
I tradizionalisti (cattolici) radicali e i cattolici reazionari di oggi, pensano di essere veramente fedeli al Magistero, qualunque cosa esso significhi. L’analisi è di Mike Lewis, fondatore ed editor del sito Where Peter Is, che in questi giorni ha pubblicato un’analisi approfondita del bricolage caratteristico di questi anni.
Le reazioni a due documenti ecclesiastici
Risalendo alle teorie di Claude Lévi-Strauss, il noto antropologo francese, Mike Lewis mette in evidenza le contraddizioni di un modo di pensare e di agire che mescola elementi diversi, funzionali ad una visione conservatrice e semplificatrice del mondo, cattolico e non solo.
Al centro dell’attenzione c’è la dicotomia tra “società calde” e “società fredde”, ovvero tra società caratterizzate da un elevato grado di accettazione e di accentuazione della dinamicità, dell’evento, del mutamento, e società tese, invece, a congelare il fluire degli eventi, della storia.
Si vede bene nelle reazioni sopra le righe agli ultimi due documenti diffusi dalla Santa Sede. Il primo – tecnicamente – è un testo ufficiale, la Nota del Dicastero per la dottrina della fede sui titoli mariani. Anche se è stata presentata in una location diversa dalla Sala Stampa, luogo naturale, la Nota ha provocato un’ondata di critiche da parte conservatrice per la richiesta forte e precisa di non utilizzare i termini «corredentrice» e «mediatrice» quando si parla di Maria. Tanto da far gridare a un delitto di lesa maestà da parte del mondo social conservatore USA e non solo.
Il secondo documento, che tale non è, è il rapporto della Commissione sul diaconato, in realtà un resoconto diramato dal suo presidente, il card. Petrocchi. Anche qui diluvio social e insulti comminati a chi ha espresso delle posizioni critiche, come testimonia il livore con cui sono stati accolti i commenti del liturgista Andrea Grillo e della teologa suor Linda Pocher. E la necessità, per una volta, di reagire anche su SettimanaNews, per sottolineare pubblicamente che lo stile di comunicazione interna non deve scadere in questo modo.
Invece, ci stiamo abituando a un mondo cattolico che ne insulta un altro. E con buona pace dell’articolo 220 del Diritto canonico (Can. 220: «Non è lecito ad alcuno ledere illegittimamente la buona fama di cui uno gode, o violare il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità»), ed è – ovviamente – del tutto inapplicabile.
Come influenzare il giudizio
Ma qual è il centro della questione? In realtà ci sono due “centri” della questione.
Il primo lo evidenzia Mike Lewis: «La Chiesa – soprattutto negli insegnamenti di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco – ha costantemente affermato che fede e ragione vanno di pari passo, incoraggiando l’apertura alla ricerca empirica, l’onestà intellettuale e i metodi disciplinati della scienza moderna. Questi papi hanno insistito sul fatto che l’ordine naturale e quello soprannaturale non sono rivali, ma partner nella ricerca della verità, e che la fede autentica non ha nulla da temere dall’indagine scientifica. Molti cattolici, tuttavia, ignorano l’approccio della Chiesa istituzionale. Il tradizionalismo contemporaneo spesso fonde frammenti dell’ideologia americana della guerra culturale con frammenti di teologia morale scolastica, producendo un sistema che sembra tradizionale ma che, in realtà, è un ibrido improvvisato di politica moderna e medievalismo selettivo».
E prosegue: «Ancora oggi, molti cattolici non rispondono ad affermazioni sensazionalistiche con un’attenta ricerca o un’indagine storica. Reagiscono invece con un’intuizione fantasiosa. Una profezia risuona. Una voce “si adatta”. Un influencer ripete un’affermazione. Un simbolo appare minaccioso. La narrazione emotiva si assembla molto prima che le prove vengano prese in considerazione. Le teorie del complotto e le apparizioni apocalittiche non approvate prosperano proprio in questo ambiente fantasioso perché confermano ansie già presenti sotto la superficie. (…) Purtroppo, molti cattolici seguono questa strada. Si affidano a figure di fiducia che interpretano gli eventi per loro conto. Invece di ascoltare il papa e altri leader della Chiesa istituzionale, seguono i loro influencer preferiti, molti dei quali sono regolarmente in contrasto con il Magistero. Tra queste figure figurano padre Chad Ripperger, il vescovo Joseph Strickland e Taylor Marshall, tra gli altri, le cui piattaforme mediatiche si presentano regolarmente come guardiani del cattolicesimo “ortodosso” in contrapposizione al Magistero, al papa e ai leader della Chiesa. Nella loro narrazione, i principali vescovi e praticamente l’intera Conferenza episcopale degli Stati Uniti vengono ritratti come liberali corrotti, modernisti e progressisti».
Come esempio, Mike Lewis cita i due distinti e contrapposti gruppi di seguaci di Veronica Lueken, una casalinga del Queens (New York) destinataria di presunte apparizioni negli anni Settanta, sconfessate nel 1986 dalla diocesi di Brooklyn. «Il movimento di Bayside sopravvive ancora oggi, nonostante la condanna della Chiesa istituzionale, perché offre un universo simbolico. Le apparizioni e le profezie descritte da Veronica Lueken raccontano una storia in cui eventi sconcertanti acquistano un senso».
Il “senso” è una spiegazione semplice del mondo: un papa fa affermazioni sconcertanti perché non è un vero papa, la Tradizione è sempre valida, la verità è la Chiesa di sempre, il male è sempre opera del demonio, comunisti e macchinazioni nascoste vogliono minare il “nostro” sistema e stile di vita, che poi è sempre quello occidentale. E la pandemia sarebbe la risposta di Dio, offeso dal Sinodo sull’Amazzonia e dalle presunte derive sincretistiche.
In queste settimane gira una nuova versione della semplificazione universale. Senza timore di smentite, visto che i protagonisti sono tutti deceduti. Si tratta – come precisa Mike Lewis – della ripresa di interesse – ovviamente strumentalizzata – verso l’ex gesuita Malachi Martin (1921-1999). Negli anni Sessanta egli decise di scrivere romanzi basati su teorie del complotto per un pubblico cattolico in gran parte tradizionalista dopo il successo del suo romanzo sull’esorcismo Hostage to the Devil, da cui venne tratto il film L’esorcista.
«L’opera di Martin ha creato un modello interpretativo che persiste ancora oggi. Le sue insinuazioni su nemici nascosti, profezie represse e gerarchie compromesse continuano a influenzare i cattolici che interpretano gli eventi moderni attraverso lenti apocalittiche. Il suo mondo è simbolico piuttosto che storico, ma offre un modo convincente per organizzare la paura». Secondo questa linea, oggi si diffonde la tesi, costruita ad arte, che Martin sarebbe addirittura stato nominato cardinale in pectore, da Paolo VI.
Nell’era digitale, l’universo simbolico si espande, ad esempio attraverso Sign of the Cross Media, un canale dedicato ad alimentare la paura e l’indignazione nei cattolici facilmente influenzabili attraverso meme e articoli fuorvianti sul mondo del cattolicesimo.
Un altro ramo della divulgazione mediatica è il John Henry Westen Show, un podcast di YouTube che dà spazio a voci estreme, profezie funeste e commentatori dalle credenziali dubbie. Attraverso le sue iniziative mediatiche, intreccia varie affermazioni e asserzioni in una narrazione più ampia di crisi: tradimento ecclesiale, collasso morale e complotti nascosti. Questa struttura narrativa invita gli spettatori a interpretare gli eventi della Chiesa attraverso la logica dell’infiltrazione e dell’apostasia.
Affari e politica
Da qui arriviamo al secondo “centro” della questione. Se, in apparenza, si tratta di «pensiero selvaggio» (Levi-Struss) – rifuggire dalla logica e dalle analisi per rintanarsi nei miti e nei simboli –, nella realtà si nascondono interessi economici precisi. Si tratta di macchine costruite per finanziare e farsi finanziare da gruppi e interessi politici e partitici.
Sui social basti un solo esempio tratto da X, cioè l’apertura di un profilo Catholics for Catholics, «il movimento cattolico in più rapida crescita negli USA», che fiancheggia la politica “cristiana” del presidente Trump basata sulla preminenza dei valori “tradizionali” (qualunque significato si voglia dare) e ribadita nel documento della Casa Bianca sulle linee di strategia di sicurezza nazionale. Una strategia politica, economica, finanziaria, che fa perno sul «disordine informativo» eletto a sistema e regola per seminare dubbio, incredulità, per screditare e diffondere false o manipolate informazioni per generare paura e terrore e far vedere che solo una parte politica può difenderci dai “nemici” interni ed esterni.
Che fare? Qui il compito è davvero difficile, perché la Chiesa cattolica oggi è polarizzata tanto quanto il resto del mondo, grazie alla proliferazione dei siti e dei messaggi senza freno e senza possibilità di controllo. In maniera sottile e capillare, senza che le Conferenze episcopali o la Santa Sede se ne siano accorti, la proliferazione è avvenuta e adesso esiste.
E, purtroppo, c’è ancora poca consapevolezza della situazione e dell’assoluta importanza di dover essere preparati ad esercitare un discernimento radicato nella carità, piuttosto che nella paura.
La missione della Chiesa nell’era digitale non è solo quella di correggere le falsità, ma di guarire l’immaginazione, affinché i cattolici imparino a vedere il mondo non come un palcoscenico per cospirazioni, ma come un “luogo” dove agire in positivo, nella Storia, alla luce del Vangelo e non delle ricostruzioni più fantasiose.
Ma serve consapevolezza. Prima di tutto da parte di chi gestisce e usa i media, soprattutto quelli ufficiali della Santa Sede e delle Conferenze episcopali.






Mi dovete scusare, ma ritengo necessario condividere alcune riflessioni.
A prescindere dai contenuti dell’articolo, che, comunque, non riflettono in maniera puntuale il titolo che è stato scelto per il medesimo, trovo fortemente fuorviante la scelta di presentare questo stesso articolo utilizzando una fotografia chiaramente e ingiustamente polarizzata (permettete anche a me l’uso di questo termine che sta prendendo piede) su di una figura del sacro collegio. Non penso che una scelta di questo genere faccia onore a questo sito e, sinceramente, sarebbe cosa buona e lungimirante – che confermerebbe il ruolo di questo sito come auspicabile luogo di confronto – quella di fare una scelta fotografica diversa e, sempre si auspica, non ingiustamente polarizzata.
Diversamente si cade, anche qui, nelle vituperate dinamiche social …
Grazie.
Ma ci rendiamo conto che si polemizza aspramente con chi vorrebbe dire la Messa in latino mentre si discute tranquillamente con chi ha posizioni post-teiste o mette in dubbio la divinità di Cristo?
Cos’è più importante: suonare la chitarra a Messa o la divinità di Cristo?
Con chi si dovrebbe assumere una posizione puntuta: Burke o Mancuso?
A me le risposte sembrano ovvie ma, evidentemente, mi sfugge qualcosa.
Grazie a Fabrizio Mastrofini per l’utile analisi. Mi permetto solo di fare un’osservazione. I due casi che egli nomina sono in una certa misura simmetrici: nel primo caso si trattava di un intervento «di sinistra» (mi si perdoni la semplificazione e il lessico parlamentare), contro il quale ci sono state forti critiche «di destra», che sono state a loro volta oggetto di controcritiche «di sinistra»; nel secondo caso di trattava di un intervento «di destra», contro il quale ci sono state forti critiche «di sinistra», che sono state a loro volta oggetto di controcritiche «di destra». Se la destra o la sinistra sia stata più animata potrebbe essere oggetto di un bello studio di *sentiment analysis*. Ovviamente, ognuno vede più facilmente la foga altrui perché giustamente ritiene ben fondata la propria. A me pare che da questi e simili casi si potrebbero trarre, oltre a quelle esposte qui da Mastrofini, almeno un altro paio di lezioni. La prima è questa: a volte si ha l’impressione che nei primi passi vi sia (oltre ai limiti notati in questo articolo) un po’ di ingenuità, che oggi non è più permessa. Immaginare le possibili critiche nella comunicazione pubblica oggi non è più un lusso: è una necessità. O forse, anziché fare sforzi di immaginazione, potrebbe essere fatta una consultazione più ampia e significativa, per esempio. La seconda è questa: la differenza di opinioni è inevitabile, forse oggi più che un tempo. Abituarsi al fatto che essa esiste aiuterebbe a non sospettare che chi sostiene idee diverse, a volte *molto* diverse, abbia secondi fini (il che talvolta purtroppo può essere, ma spesso no). La mia impressione è che negli ultimi anni nella Chiesa cattolica si sia regrediti da questo punto di vista. Leggendo il discorso di Pio XII del 22 settembre 1956 ai partecipanti al congresso internazionale di liturgia pastorale (ringrazio Andrea Grillo per averlo segnalato poco tempo fa), mi sono imbattuto in questa espressione ammirevole per la sua sobrietà e realismo, soprattutto se pronunciata da un papa: «quanto alla diversità di opinioni, essa è reale, ma tuttavia non presenta ostacoli insormontabili». Il che ovviamente non toglie che ognuno abbia il diritto e anche il dovere di argomentare e portare avanti le proprie idee.
Le dinamiche social favoriscono la polarizzazione perchè finisce che i progressisti vanno a leggere i siti tradizionalisti scrivendone e il contrario. E’ il vecchio genere della controversistica che torna di moda. Scrivo contro, più per contrastare le idee altrui che per esporre le mie.
Basterebbe pensare ai tradizionalisti in termini ecumenici e sarebbe molto più facile.