Repole: L’annuncio è un dono da donare

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Dalla comunione con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, nasce una vita nuova insieme a tanti altri fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da annunciare: ecco il senso della missione (papa Francesco, dal messaggio del 9/6/2019 per la Giornata missionaria mondiale 2019).

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Di Roberto Repole, docente di teologia sistematica presso la sezione torinese della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, nell’ottobre 2019 era uscito, per i tipi dell’editrice Queriniana, La Chiesa e il suo dono. La missione fra teo-logia ed ecclesiologia: un poderoso e impegnativo volume, inserito nella prestigiosa collana Biblioteca di teologia contemporanea e diretto essenzialmente ai cultori delle scienze teologiche. SettimanaNews ne ha ospitato due recensioni il 13 aprile 2020 e il 12 agosto 2020.

Di Repole è fresco di stampa Il dono dell’annuncio. Ripensare la Chiesa e la sua missione (Edizioni San Paolo, gennaio 2021). Un libro più agile e altrettanto intenso che, nei suoi nove capitoli alla portata anche di chi non ha familiarità con gli studi teologici, tratta la stessa tematica affrontata in termini approfonditi in La Chiesa e il suo dono.

Tematica di decisiva importanza riguardante la natura costitutivamente missionaria della Chiesa, riassumibile in un interrogativo che dovrebbe responsabilmente porsi «ogni cristiano che voglia mettersi alla sequela di Cristo» (p. 10).

In che modo, secondo quale forma e con quale stile la Chiesa può davvero essere, come la sogna papa Francesco, in uscita missionaria, senza abdicare alla propria identità e senza farlo con modalità improponibili in un contesto sociale complesso e problematico, segnato da una secolarizzazione che fragilizza la fede anche dei cristiani, da una globalizzazione che, assolutizzandone il mito tecnocratico ed economico, provoca diseguaglianze e gravi violazioni della dignità umana, da un pluralismo religioso strutturale che ha come effetto una relativizzazione della visione cristiana della vita e del mondo?

La categoria del dono per immaginare la Chiesa in uscita missionaria

Il saggio del teologo torinese ha l’obiettivo di proporre un percorso teologico ricco di spunti per la prassi pastorale delle nostre Chiese, che sia contemporaneamente non solo utile ad evitare che l’invito impellente ad una Chiesa in uscita missionaria rimanga «uno slogan svuotato di contenuto e spessore spirituale per la vita dei credenti e delle comunità cristiane» (p. 6), ma anche «capace di illuminare in modo nuovo la realtà e, possibilmente, di appassionare perché si aprano nuove strade, si avviino nuovi processi, si instaurino nuove prassi» (p. 7).

Che la Chiesa, in qualunque luogo e situazione si trovi ad esistere, sia strutturalmente missionaria e chiami a responsabilità tutte le persone battezzate per comunicare al mondo la gioia del Vangelo è un dato acquisito a livello teologico. Ciò che, invece, non è acquisito è il modo, la forma, lo stile con cui la missionarietà della Chiesa deve esplicitarsi qui e ora nel nostro mondo occidentale caratterizzato da una cultura non più impregnata di cristianesimo e assimilabile in qualche modo ai cosiddetti “paesi di missione” nei quali il Vangelo non è mai stato annunciato.

Per esemplificare, si pensi – scrive Repole – al calo drastico che in questi ultimi decenni si è avuto nel mondo occidentale dei religiosi e dei ministri ordinati, soprattutto dei presbiteri. «È un dato, quest’ultimo, che in una forma di Chiesa diversa potrebbe anche non risultare così drammatico, ma che in una forma di Chiesa ancora fortemente tridentina, centrata sulla parrocchia e avente nel prete il suo protagonista assoluto, finisce per essere quasi tragico» (p. 20). Ma si pensi anche alla fatica che le Chiese occidentali stanno facendo a trasmettere la fede alle nuove generazioni: «ciò che ha permesso per secoli di trasmettere normalmente la fede di generazione in generazione, oggi sembra incapace di continuare a farlo» (p. 21).

La proposta sistematica di Repole ruota attorno al paradigma del dono, una figura che «appartiene di diritto alla struttura stessa del cristianesimo» (p. 66) e che, grazie anche alla ricca riflessione filosofica e antropologica condotta su di essa negli ultimi decenni, sembra essere particolarmente adatta a pensare e a vivere la missione ecclesiale.

Ad una condizione, però: che Chiese, comunità cristiane (anche le più piccole), credenti in Cristo accettino di sottoporsi alla «fatica del ripensamento e del discernimento all’interno del proprio concreto contesto» (p. 63).

La Chiesa nasce da un dono

Il dono gratuito e disinteressato, che la tradizione teologica chiama anche grazia, «evoca immediatamente qualcosa di bello e di buono, sganciato da ogni forma di imposizione e di violenza e dunque in grado di affermare e valorizzare veramente l’altro e la sua libertà. Al contempo, esso evoca tuttavia qualcosa di reale, di non evanescente e di coinvolgente tanto chi fa il dono quanto chi lo riceve» (pp. 63-64).

La Chiesa è una comunità di uomini e di donne. Ha però una singolarità: alla sua origine e come suo fondamento c’è il dono che Dio Padre fa del Figlio Gesù, culminante nel dono dello Spirito che da Cristo può passare a noi.

Tutta la vicenda terrena di Gesù di Nazaret ci mostra come egli sia vissuto nel dono pieno e gratuito di sé, quale espressione della vicinanza di Dio all’umanità intera. Nel celebre “discorso missionario” riportato dal Vangelo di Matteo Gesù si rivolge ai suoi discepoli così: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente donate» (Mt 10,8). E un detto di Gesù, riportato non dai Vangeli ma dagli Atti degli Apostoli, recita: «Vi è più felicità nel donare che nel ricevere» (At 20,35).

La Chiesa esiste attingendo continuamente al dono che la fa essere. Essa esiste in quanto ininterrottamente e dinamicamente vivificata dallo Spirito il cui nome proprio è «Dono» (p. 99). In quanto esposta costantemente al dono che è lo Spirito, essa è una realtà dinamica e non statica: la Chiesa nasce ogni volta che Gesù viene proclamato e accolto nella fede quale unico Signore del cosmo (p. 104).

Il dinamismo del dono contrassegna la Chiesa in uscita missionaria

Repole è più che mai convinto che gli elementi fondamentali del paradigma del dono possano esserci di aiuto a dare concretezza al concetto di Chiesa in uscita e a restituire al termine “missione” – non di rado sporcato nell’arco della bimillenaria storia del cristianesimo – i tratti evangelici che lo caratterizzano: testimoniare con la vita e, se necessario, annunciare con la parola la vicinanza del Regno di Dio, dono dalla pienezza traboccante. Facendolo con stile ospitale e fraterno-sororale, nella compagnia rispettosa ed empatica degli uomini e delle donne di oggi.

Come il dono, frutto di un’iniziativa personale e libera del donatore, si offre gratuitamente al donatario, liberandolo dalla necessità di restituire, così la Chiesa in uscita missionaria accoglie il dono che la fa esistere, se lo mette a disposizione di altri nell’unica forma possibile: quella gratuita, disinteressata, fiduciosa e libera.

Come colui che dona deve mettere in conto la possibilità che il dono venga rifiutato e respinto, così la Chiesa in uscita missionaria continua, sull’esempio di Gesù, a mantenere aperto il dono anche laddove i relativi destinatari oppongono rifiuto o indifferenza, offrendosi in una generosità inenarrabile affinché tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza.

Come il dono, ancorché gratuito e disinteressato, è in grado di stabilire, custodire e rinsaldare un legame positivo e rispettoso tra donatore e donatario, così la Chiesa in uscita missionaria è in grado di rendere credibilmente disponibile per altri il dono che la fonda solo a misura che permanga in esso e viva ininterrottamente di esso.

Come il dono accolto crea reciprocità buona tra donatore e donatario che implica l’ospitarsi l’un l’altro, così la Chiesa in uscita missionaria, mentre fa partecipare i cristiani della reciprocità di Cristo rispetto al Padre, li rende partecipi della reciprocità con cui Cristo si è rapportato a coloro che sono divenuti i suoi fratelli e le sue sorelle, strutturando gli uni e le altre in una reciprocità fraterno-sororale.

Come il dono accolto richiede di essere dal donatario reso disponibile per altri, innescando un circolo virtuoso di ridondanza, così la Chiesa in uscita missionaria è in grado di effondere il dono laddove i cristiani riescono ad offrire ciò di cui vivono in modo che risulti ugualmente vitale e umanizzante per le concrete persone cui si dirige.

Si può credibilmente trasmettere solo ciò che si vive

Nel contesto di un clima culturale secolarizzato e scristianizzato come il nostro, non c’è nulla che può realmente uscire dalla Chiesa, se nella Chiesa non lo si vive e se non c’è cura meticolosa di quanto si vorrebbe trasmettere agli altri.

Ad altri si può donare solo ciò di cui si fa vitale esperienza. Da donare e da condividere non è qualche «idea» o qualche «concetto di fede», ma l’esperienza di una «realtà vitale nella quale si è graziosamente e gratuitamente coinvolti» (p. 106).

La missione della Chiesa «ha indubbiamente a che fare con una parola da comunicare», ma «tale parola sarà tutt’altro che la comunicazione di un’idea, bensì l’invito a partecipare di qualcosa di esperito e vissuto» (pp- 129-130).

Il che richiede che, in un contesto non tanto di una scomparsa della fede, quanto piuttosto di una sua diffusa fragilizzazione e di «analfabetismo religioso» (p. 12), «tutti i cristiani siano garantiti nello status di una formazione permanente, che non può certo prescindere da una formazione anche teologica» (p. 110) che li aiuti e li sostenga nell’assumere nella loro vita nulla di più e nulla di meno della «forma di Cristo» (Gal 4,19) e del «pensiero di Cristo» (1Cor 2,16). Formazione permanente da strutturare all’interno di percorsi seri, approfonditi e qualificanti. «Essere cristiani non è una decisione fatta una volta per sempre e l’appartenenza ecclesiale non è qualcosa di indiscutibile. La fede e l’appartenenza alla Chiesa è adesione che si rinnova sempre di nuovo, nel mutare delle situazioni, nei diversi tornanti dell’esistenza, nel cambiamento dei tempi, oggi così vorticoso; a contatto con il Dio che continua a donarsi Egli stesso» (p. 135).

La logica del dono: garanzia e protezione della dignità dell’essere umano

Uno dei tratti che contrassegna in profondità il mondo e la cultura attuali è rinvenibile «in una globalizzazione che, insieme ad aspetti certamente positivi e promettenti, porta con sé la tragedia di una mercificazione delle persone, di una loro oggettivazione, di una compromissione radicale della libertà e, soprattutto, di una loro strumentalizzazione» (p. 116).

Con la logica del dono «si afferma che ciascun essere umano non è una merce, non è valore di mercato e lo si può incontrare come persona solo nella misura in cui si rifugga da ogni logica utilitarista» (p. 117).

In tale contesto, «un’altra dimensione fondamentale con cui la Chiesa corrisponde al dono dello Spirito» è lo stile fraterno-sororale che caratterizza o dovrebbe caratterizzare la vita dei cristiani «chiamati ad amarsi di un amore reciproco di agàpe», a valorizzare i doni di cui tutte le persone battezzate sono depositarie, a condividere le fatiche del vivere (p. 112), a sostenersi reciprocamente nella vita di fede (p. 153) e nella prassi di solidarietà e accoglienza «per le persone che sono trattate da scarti della società o per quegli aspetti dell’umano che vengono mortificati e vilipesi in molteplici modi» (p. 136).

Il dono di cui la Chiesa vive non può, inoltre, essere ridotto ad un fatto individuale: esso coinvolge la totalità della vita, compresa la dimensione sociale dal momento che la reciprocità in cui entra è quella di una riconoscenza verso Dio Padre che comporta una fraternità interumana (p. 182).

Quella della Chiesa in uscita missionaria è una reale prassi caritativa nei confronti degli esclusi e marginalizzati della terra, che non si limita alla cura dei loro bisogni, ma punta all’incontro reale e reciproco con essi. Scrive Repole: «Non si può annunciare che c’è uno spazio ospitale in Cristo senza promuovere l’umano e senza adoperarsi rispetto a tutte le forme di marginalizzazione ed esclusione delle persone» (p. 136). E ancora: «Annuncio e promozione umana sono, in realtà, due facce della stessa medaglia» (p. 162). Nella Chiesa in uscita missionaria la prassi ospitale verso tutti coloro che vengono emarginati ed esclusi è un riverbero della reciprocità buona e fraterno-sororale che si vive tra cristiani (p. 164).

Il dono accolto che fa esistere la Chiesa va messo a disposizione di tutti

Nel contesto sociale, come l’attuale, contrassegnato da uno strutturale pluralismo religioso, ha più che mai senso che la Chiesa si impegni in un’attività missionaria esplicita affinché, come si legge nel decreto del Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes (n. 7), tutta l’umanità accolga «in forma consapevole e completa» l’opera salvifica che Dio ha compiuto nel Cristo (p.122).

Pur nella consapevolezza che lo Spirito di Cristo opera ovunque (anche al di fuori dei confini visibili della comunità cristiana), la missione della Chiesa in uscita va pensata in termini di identità cristiana vera e aperta, presupponendo un dialogo rispettoso con credenti di altre fedi religiose che non sfocia in forme di relativismo privo di passione per la verità (p. 49).

Il dialogo interreligioso – specie laddove si traduca anche in forme di collaborazione per affermare giustizia, pace, liberazione a beneficio dell’intera umanità – fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa non solo perché «raggi di quella Verità che illumina ogni uomo» sono presenti in altre tradizioni religiose (dichiarazione del Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane; Nostra aetate, n. 2), ma anche perché, grazie ad esso, la Chiesa, riscoprendo continuamente «l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo» (Ef 3,18-19), ha l’opportunità di purificare l’immagine che i cristiani hanno di Cristo e di Dio (p. 178).

Roberto Repole, Il dono dell’annuncio. Ripensare la Chiesa e la sua missione, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2021, pp. 208, € 22,00.

 

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