
Flavio Lazzarin, presbitero della diocesi di Coroatá MA e membro della Commissione pastorale della Terra, e Claudio Bombieri, presbitero missionario comboniano e operatore pastorale con i Guajajaras del Maranhão, propongono una riflessione sul pericolo che il messaggio evangelico perda la sua carica profetica e testimoniale.
Nel Vangelo di Giovanni (Gv 20,1-9), Maria Maddalena trova il sepolcro vuoto e insistentemente, per tre volte, ripete «hanno portato via il Signore». La scomparsa del corpo di Gesù, il “figlio dell’uomo”, la sua insopportabile assenza, semina nel suo cuore il sospetto che qualcuno possa averlo nascosto o sequestrato e che deve esistere un colpevole, il responsabile della scomparsa del Signore.
Hanno portato via il Signore!
E forse Giovanni, ricordando il protagonismo profetico di Maria Maddalena, discepola anticonformista del crocifisso, il cui coraggio emerge di fronte alla grande dispersione, alla delusione collettiva del gruppo e alla conseguente spaventosa immobilità degli apostoli, vuole parlare specificamente delle comunità dell’Asia Minore.
Queste, infatti, già alla fine del primo secolo rischiavano di nascondere la testimonianza di Gesù, riducendo il discepolato all’ambito della mera pratica dei riti religiosi “sequestrando/dimenticando” la dimensione martiriale costitutiva della vita cristiana. Così, Maria Maddalena e Giovanni prendono atto e denunciano l’ovvio scandaloso: «hanno portato via il kurios!».
Oppure, come ci ricorda sempre Giovanni nel Vangelo della domenica di Pasqua, il gruppo di Gesù finge di contemplarlo e di riconoscerlo vivo rimanendo rinchiuso, senza sentirsi effettivamente inviato dal suo Spirito a «infilare dita e mani» nelle piaghe di innumerevoli crocifissi, cosa che fa il coraggioso Tommaso!
Il fascino del potere
Sarebbe una distrazione imperdonabile ignorare che chiamare Gesù Signore, κuριος, kurios, anche per Giovanni e Paolo, significa porsi in netta e polemica contrapposizione all’unico kurios riconosciuto come divinità politica, l’imperatore romano.
L’adesione nella fede all’unico Signore comporta l’infedeltà politica e l’opposizione ai kurios imperiali. Questa disobbedienza, fin dall’inizio, segna i primi passi del movimento cristiano con la persecuzione e il sangue dei martiri.
Come dimenticare l’opposizione di Gesù all’Impero Romano narrata nel Vangelo di Marco, quando la diabolica legione (la X Legione Fretense?) che abita in un cimitero e tormenta l’indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20), viene espulsa ed entra in un gregge di maiali immondi che si gettano in un abisso?
Nicea sembra negare questa Parola, perché è Costantino, il kurios di turno, che organizza e paga le spese del primo concilio ecumenico della Chiesa.
E quando il kurios non viene più identificato come l’anticristo, il diabolico concorrente dell’unico Signore, la Chiesa comincia ad essere segnata dalla logica imperiale e Gesù Messia diventa il Pantocratore. E i riti religiosi e l’abbigliamento della corte dei vassalli clericali prendono il posto della profezia, del martirio e della militanza missionaria di tutto il popolo di Dio.
Da quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’Impero Romano, gli unici che reagirono evangelicamente a questo tradimento furono i monaci. Sembra che ci dicano anche: «hanno portato via il kurios!». Il monachesimo appare come una risposta martiriale, di rifiuto e di isolamento dal mondo e dalle insidie del potere, della ricerca mistica e ascetica del Signore. Un cammino di conversione al Regno di Gesù, che vada oltre l’opportunismo congiunturale e una concezione della convivenza, apparentemente pacifica e innocua, con il potere politico.
Non possiamo, tuttavia, ignorare che questa dialettica tra kurios è già presente nel Nuovo Testamento, al punto da affermarsi come norma normans della complessa fedeltà alla comunione ecclesiale.
Può servire da esempio la tensione presente nella comunità di Roma negli anni 65-70, il tempo di Nerone, tra la pericolosa radicalità dei martiri e la “prudenza” dei difensori del cristianesimo come religio licita, che troviamo descritta nel Vangelo di Marco (Mc 3,21).
In questo versetto, Gesù è considerato pazzo dai suoi parenti, come succedeva, allo stesso modo, nella comunità di Roma, dove molti erano convinti che fosse semplicemente una follia autopunitiva opporsi al sistema e all’ideologia dominanti.
E questo avviene molto prima del pacifismo di Clemente Romano, negli anni ’90, anticipando di qualche secolo la conciliazione con l’impero, che si realizzerà pienamente nel IV secolo, con Costantino e Teodosio.
Convivere o reagire?
Troviamo nell’epistolario paolino un’ulteriore testimonianza di questa dialettica normativa tra due stili di vita cristiana: ad esempio, le lettere ai Colossesi, agli Efesini, la seconda ai Tessalonicesi, la prima e la seconda a Timoteo, la lettera a Tito, optano per un pacifico inserimento delle comunità nel contesto sociale, culturale e politico in cui vivono, mentre nelle lettere ai Romani, ai Galati e anche nella lettera a Filemone, la sfida profetica della testimonianza esplicita prevale contro un cristianesimo eminentemente giuridico e ritualistico, più interessato alla dottrina che alla fede, in contrapposizione alla sequela di Gesù di Nazaret ispirata dalla profezia.
Queste contraddizioni non devono scandalizzarci, perché fanno parte dell’insieme normativo della Parola di Dio che ci fa capire che la vita cristiana e la riflessione teologica plurale sono la “norma normata” dalla norma normans, la Parola di Dio, che non rifugge dall’aporia e dal conflitto, che è costitutivo di tutte le epoche della storia della Chiesa e che ci accompagnerà fino alla Parusia.
Ricordiamo anche che lo stesso Concilio Ecumenico Vaticano II rivela questa duplicità, dove l’ispirazione evangelica e la fedeltà a una certa interpretazione della Tradizione sono presenti nell’evento e in tutti i documenti. E questo dilemma può certamente essere descritto, non risolto, con una permanente riflessione teologica e, quindi, va affrontato e vissuto in modo naturale e fraterno nelle comunità.
Vale la pena ricordare anche la rivoluzione mistica di Francesco e Chiara, ispirati dal Vangelo letto e obbedito sine glossa, scelto come unica norma della vita comunitaria in alternativa al diritto civile e al diritto canonico.
Nonostante la sconfitta, suggellata dai suoi stessi fratelli, lo stigmatizzato Francesco non rompe la comunione ecclesiale, attitudine che non funzionò con gli gnostici e i catari dei primi secoli, e in seguito, con Occam, gli albigesi, gli hussiti e con Lutero che bruciò, insieme alla bolla che lo condannava, una copia del Corpus Iuris Canonici.
Come non notare che il protestantesimo luterano, sorto come sogno di fedeltà al Vangelo contro la corruzione di Roma, finì per cadere, ai suoi inizi, nelle stesse trappole del potere politico quando, pregando il Padre Nostro, benedisse lo sterminio dei contadini ribelli di Thomas Müntzer!
Non siamo solo di fronte ai peccati politici della Chiesa cattolica perché, fin dall’inizio, e anche nella tragica congiuntura nazista, la Chiesa luterana è stata ostaggio del potere politico o “la mano sinistra di Dio”, riuscendo a non perdersi definitivamente solo attraverso la fedeltà alla Parola di Gesù della “Chiesa confessante” e la testimonianza di Dietrich Bonhoeffer, che non accettò passivamente l’eliminazione di milioni di crocifissi paradossalmente responsabilizzati dalla morte del Crocifisso di Nazareth!
Non è possibile, poi, nascondere lo scandaloso sequestro del “Martire della Galilea”, praticato dall’attuale delirante leader maggiore della chiesa cesaropapista della “terza Roma” quando questi si allea alla dittatura pan-russa putinista.
Le tante voci “silenziate”
Come seppellire la memoria delle profezie latinoamericane di altri coraggiosi sconfitti, come Bartolomeu de las Casas e Antonio de Montesinos che, costretti dalla presenza del Risorto e della sua Parola, si rifiutarono di assecondare la Chiesa che li aveva inviati e che sequestrava il corpo ferito e straziato del Risorto impresso sui corpi schiavizzati e seviziati di milioni di indigeni delle Americhe, vittime delle atrocità genocide dei conquistatori che si definivano cristiani?!? E che riduceva la Pasqua al Venerdì Santo, “evangelizzazione” che sequestrava la Risurrezione e sanciva l’identificazione delle vittime con il crocefisso.
Anche Antônio Viera era un difensore degli indigeni, ma se riusciva a condannare la schiavitù degli indigeni, non arrivava a vedere la sofferenza degli africani deportati e schiavizzati. Un tragico esempio di come le circostanze geopolitiche, la forza ideologica del sistema dominante e una certa teologia elaborata ad hoc a Salamanca, che concedeva la libertà solo agli autoctoni ma non a coloro che venivano deportati da altre terre, potessero accecare anche gli spiriti più saggi e generosi.
È una tensione che persiste nelle posizioni antigiuridiche, radicali o moderate del periodo postconciliare. Pensiamo, ad esempio, alla teologia di Leonardo Boff, nel libro Chiesa, carisma e potere. E ricordiamo che è stato condannato dalla Congregazione per la dottrina della fede. E con Boff, è necessario ricordare la lunga lista di coloro che sono stati processati e condannati: Hans Küng, José Maria Castillo, Gustavo Gutierrez, Antonio Estrada, Jacques Dupuis, Ivone Gebara, Lavinia Byrne, Jon Sobrino, Bernard Häring, Charles Curran, Marciano Vidal, Roger Haight, Eugen Drewermann, Tissa Balasuriya, Yves Congar, Edward Schillebeeckx, Piet Schoonenberg…
Non erano solo i teologi: erano le Chiese e i popoli, con i loro sogni di vita in pienezza e di giustizia, ad essere negati e nascosti.
Qualcosa sta cambiando?
Dopo decenni caratterizzati dalla difesa della dottrina, sembra che qualcosa sia cambiato con papa Francesco, ma sarebbe ingenuo credere che non siano a rischio coloro che, nella storia della Chiesa, rappresentano il carisma, la profezia, il martirio e la perenne novità del Vangelo, in opposizione ai poteri di questo mondo: minoranze soggette a persecuzione, diffamazione e morte.
In effetti, anche questi dodici anni di pontificato di Francesco ci hanno mostrato questa perenne tensione tra il Vangelo dove il messaggio e la pratica storica di Gesù di Nazareth prende forma e opera concretamente nella vita quotidiana delle persone e la tradizione giuridica e dottrinale che, in nome di una presunta ortodossia e fedeltà a Gesù stesso, finisce spesso, per diluire o addirittura nascondere il suo potere di trasformazione. È a questo filone che il defunto vescovo di Roma, secondo alcuni “scribi” del diritto canonico, avrebbe in gran parte disobbedito.
Si tratta di un confronto impari tra una storia incontrastata e millenaria di Chiese variamente compromesse con il potere politico e la testimonianza dei rari profeti disarmati e destinati alla sconfitta, perché, mai sedotti dal desiderio di vincere, non fuggono però dal conflitto.
“Oltre” e “contro”
Per questo è urgente riproporre oggi la polemica domanda di Maria Maddalena: «hanno portato via il kurios!», e indagare, senza paura: “chi l’ha sequestrato?”, “perché l’hanno nascosto?”, “dove l’hanno nascosto?”, essendo chiaro che la nostra denuncia non è compresa da coloro che ci negano come fratelli, membri della stessa famiglia ecclesiale. E che a causa di questa sfrontatezza messianica, possiamo essere perseguitati – chissà – come eretici e traditori.
La nostra storia ci insegna che questo conflitto costitutivo e normativo può essere gestito solo nel contesto della fraternità e della sororità ecclesiale o, nel peggiore dei casi, può portare a soluzioni scismatiche dolorose e antievangeliche.
Se la polarizzazione si afferma come insormontabile e le convinzioni fanatiche rimangono impermeabili a qualsiasi discussione e mediazione, scommettere sul dialogo non è altro che ingenuità volontarista.
Così, dovremmo imparare di nuovo che il discernimento passa necessariamente attraverso la Croce di Gesù, che è la vittoria definitiva sul potere assoluto e condizionante della morte e dei suoi frutti: l’arroganza e la truculenza del Tempio e del Palazzo.
Pensare e fare politica come Gesù e con Gesù comporta una conversione all’“oltre” di Gesù, al suo Regno, che non è costruito secondo le forze e le metodologie di questo mondo, perché va “oltre” i meri accordi congiunturali, diplomatici e opportunistici, oltre le corporazioni ideologiche che tendono sempre a impadronirsi della religione per ridurla a strumento di difesa dello status quo degli imperi, o all’ambito, ben più modesto, ma terribilmente efficace, delle strategie elettorali.
Un “oltre” che dovrebbe essere anche un “contro”, soprattutto quando il cuore del cristianesimo – prima ancora che il movimento cristiano stesso – viene sequestrato e manipolato per fungere da sostegno ai nuovi fascismi che negano la presenza concreta e storica dell’unico vero kurios.






Eh, quanto la matrice anarchica di almeno uno degli autori, traspare e feconda la riflessione.
Grazie!
Un’analisi priva di alcun riferimento spirituale… Non sorpassa le nubi e dunque resta al livello di mera discussione umana, dove uno è per Boff il perseguitato e l’altro per Giovanni Paolo II santo. Nessuna capacità di rapportarsi alla trascendenza! Gesù ci ha indicato la strada dello Spirito, l’ unica che ci libera davvero.
La Chiesa attuale è così perché ha alle spalle una storia fatta da quell’intreccio tra politica e religione che in Occidente prende il nome di “christianitas”. Con questo intreccio bisogna fare i conti, soprattutto in una società che appare sempre più secolarizzata (quella occidentale di intende). Cfr. https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2020/10/cattolicesimo-borghese3.html.
Il fatto che un’istituzione che ha fatto così tanti errori continui ad esistere è la prova dell’esistenza di Dio.
Il tempio simbolo del potere religioso e il palazzo simbolo del potere politico sono i due poteri che hanno ammazzato Gesù. Ricordiamocelo sempre.