«L’uomo circuìto dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole, gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l’evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose».
Nel metaverso
Ciò che Uberto Eco scriveva nel Diario minimo (1963, p. 70), i Padri del Concilio vennero chiamati a studiare, anche a valutare, il potere di fascinazione, oltre che di evasione del sogno generato dai mass media.
Certo, la gerarchia ecclesiastica attuale si è aperta ormai a tutto tondo ai nuovi mezzi di comunicazione e perfino al metaverso, termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash, un libro di fantascienza cyberpunk del 1992, in cui si alludeva a un’immensa sfera nera, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada, su cui ognuno poteva creare ciò che desiderava in 3D: un insieme di spazi virtuali da creare e da esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico.
Non è un caso che, pur non negando i rischi di evasione e fascinazione, la Home page del sito internet vaticano proponga oggi un twitter quotidiano (ormai dal 12 dicembre 2012), gli highlights degli eventi più importanti, i repertori fotografici e i video degli eventi di grossa risonanza e, soprattutto, oltre ad aprire un account nella piattaforma di microblogging, c’informa meticolosamente su ogni atto pontificio o vaticano che abbia comportato una presa di posizione verbale, con l’intenzione di rendere più efficace ed essenziale la comunicazione.
Del resto – come ricorda Rita Marchetti citando Heidi Campbell – «la Chiesa Cattolica è stata presumibilmente la prima istituzione religiosa ad abbracciare internet, a creare un sito web e a dettare una politica ufficiale sull’uso di internet per i membri delle sue comunità».
Dal 7 novembre di quest’anno parte una tre giorni del convegno interuniversitario che si tiene a Roma sul tema “60 anni di meraviglie. Storicità e attualizzazione del Decreto conciliare Inter mirifica” (4.12.63), patrocinato dal Dicastero per la comunicazione in collaborazione con tre atenei pontifici: Santa Croce, Lateranense e Salesiana: il convegno intende riproporre le novità del documento alla luce della contemporaneità mediale e, si potrebbe aggiungere, del metaverso.
Tanta acqua è passata sotto i ponti…
La medesima istituzione – che aveva inaugurato l’Index librorum prohibitorum – la cui prima edizione ufficiale, risale al 1559 con Decreto di Paolo IV e che sarà soppresso soltanto il 14 giugno 1966 – non ha più paura della diffusione delle idee mediante qualunque mezzo di comunicazione.
Nel 1559, con Decreto del papa Paolo IV, entrò in vigore il primo Indice pontificio di libri proibiti, detto Indice Paolino, seguito da un secondo Indice, promulgato dal papa Pio IV nel 1564. Il 4 aprile 1571 fu addirittura istituita la Sacra Congregazione dell’Indice, alla quale spettava il compito di esaminare libri e pubblicazioni e di condannare i testi contenenti errori contro la fede o la morale cristiana, inserendoli in un apposito catalogo, al cui aggiornamento era deputata la Congregazione stessa.
Lo scopo, legittimo e sempre attuale, di salvaguardare l’integrità della fede e dei costumi, solo a metà Novecento sarà rubricato come un “impegno morale”, come si legge nella Notificazione della Dottrina della fede che sopprime l’Indice:
«l’Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi» – anche con l’aiuto della Santa Sede, che conserva il diritto-dovere di riprovare anche pubblicamente gli scritti pericolosi – da certe letture, «ma in pari tempo avverte che l’Indice non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure» (Notificazione riguardante l’abolizione dell’Indice dei libri).
La realtà meravigliosa della diffusione delle idee con qualunque mezzo
Davvero meravigliose appaiono, perciò, le trasformazioni dell’atteggiamento della Chiesa che si susseguono prima, ma soprattutto dopo il Vaticano secondo, a proposito della comunicazione e della diffusione delle idee. Molte di esse risultano indotte dall’onda lunga del Decreto Inter mirifica.
Meravigliose, mirifica appunto, chiamò il Concilio, nel 1963, le cose relative agli antichi e new media. Si apriva l’era dell’apertura alle meraviglie. Di esse, anzi, il Magistero farà progressivamente come una punta di diamante per la diffusione della dottrina teologica e morale e ne aggiornerà, perciò, periodicamente il coordinamento. Così, nel Rescritto del 23.06.2018, papa Francesco deciderà che la Segreteria per la comunicazione si chiami, d’ora in poi “Dicastero per la comunicazione”.
La Segreteria era stata istituita nel 2015 dal medesimo papa, con lo scopo che tutte le realtà, le quali, in diversi modi, fino a quel giorno si erano occupate della comunicazione, venissero accorpate in un nuovo Dicastero della curia romana, in cui far confluire Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali; Sala Stampa della Santa Sede; Servizio Internet Vaticano; Radio Vaticana; Centro Televisivo Vaticano; L’Osservatore Romano; Tipografia Vaticana; Servizio Fotografico; Libreria Editrice Vaticana.
Insomma, ai nostri giorni la Chiesa stessa si configura come una vera e propria “macchina della comunicazione”, che intende raggiungere, per questa via, il mondo intero, in una sorta di missionarietà digitale. È quanto si ricava chiaramente da Predicate evangelium (Costituzione apostolica sulla curia romana, 19 marzo 2022):
«Il Dicastero provvede alle necessità della missione evangelizzatrice della Chiesa utilizzando i modelli di produzione, le innovazioni tecnologiche e le forme di comunicazione attualmente disponibili e quelle che potranno svilupparsi nel tempo a venire» (art. 183 delle Norme generali).
La nuova fase inaugurata da Inter mirifica
È, questa di papa Francesco, la Costituzione che registra, dunque, come una nuova fase della strategia comunicativa e missionaria della Chiesa e che esplicitamente raccoglie e rilancia, nel cambiamento d’epoca, l’eredità del Decreto conciliare Inter mirifica.
Come ha ricordato Enrico Barbagli, alla luce del motu proprio Superno Dei nutu di papa Giovanni XXIII (30 maggio 1960), alle dieci Commissioni conciliari fu aggiunto un Segretariato per trattare i problemi attinenti ai moderni mezzi di divulgazione del pensiero: stampa, radio, televisione, cinema ecc. L’idea originaria, probabilmente fu quella di un organismo incaricato di assistere, durante il Concilio, i giornalisti e, in genere, il mondo dell’informazione, ma in aula i Padri trovarono poi, nel volume degli Schemi da trattare, anche quello che sarebbe diventato il futuro Decreto.
Nell’approvarlo a larghissima maggioranza il 4 dicembre 1963, fu scelto come titolo, appunto, Inter mirifica (Tra le meravigliose invenzioni tecniche). La forma del Decreto parve la più opportuna e la più ovvia poiché, senza compromettere le conclusioni di una ricerca e di un’esperienza che era, all’epoca, appena avviata, poneva disciplinarmente e concettualmente le premesse della ricerca stessa, stabilendo una precisa e unitaria, anche se generica, linea di condotta pratica.
I contenuti del Decreto conciliare
Il Decreto proponeva una breve (appena 24 paragrafi), ma fondamentale, «esposizione di principi dottrinali e di norme» (n. 24), riguardanti gli strumenti considerati dai Padri come ultimo (allora) atto dei “capolavori” dell’ingegno umano, non senza l’auspicio che, «come già avvenne con i capolavori delle arti antiche, così anche da queste invenzioni recenti sia glorificato il nome del Signore» (n. 24).
Il denominatore comune prescelto fu, dunque, quello delle invenzioni tecniche (frutto dell’ingegno umano, con l’aiuto di Dio) e l’etichetta preferita fu quella di strumenti di comunicazione sociale. Nell’elenco conciliare compaiono: la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili, a cui oggi si aggiunge la lunga fila dei new media, fino al metaverso.
Come mai degli strumenti di per sé non aventi rilevanza teologica o morale diventano oggetto di attenzione e di interesse? Perché questi strumenti sono giudicati dai Padri ambivalenti, cioè potrebbero essere adoperati bene, ma anche contro i disegni del Creatore, provocando danni all’umanità (n. 2).
In quanto strumenti di comunicazione, tuttavia, la Chiesa ormai rivendica di poterli usare per diffondere il Vangelo e comunicare i propri valori morali. Il che richiede preparazione, soprattutto nei fedeli laici, nonché lo studio del «modo di agire proprio di ogni strumento, cioè la sua forza di suggestione» (n. 4).
Di lì a qualche anno, Marshal Mc Luhan – dopo la conversione, sarà profondamente mariano, andrà a messa quasi ogni giorno, e come ricorda il figlio Eric recitava il rosario in famiglia praticamente tutte le sere – avrebbe lanciato il metaforico ossimoro del villaggio globale, appunto per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione sociale, tramite l’avvento del satellite che aveva permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo fosse diventato piccolo e avesse assunto i comportamenti tipici di un villaggio.
Di qui ci spieghiamo anche lo sviluppo serrato del primo dei due capitoli del Decreto conciliare, in cui si enumeravano le questioni a quel tempo ritenute più controverse.
In primo luogo, l’informazione, cioè la ricerca e la diffusione di notizie: essa è dai Padri giudicata utilissima e anzi, per lo più, una necessità e un diritto degli esseri umani; purtuttavia, il Concilio ricorda che il retto esercizio di tale diritto esige che la comunicazione sia sempre verace quanto al contenuto e, salve la giustizia e la carità, completa; inoltre, per quanto riguarda il modo, si chiedeva che la comunicazione fosse onesta e conveniente, cioè rispettasse rigorosamente le leggi morali, i diritti e la dignità dell’uomo. E ciò vale sia fuori che dentro il mondo ecclesiale.
Non è un caso che papa Benedetto XVI, a seguito della scoperta dell’antisemitismo del vescovo Williamson, a cui egli aveva rimesso la scomunica, abbia ammesso – di fronte alle polemiche emerse proprio in riferimento allo scarso uso dei mezzi di comunicazione che avevano ben avvertito della questione antisemita del vescovo lefebvriano – nella Lettera ai vescovi riguardo alla remissione della scomunica ai quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre (10.3.2009), il riconoscimento dei troppi errori nel controllo delle fonti di notizie:
«Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie».
Le questioni controverse del Decreto
Il primo capitolo del Decreto conciliare Inter mirifica affrontava le questioni controverse delle relazioni tra i diritti dell’arte – come si suol dire – e le norme della legge morale: il primato dell’ordine morale oggettivo, insistono i Padri, dev’essere rispettato da tutti.
Inoltre, a proposito dell’esposizione, descrizione o rappresentazione del male morale, che può accadere nell’uso dei media, si affermava che è necessario attenersi fedelmente alla legge morale, per cui tutti dovrebbero adoperarsi, anche mediante l’uso di questi strumenti, alla formazione e diffusione di rette opinioni pubbliche.
È in quest’orizzonte che va compresa la serie di interventi pontifici e vaticani sul retto uso dei media; s’illumina così anche l’accenno di papa Francesco alla pornografia digitale: «Una realtà che tocca i sacerdoti, i seminaristi, le suore, le anime consacrate. Avete capito? Va bene. Questo è importante» (Discorso a braccio del 24.10.2022 ai sacerdoti e seminaristi che studiano a Roma).
Il male, infatti – continuava il primo capitolo di Inter mirifica – si verifica in particolare quando si versa il proprio denaro a quanti adoperano tali strumenti unicamente a scopo di lucro; quando gli utenti – particolarmente i giovani – non sono addestrati, ad un uso moderato e disciplinato di questi strumenti; quando giornalisti, scrittori, attori, registi, editori e produttori, programmisti, distributori, esercenti e venditori, nonché i critici, non sanno conciliare i propri interessi economici, politici e artistici in modo da evitare ogni opposizione al bene comune.
La vera e giusta libertà d’informazione è, insomma, indispensabile alla società per il suo progresso (oggi, affermiamo, anche mediante il sistema dei garanti); ma insieme, il Magistero – particolarmente nel secondo capitolo del Decreto conciliare – raccomanda d’incrementare la stampa onesta, di assicurare la produzione e la programmazione di film atti a garantire un sano divertimento e pregevoli per valori culturali ed artistici (innanzitutto film per la gioventù), a sostenere in modo efficace i programmi radiofonici e televisivi moralmente sani, soprattutto quelli adatti all’ambiente familiare.
Di qui ci spieghiamo le sempre ricorrenti esigenze di formazione (anche tecnica e culturale, oltre che morale) dei sacerdoti, religiosi e laici, per usare con la dovuta competenza questi strumenti a scopi apostolici, di programmazione finanziaria ed economica, stanti le difficoltà tecniche o le spese ingentissime, che i media richiedono.
Non è un caso che il Decreto, cioè direttamente il Concilio, istituisca una speciale “Giornata” nella quale i fedeli siano istruiti sui loro doveri in questo settore e i vescovi aiutati a vigilare e a promuovere nelle proprie diocesi le iniziative e le attività.
Il penultimo paragrafo dell’Inter mirifica, il n. 23, rimanda perciò i criteri per l’applicazione pratica di tutti i principi e le norme del Concilio alla pubblicazione di un apposito Direttorio pastorale, che sarà pubblicato otto anni dopo con il titolo Communio et progressio (La comunione/comunicazione e il progresso).
Una promessa da fare volentieri
Per verificare quasi con mano questo crescendo di attenzioni e preoccupazioni, basta scorrere documenti e iniziative ecclesiastiche che si sviluppano dopo il Concilio: si va dall’“Istruzione” – firmata il 23 maggio 1971 dalla Pontificia commissione per le comunicazioni sociali – che definiva i mass media «indispensabili nei rapporti sempre più fitti e stretti e nelle attività della società odierna» – fino agli ultimi interventi, come il Discorso rivolto da papa Francesco al Capitolo generale della Società San Paolo il 18 giugno 2022, allorché, parlando “a braccio”, egli ricorda che
«se noi prendiamo i mezzi di comunicazione di oggi: manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La dis-informazione è all’ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre. Dobbiamo far sì che nella nostra comunicazione di fede questo non succeda, non accada, che la comunicazione venga proprio dalla vocazione, dal Vangelo, nitida, chiara, testimoniata con la propria vita».
Già la Aetatis novae (All’approssimarsi di una nuova era) – promulgata dal Pontificio consiglio per la comunicazione sociale il 22 febbraio 1992 – andava al nocciolo di tale questione, ovvero al condizionamento globale esercitato dai media, sugli atteggiamenti religiosi e morali, sui sistemi politici e sociali, sull’educazione. A sua volta, la Nota pastorale della Chiesa italiana dopo Palermo (1996), riconosceva testualmente che «la cultura odierna, in Italia e nel mondo, è diffusa e plasmata dai media in misura così rilevante che alcuni non esitano a parlare di rivoluzione antropologica».
In questa medesima linea, nel febbraio 2002, il Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali pubblicò il documento Etica in internet, esprimendo il punto di vista cattolico su internet quale punto di partenza per ogni dialogo con ogni altro settore sociale e religioso. Il tutto convergerà nel Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa (Comunicazione e missione», giugno 2004), e sarà sviluppato nei Messaggi annuali per la Giornata delle comunicazioni sociali.
Con papa Francesco, «non possiamo nasconderci che in questo tempo, oltre alla pandemia, si diffonde l’“infodemia”, cioè la deformazione della realtà basata sulla paura, che nella società globale fa rimbombare echi e commenti su notizie falsificate se non inventate. A questo clima può contribuire, spesso inconsapevolmente, anche il moltiplicarsi e l’accavallarsi di informazioni, commenti e pareri cosiddetti “scientifici”, che finiscono per ingenerare confusione nel lettore e nell’ascoltatore» (Al Consorzio internazionale dei media cattolici, 28 gennaio 2022), resterà, in ogni caso, una pietra miliare per tutti quanto papa Luciani promise il 1° settembre 1978 ai rappresentanti della stampa internazionale:
«La sacra eredità lasciataci dal Concilio Vaticano II e dai nostri predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, di cara e santa memoria, sollecita da noi la promessa di un’attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. È una promessa che volentieri vi facciamo, consapevoli come siamo della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell’uomo moderno».
A mo’ di conclusione
Un cammino, dunque, ormai avviato e non privo di difficoltà, attraversando il tempo e lo spazio, che, come per tutto il sistema dei media, potrà avere un approdo felice e umano solo se non si perderà di vista il vero senso della comunicazione, quello che lo scrittore Paulo Coelho descriveva con poche parole, cariche di dolcezza e verità: «Amare significa comunicare con l’altro e scoprire in lui una particella di Dio».
✠ P. Vincenzo Bertolone S.d.P.