
Scrivo queste cose per caso. Se fossi stato un credente osservante, ortodosso, non sarei qui, e probabilmente non le direi. Ma per caso, provvidenza, karma o tao, mi sono capitate una serie di accidenti che ho preso sul serio mentre forse avrei potuto scrollare le spalle, e sono arrivato qui e una esperienza fuori dalla Chiesa ma vicino alla Chiesa.
Un pastore per il mondo, un pastore per la Chiesa. Una Chiesa per i poveri. Una Chiesa per la pace. Una Chiesa che dia il senso della vita e del Cristo.
Sono tutti legati, ma non con nodi facili semplici. Sono contorti e indiretti, paradossali.
Per i poveri: il capitalismo, la modernità ha fatto più per i poveri dei sistemi antichi. C’è un segnale semplice per dimostrarlo. L’allungamento della vita media, l’aumento della popolazione, il miglioramento della qualità della vita.
Questo capitalismo certo ha anche creato nuove forme di sfruttamento della popolazione che prima non esistevano. Forse ha portato alla luce e codificato, quindi limitato, forme di oppressione sociale che prima erano mascherate, sterminavano milioni di deboli e concentravano tutta la ricchezza e il potere nelle mani esclusive di pochissimi.
Il capitalismo in altre parole ha portato libertà e democrazia, e oppressione palese, non più nascosta. Questo non significa giustificare l’oppressione, ma almeno nel capitalismo c’è un modo per limitare e combattere l’oppressione che prima e in altri sistemi è più difficile. La Chiesa deve essere al centro di questa dialettica difficoltosa nell’accettazione della complessità del moderno.
Per la pace: il vecchio adagio dice si vis pacem para bellum. Questa idea spesso è stata la scusa che ha mascherato la corsa alla guerra, e dato che la guerra era giusta poi poteva essere anche santa e giustificata dalla religione di turno. Ciò non deve essere possibile. Ma non può essere possibile anche un pacifismo assolutista: giustificherebbe l’attacco e il massacro degli innocenti che non avrebbero diritto a ribellarsi e difendersi, ma dovrebbero solo farsi uccidere dal prepotente di turno. Ciò approverebbe l’oppressione e paradossalmente la guerra ingiusta.
Ciò significa che la via della pace vera è complicata, non lineare deve essere cercata con grande pazienza e accanimento. E la Chiesa deve essere al centro di questa ricerca fastidiosa, puntuale, instancabile e concreta di pace. Anche qui, come per i poveri, il diavolo è nei dettagli, ma occorre fuggire dalle generalizzazioni generiche.
La questione di Cristo: anche qui è semplice e non è semplice. In un mondo dove per la prima volta in milioni di anni l’animale umano sembra avere una vita senza limiti per l’allungamento dei suoi anni e la moltiplicazione dei suoi simili, gli uomini in realtà si sentono dei mostri, zombie o vampiri, vivi che in realtà sono morti e che hanno bisogno di uccidere per continuare a vivere senza anima.
Questo dilemma esistenziale è particolare degli ultimi 150 anni e probabilmente si intensificherà nei prossimi secoli proprio con l’allungamento della vita e la moltiplicazione della popolazione. A questo il cristianesimo e la chiesa offre una risposta unica, pratica: l’eucarestia, il dono, o se si vuole l’illusione per un momento, di una vita eterna e innocente, libera da colpe, nella congiunzione con Cristo.
Si può credere nella verità di questa cosa o meno, ma anche al di là della fede si tratta di una favola bellissima che fa vivere ogni giorno forse un po’ meglio e con meno angoscia. La Chiesa può offrire questa “favola” a tutti gli uomini di qualunque fede. Non si tratta di far passare esami di teologia, ma di offrire una parola di speranza a otto miliardi di persone e non chiudersi nel cortile dei fedeli fidati. Cristo non parlava a se stesso ma a gente che non credeva e spesso non voleva credere.
Senza la voce della Chiesa, gli oppressi possono solo trovare la violenza radicale per opporsi al sistema esistente. Le istituzioni globali per il dialogo, come le Nazioni Unite, stanno cedendo, e non c’è un sostituto. Se la Chiesa non interviene con una diplomazia aggiornata, il mondo avrà un vuoto che sarà riempito di violenza. Se la Chiesa non porta Cristo a tutti, Cristo abbandonerà semplicemente la Chiesa.
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Queste tre cose forse sono il senso vero che ha aperto Papa Francesco con il suo papato e forse devono essere le missioni concrete del nuovo Papa.
Scrivo queste cose per caso. Se fossi stato un credente osservante, ortodosso, non sarei qui, e probabilmente non le direi. Ma per caso, provvidenza, karma o tao, mi sono capitate una serie di accidenti che ho preso sul serio mentre forse avrei potuto scrollare le spalle, e sono arrivato qui e una esperienza fuori dalla Chiesa ma vicino alla Chiesa.






Vorrei un papa meno mediatico, meno appariscente e maggiormente attento all’invisibile, allo spirituale. Un pochino più normale, intento a svolgere il proprio ruolo di padre e pastore, più rispettoso delle leggi canoniche e un po’ più dedito alla preghiera e alla riflessione. Meno uomo di piazza e più persona del tempio…
Ai mondiali ci si scopre allenatori, al conclave ci si scopre elettori. Magari la riflessione da fare non è “il Papa che vorrei io”, ma “o Signore, illuminami per accogliere il Papa che vuoi Tu”. Altrimenti si parte col piede sbagliato… proseguendo peggio
“A questo il cristianesimo e la chiesa offre una risposta unica, pratica: l’eucarestia, il dono, o se si vuole l’illusione per un momento, di una vita eterna e innocente, libera da colpe, nella congiunzione con Cristo. Si può credere nella verità di questa cosa o meno, ma anche al di là della fede si tratta di una favola bellissima che fa vivere ogni giorno forse un po’ meglio e con meno angoscia. La Chiesa può offrire questa “favola” a tutti gli uomini di qualunque fede. Non si tratta di far passare esami di teologia, ma di offrire una parola di speranza a otto miliardi di persone e non chiudersi nel cortile dei fedeli fidati. Cristo non parlava a se stesso ma a gente che non credeva e spesso non voleva credere”.
La chiesa che fu definita “ospedale da campo” in questi giorni da un cardinale è stata definita “bisognosa di un ospedale da campo”. La chiesa non ci offre un dono che è una illusione di eternità ma, attraverso il Sacramento dell’Eucaristia, ci offre la certezza dell’eternità come lo stesso Cristo ci ha consegnato:” chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna”. E si potrebbe continuare. San Giovanni Paolo II in visita al miracolo Eucaristico di Siena, onore e gioia che mi è stata riservata insieme a un confratello monaco disse: “è la Presenza!”. Quindi basta con queste favole di illusioni legate a una chiesa che, privilegiando a ragione gli ultimi, ha poi fatto di Cristo uno sconosciuto o un mito. Un mio maestro di spirito, il venerabile don Tonino Bello, cantore di Maria e del Figliolo Gesù:” i cristiani sono grandi consumatori di sacro ma scarsi cercatori di santità”. Nella storia della chiesa si è sacralizzato di tutto, i cardini dottrinali tengono appena, uscite e spinte, comunione in mano o in bocca a secondo della propria visione di comando e padronanza o dittatura pastorale, ma le chiese sono terribilmente vuote, i giovani lontani, i Sacramenti ridotti a ticket sociali e tutto in nome di una sinodalità che ad oggi ha ancora miriadi di cantieri aperti.
Caro don Angelo avete trasformato la Chiesa cattolica in una istituzione politico-sociale . Di sacro non c’ e’ piu’ nulla. Un giovane mi ha detto Perche’ dovrei annoiarmi ad andare alla Messa! Tanto posso fare volontariato e neppure il parroco ci crede piu’ ai sacramenti !