Il vertice vaticano sulla pedofilia

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Tra non molti giorni assisteremo al primo dei quattro momenti più importanti di tutto il pontificato di Francesco che avranno luogo durante quest’anno: il vertice contro la pedofilia a cui seguiranno il Sinodo dell’Amazzonia (il prossimo ottobre) e i suoi pronunciamenti sulla riforma della curia e l’accesso, oppure no, delle donne al diaconato, ossia, al ministero ordinato nella Chiesa.

Guardando ai preparativi a questo vertice, che si terrà dal 21 al 24 febbraio, al quale sono stati convocari i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, come anche i responsabili della curia vaticana, si ha la ferma convinzione che il papa Bergoglio sia più che mai consapevole di ciò che è in gioco: «La credibilità della Chiesa – ha ricordato in diverse occasioni – è stata gravemente messa in discussione e indebolita dai peccati e dai crimini, ma soprattutto, dall’aver voluto dissimularli e occultarli».

Per questa ragione, nella conoscenza rigorosa degli abusi sessuali sui minori già adulti vulnerabili, nell’ascolto delle vittime e nella riparazione del danno provocato non solo si giudica la credibilità del suo pontificato, ma, anzitutto e soprattutto, quella della Chiesa.

Come pure sono in gioco nella determinazione e nell’attuazione degli opportuni protocolli che permettano di sapere come procedere quando tornassero a verificarsi e che, soprattutto, facilitino il loro sradicamento.

È una convinzione che rimane rafforzata conoscendo l’équipe a cui è affidato il compito di organizzare questo vertice: il gesuita Hans Zöllner, incaricato di coordinare i lavori preparatori, uno dei maggiori esperti mondiali del problema e da vari anni in prima linea nella sua estirpazione.

Blase J. Cupich, cardinale, arcivescovo di Chicago (Stati Uniti), il secondo di loro, ha dichiarato che oltre ai reati, gli abusi sessuali pervertono il nostro ministero.

Mons. Carlo Scicluna, arcivescovo di Malta, è il terzo. Ci sono coloro che lo chiamano «l’incorruttibile» per la fermezza posta nello sradicare questo dramma. Recentemente è balzato sulle prime pagine di tutti i mezzi di comunicazione per l’intervento tenuto nel caso della Chiesa del Cile e la successiva dimissione in blocco di tutti i vescovi di quel paese.

Il cardinale di Bombay (India), Oswald Gracias, è la quarta persona di questa équipe. Membro del cosiddetto C-6, il gruppo che assiste il papa nel governo della Chiesa, è uno dei principali vescovi asiatici ad aver sensibilizzato i suoi colleghi su questa tragedia del Terzo Mondo.

Ad essi è stato aggiunto, non molto tempo fa, anche Federico Lombardi, anch’egli gesuita, portavoce della Santa Sede dal 2006 al 2016, con l’incarico di moderatore dei dibattiti che si produrranno.

Durante la preparazione di questo vertice hanno chiesto di poter intervenire anche alcuni gruppi di vittime, inizialmente statunitensi, e poi di altri paesi. Senza escludere che lo possano fare, la commissione incaricata di organizzare il vertice ha inviato il 18 dicembre una lettera ai presidenti delle conferenze episcopali sollecitandole a incontrarsi con loro per «conoscere la verità di ciò che è successo», «apprendere di prima mano la sofferenza che hanno sopportato»; «mettere le vittime al primo posto» e «rendersi conto veramente dell’orrore vissuto».

Come sempre, quando, in questo pontificato di Francesco, si assiste ad un incontro ecclesiale di tale o simile importanza, non mancano quelli che, approfittando del clamore mediatico che si instaura, cercano di incrinare la sua leadership (egli è ancora la persona che suscita più fiducia in tutto il mondo), far incagliare la riforma della Chiesa in cui è impegnato e, comunque, mettere a tacere la sua parola libera da ogni vincolo.

Ci sono coloro che cercano di coinvolgerlo nella nomina del vescovo argentino Gustavo Oscar Zanchetta come assessore della APSA, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, denunciato per abusi sessuali, di potere e di coscienza da parte di alcuni sacerdoti della sua diocesi. Non è stato sufficiente che A. Gisotti, portavoce della Santa Sede, abbia comunicato in diverse circostanze che si è avuto conoscenza di tali accuse un anno dopo che il papa lo designasse a questo incarico, né che una volta conosciute le denunce sia stata aperta un’indagine al termine della quale sarà fornita un’informazione completa, né che sia stato rimosso dal suo incarico.

E non mancano quelli che si ritengono delusi per il suo rifiuto di autorizzare un celibato opzionale, argomento che, secondo la loro analisi, sta alla radice di questa tragedia e su cui probabilmente ci saranno operazioni significative nel prossimo sinodo dell’Amazzonia. Adesso – viene loro risposto – non si tratta di discutere questo problema o quello di promuovere al sacerdozio degli sposati. In questo momento, l’argomento principale sono le vittime, la riparazione del danno provocato e la stesura  di protocolli che permettano di sradicare e prevenire in maniera efficace la pedofilia nella Chiesa.

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