualità, alla fine del VI secolo papa Gregorio sostenne che a Maria Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni (Lc 8,1-2), dovevano essere riferiti sia il passo lucano in cui un’anonima prostituta, in casa del fariseo Simone, si era rannicchiata ai piedi di Gesù, li aveva bagnati con le sue lacrime, asciugati con i suoi capelli e cosparsi di olio profumato (Lc 7,36-38), sia il passo del vangelo di Marco in cui a Betania una donna, non indicata per nome ma tradizionalmente identificata con la sorella di Marta e Lazzaro, due giorni prima della Pasqua aveva compiuto un gesto analogo a quello della peccatrice, versando nardo profumato sul capo di Gesù (Mc 14,1-9).

L’autorevolezza di papa Gregorio conferì valore dottrinale a questa identificazione che, ripresa e diffusa da numerosi autori attraverso scritti di carattere teologico e pastorale e rinforzata dalla potenza simbolica dei gesti liturgici e delle raffigurazioni pittoriche e statuarie, portò alla cristallizzazione dell’immagine di Maddalena come peccatrice pentita. Il tutto a discapito del suo ruolo di evangelizzatrice, come ha ben dimostrato la scrittrice e artista sudafricana Dina Cormick in un dettagliato lavoro dedicato alla rappresentazione visiva di Maria Maddalena attraverso i secoli.

Tra peccato e pentimento

L’iconografia tradizionale di Maddalena come prostituta pentita e redenta ci consegna alcuni elementi immediatamente riconoscibili: il vaso con l’unguento profumato, il cromatismo rosso delle vesti e, soprattutto, i lunghi capelli sciolti.

Il vaso di unguento rimanda tanto alla mirofora quanto alla peccatrice che versa il profumo sui piedi di Gesù e alla donna che versa il nardo sul suo capo; il rosso è il colore tipico degli abiti delle prostitute ma, allo stesso tempo, è il colore simbolo per eccellenza dell’amore; per quanto riguarda i capelli sciolti sulle spalle, è interessante osservare come alla peccatrice che «molto ha amato» si sia andata nel tempo sovrapponendo la figura di Maria Egiziaca, la prostituta che, dopo la conversione, si era ritirata nel deserto a vivere in povertà assoluta, coperta soltanto dei suoi lunghissimi capelli.

L’immagine di Maria Maddalena come prostituta, ravveduta e fedele nel suo amore per Gesù, ma deprivata delle prerogative apostoliche attestate dalle Scritture, è stata funzionale all’esclusione delle donne dai ruoli ministeriali.

Replicato in infinite variazioni, il tema della donna peccatrice che soltanto attraverso l’erta via dell’ascetismo penitenziale riesce a domare la propria seducente sessualità ha infinite volte confermato allo sguardo maschile il concetto della peccaminosità e pericolosità della donna, ianua diaboli.

Allo stesso tempo, però, questa donna che in Cristo trova una possibilità di riscatto e di vita nuova, qualunque sia stato il suo passato, è potuta entrare in risonanza profonda con la sensibilità femminile, costretta da sempre a fare i conti con le estremizzazioni del modello idealizzato e irraggiungibile – come ancora canta una canzone in uso nelle nostre liturgie – rappresentato dalla Madre di Cristo, e del modello totalmente negativo incarnato dalla madre di tutti i viventi, la seduttiva e tentatrice Eva.

Il successo della rappresentazione di Maria Maddalena come peccatrice pentita si deve anche al suo farsi paradigma di un femminile che, superando la dicotomia Eva-Maria, riesce a tenere in sé le due polarità di peccato e santità.

Evangelizzatrice degli evangelizzatori

anita3Ma la Maddalena dei Vangeli non si è mai del tutto perduta. Dall’Inghilterra del XII secolo ci giunge uno splendido codice miniato, il Salterio di Sant’Albano, in cui è presente una raffigurazione di Maria Maddalena evangelizzatrice che annuncia agli apostoli la risurrezione. Il Salterio fu commissionato dalla badessa e mistica Christina di Markyate.

Christina, che aveva scelto Cristo e la vita monastica lottando tenacemente e con coraggio contro imposizioni e pregiudizi familiari, ritrovava in Maddalena, testimone e annunciatrice del Risorto, la possibilità di rileggere e dare autorevolezza evangelica anche alle proprie scelte di vita e alla propria vocazione.

Sarà un’altra donna, Luisa di Savoia, madre del re di Francia Francesco I e della celebre letterata Margherita d’Angoulême, a commissionare al teologo e umanista francese Jacques Lefèvre d’Étaples un importante lavoro di ricerca filologica su santa Maria Maddalena.

Nel 1517 l’umanista pubblicò il saggio De Maria Magdalena et triduo Christi Disceptatio, in cui confutava Gregorio Magno e la sua erronea associazione della figura di Maria Maddalena con quella della prostituta. La facoltà teologica parigina dichiarò pericolose le affermazioni di Lefèvre d’Étaples, che riuscì a salvarsi dalla condanna di eresia solo grazie all’intervento personale di Francesco I.

Ci vorranno ancora quattro secoli prima che per Maddalena evangelizzatrice inizi il definitivo riscatto: soltanto nel 1969, dopo la riforma liturgica del Calendario romano voluta dal concilio Vaticano II, Paolo VI rigettò ufficialmente l’identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice e con Maria di Betania.

Da memoria a festa

Un ulteriore passo è stato compiuto nel 2016 quando, attraverso un Decreto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, papa Francesco ha elevato la memoria di santa Maria Maddalena al grado di festa, proprio per sottolinearne il singolare ruolo di prima testimone del Risorto ed evangelizzatrice.

Significativo il testo del nuovo prefazio, che mette in rilievo l’azione di Maria Maddalena «apostola degli apostoli»:

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,proclamare sempre la tua gloria, Padre, mirabile nella misericordia non meno che nella potenza, per Cristo Signore nostro. Nel giardino egli si manifestò apertamente a Maria di Magdala, che lo aveva seguito con amore nella sua vita terrena, lo vide morire sulla croce e, dopo averlo cercato nel sepolcro, per prima lo adorò risorto dai morti; a lei diede l’onore di essere apostola per gli stessi apostoli, perché la buona notizia della vita nuova giungesse ai confini della terra.

Al decreto è allegato un articolo a firma di mons. Arthur Roche, segretario del Dicastero. Il card. Roche, dopo aver commentato i contenuti del decreto, così conclude: «Ella è testimone del Cristo Risorto e annuncia il messaggio della risurrezione del Signore, come gli altri Apostoli. Perciò è giusto che la celebrazione liturgica di questa donna abbia il medesimo grado di festa dato alla celebrazione degli apostoli nel Calendario Romano Generale e che risalti la speciale missione di questa donna, che è esempio e modello per ogni donna nella Chiesa».

Parole pericolose, card. Roche. Perché – come ricorda Adriana Valerio –, se cancellare il ruolo di apostola di Maria Maddalena ha bloccato per secoli i ruoli ministeriali delle donne, riscoprire questa dimensione decisiva della sua figura non può che favorire un profondo ripensamento dell’istituzione e dell’identità ecclesiale.

Le donne leggono, pensano, scrivono, studiano, dipingono, cantano, pregano, e raccontano storie.

E oggi, con Maria Luisa Rigato e i suoi studi biblici che riprendono intuizioni di Girolamo e Origene, possono pensare a Maria come alla “Magdalena” – non una semplice indicazione toponomastica (“di Magdala”), ma un epiteto che, a partire dal sostantivo ebraico magdala, torre di Dio, e dal verbo gadal, accrescere, fa della Magdalena la “Resa grande”, la “Magnificata”.

E, con i dipinti di Dina Cormick, possono immaginare Maddalena mentre, con i piedi nudi, un fiore tra i capelli e il cuore che scoppia di gioia per la certezza d’avere incontrato il Risorto, corre felice a portare la buona novella a uomini che, dubbiosi e impauriti, se ne sono rimasti chiusi dentro le loro case.

Bibliografia

Marinella Perroni e Cristina Simonelli, Maria di Magdala. Una genealogia apostolica, Aracne 2016.
Adriana Valerio, Maria Maddalena. Equivoci, storie, rappresentazioni, il Mulino 2020.
Carla Ricci, Maria Maddalena. L’Amata di Gesù nei testi apocrifi, Claudiana, Torino 2017, pp. 121, € 14,50.
D.M. Cormick, The Visual Portrayal of Mary Magdalene: a Case Study in Feminist Ethical Issues, University of South Africa, Pretoria, 1992 in https://uir.unisa.ac.za/bitstream/handle/10500/17929/dissertation_cormick_dm.pdf?sequence=1
Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti: la celebrazione di Santa Maria Maddalena elevata al grado di festa nel Calendario Romano Generale, 10.06.2016 (in https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/06/10/0422/00974.html).

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