
Nell’ambiente del calcio si suol dire che a Roma «è difficile vincere», che gli allenatori «avranno vita difficile» e che, soprattutto, «invecchiano subito e precocemente». Insomma, Roma è una città in cui ci si brucia. Questo vale anche per la Chiesa: quanti vescovi negli ultimi anni sono transitati per la città di Roma? Quante difficoltà ha sperimentato lo stesso papa Francesco in qualità di vescovo di Roma?
Immagino quindi il timore con cui Leone XIV si sarà preparato alla giornata di oggi, dedicata all’assemblea diocesana di Roma. Certo, egli aveva scaldato i motori il 12 giugno incontrando i preti di Roma e rivolgendo loro un discorso pieno di comprensione ma denso di indicazioni: fraternità, esemplarità e sguardo profetico alle sfide del nostro tempo complesso, da abbracciare ed interpretare evangelicamente – come hanno fatto alcuni modelli individuati dal vescovo di Roma in don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani e don Luigi Di Liegro.
Oggi, però, si trattava della prova del fuoco: tutta la diocesi, almeno in rappresentanza, era presente, schierata. Con in testa una domanda: «E mo’ che famo? ‘Nd’annamo?». E lui, dopo i saluti del cardinal Vicario, con quel tratto timido e pacato, sorridente e sussurrante, ha indicato coraggiosamente pensieri e azioni che molto hanno contribuito a far tribolare il rapporto tra Francesco e la diocesi di Roma: Spirito Santo, sinodalità e discernimento.
Il dono che Dio vuole farci è innanzitutto quello dello Spirito: è Lui che, «attraverso il processo sinodale, ha suscitato speranze di rinnovamento ecclesiale», grazie al quale soltanto la Chiesa può e potrà essere sempre di più – con le parole del Concilio e di Francesco – «segno sacramentale» esemplare dell’amore di Dio, «mysterium lunae» che riverbera la luce del «sole di giustizia» e «delle genti».
In definitiva, un rilancio in grande stile della sinodalità, del pensare e agire «insieme», di cui Roma deve diventare concreto e fattivo «laboratorio», alla luce della bussola rappresentata dal Documento finale della XVI Assemblea sinodale (24 novembre 2024). In tal senso, afferma chiaramente Leone XIV, i luoghi in cui possono e debbono mettersi in «relazione» e «dialogo», da un lato, la «partecipazione» e valorizzazione dei doni/carismi dei battezzati e, dall’altro lato, l’«esercizio pacificante e armonioso» dell’autorità sono proprio quegli organismi di partecipazione tanto vituperati sotto il pontificato di papa Francesco.
Dalla parrocchia alla diocesi, passando per le prefetture e i settori, il popolo romano di Dio saprà (e vorrà) finalmente comprendere che non si tratta di «qualche riunione dove si discute insieme di qualche tema per poi tornare, però, a pensare e a vivere la pastorale in modo isolato nel proprio recinto parrocchiale e nei propri schemi»? Ma che, invece, «in un mondo diventato più complesso e in una città che corre a gran velocità e dove le persone vivono una permanente mobilità, abbiamo bisogno di pensare e progettare insieme, uscendo dai confini prestabiliti e sperimentando iniziative pastorali comuni»? Speriamo…
Leone XIV chiarisce infine che la sinodalità è costitutiva della Chiesa proprio perché oggetto del discernimento sono divenute questioni sempre più calde e di difficile risoluzione:
- l’iniziazione cristiana (dai piccoli agli adulti) – che richiede «strumenti e linguaggi nuovi» e «non ripete le cose di sempre, ma offre un nuovo apprendistato»;
- il coinvolgimento di giovani e famiglie, con un «cuore che cerca coloro che l’hanno abbandonata [la fede]» – impostando «una pastorale solidale, empatica, discreta, non giudicante, che sa accogliere tutti e proporre percorsi il più possibile personalizzati, adatti alle diverse situazioni di vita dei destinatari», diventando nell’«affiancarci» loro «compagni di cammino»; «senza tralasciare le questioni che intercettano le passioni delle nuove generazioni ma che interessano tutti noi: la giustizia sociale, la pace, il complesso fenomeno migratorio, la cura del creato, il buon esercizio della cittadinanza, il rispetto nella vita di coppia, la sofferenza mentale e le dipendenze».
Perciò diventa decisiva «la formazione a tutti i livelli», anche «mettendoci in ascolto delle tante competenze che la nostra città può offrire». In definitiva, tra l’acqua della Samaritana e quella di Gesù e dello Spirito Santo, Leone XIV è riuscito a non farsi bruciare da Roma, anzi, bisogna riconoscere che le ha anche proposto una certa rinfrescatina.
In seguito, certo, sarà decisivo comprendere il senso e la direzione del «crescendo missionario» con cui Leone XIV ha congedato l’assemblea diocesana. Il Messia di cui rinnoveremo «il gusto» di annunciare la buona notizia sarà il Gesù che si è recato lui per primo in dei luoghi «eretici»? Quello che ha accolto l’incontro con una donna «eretica» e piena di «magagne»? Quello che ha accettato di poter ricevere da lei qualcosa di cui aveva bisogno, prima ancora di donarle ciò che lei intimamente desiderava? Quello, soprattutto, che per uscire dalle polarizzazioni religiose (ieri dei templi di Gerusalemme e Garizim, oggi delle questioni liturgiche, femminili e LGBTt?) ha spostato il piano dell’adorazione da una verità religiosa che polarizza escludendo alcuni o molti ad una verità spirituale che de- o bi-polarizza includendo molti o tutti (spesso senza richiedere un pentimento previo)?
Un Cristo quindi – come già ho fatto notare (qui) – da cercare sempre altrove: perché Lui stesso ha chiesto di cercarlo altrove (prima ancora di testimoniarlo), perché la verità religiosa che polarizza è sempre (facilmente) già data, mentre quella spirituale che depolarizza, o meglio che bipolarizza, è sempre quella ancora (con molte difficoltà) da trovare…insieme!
- Dal blog Vino Nuovo, 20 settembre 2025







“l’«esercizio pacificante e armonioso» dell’autorità sono proprio quegli organismi di partecipazione tanto vituperati sotto il pontificato di papa Francesco. Non capisco questo sguardo sprezzate verso gruppi, parrocchie, movimenti, assolutamente banditi dal Sinodo!
Caro Adriano Bregolin, non si comprende cosa non capisce. Soprattutto non si capisce di chi è lo sguardo sprezzante. Per quanto mi riguarda chiarivo che quegli organismi di partecipazione tanto vituperati sotto Papa Francesco sono stati immediatamente valorizzati e messi al centro da Papa Leone XIV.
Ripongo tanta fiducia in papa Leone, mi sembra una persona preparata e posata, con una spiritualità profonda e concreta che va al sodo e sa innovare senza strappare, ma in continuità coi predecessori. Penso che il suo modo di fare disponga facilmente tutti all’accoglienza e al rinnovamento, perché mette al primo posto il Signore, mentre per sé sceglie il nascondimento.