Le regole della guerra

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soldatesse a gaza

AP Photo/Tsafrir Abayov

Lo scorso 24 ottobre 2023 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per discutere dell’escalation di violenza nella striscia di Gaza successiva agli attacchi di Hamas a Israele dello scorso 7 ottobre. Nel corso della riunione del Consiglio, Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha richiamato le parti del conflitto al rispetto del diritto internazionale umanitario. «Even war has rules» («Anche la guerra ha delle regole») – ha ricordato Guterres.

Le parti del conflitto in Medio Oriente devono rispettare il diritto dei conflitti armati. Siamo tutti consapevoli che «a monte» del conflitto in corso ci sono aspetti storico-politici terribilmente complessi. Su questi aspetti ci potremmo intrattenere molto a lungo.

Diritto internazionale umanitario

Come sempre si è verificato e si verifica nella storia, si possono trovare ragioni e spiegazioni molto divergenti tra loro. Siamo nel 150° anniversario della morte di Alessandro Manzoni, che nel primo capitolo de I promessi sposi ammoniva: «La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro». Ma questo – ripeto – è quanto potremmo osservare se affrontassimo la dimensione storico-politica.

Un’altra premessa mi pare necessaria. Noi riflettiamo e discutiamo sulla base delle informazioni disponibili. Non dobbiamo, quindi, perdere di vista il fatto che in questo tipo di conflitti la disinformazione, la propaganda, le fake-news, l’uso strumentale delle notizie sono pane quotidiano.

Rimanendo nella cornice del diritto internazionale, vi sono poi gli aspetti di jus ad bellum (o jus contra bellum), relativi alla legittimità dell’uso della forza. Non li affrontiamo qui. Essi, peraltro, sono strettamente connessi alla dimensione storico-politica.

Parliamo ancora, dunque, di diritto internazionale umanitario, il diritto dei conflitti armati, lo jus in bello. Questo ambito del diritto internazionale si riferisce alla condotta delle ostilità, alle modalità di uso della forza nelle operazioni militari (e non, quindi, alla legittimità di questo uso). Le fonti sono norme consuetudinarie, le convenzioni dell’Aja del 1907 e il corpus delle quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e i due protocolli aggiuntivi del 1977.

Lo Stato d’Israele ha ratificato le convenzioni di Ginevra ma non i protocolli, mentre la Palestina (la cui qualificazione come Stato è per alcuni controversa) ha ratificato convenzioni e protocolli. Se consideriamo la Striscia di Gaza territorio palestinese, queste norme convenzionali sarebbero senz’altro applicabili anche ad Hamas, che controlla la Striscia.

Gravi violazioni

In questo conflitto sono state commesse e continuano a essere commesse gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. Provo a richiamarne alcune, consapevole del terribile fatto che probabilmente non le elenco tutte.

L’attacco di Hamas ha prodotto uccisioni deliberate, rapimento di civili, lancio di razzi contro soggetti civili. Ho fatto molta attenzione, e ho usato le parole del segretario generale Guterres nel suo intervento al Consiglio di sicurezza, nel quale – cito – ha «condannato inequivocabilmente» gli «horrifying and unprecedented 7 October acts of terror by Hamas in Israel».

La risposta israeliana, a sua volta, ha prodotto attacchi indiscriminati, migliaia di morti e feriti tra la popolazione civile, estese distruzioni di abitazioni e infrastrutture civili, privazione della popolazione di beni essenziali per la sua sopravvivenza, quali acqua, cibo, medicinali, energia elettrica.

Per certi versi, poi, si configura come «punizione collettiva» del popolo palestinese, dando per scontata la corrispondenza tra Hamas e i palestinesi come popolo. Anche questo costituisce una violazione grave, in quanto appunto punizione collettiva.

Ancora il segretario generale dell’ONU ha affermato con forza che «le rivendicazioni del popolo palestinese non possono giustificare gli orribili attacchi di Hamas e questi orribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese».

Distinzione, precauzione, proporzionalità

Tutti questi comportamenti e atti violano principi e norme del diritto internazionale umanitario. In particolare, vengono violati i principi di distinzione, di precauzione negli attacchi e di proporzionalità, che sono i capisaldi di questo diritto internazionale umanitario.

L’art. 48 del I protocollo di Ginevra è intitolato Regola fondamentale (Basic rule) e statuisce che:

«Allo scopo di assicurare il rispetto e la protezione della popolazione civile e dei beni di carattere civile, le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, nonché fra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari, e, di conseguenza, dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari».

Il diritto relativo alla condotta delle ostilità vieta l’uso di mezzi e metodi di guerra che non siano compatibili con il rispetto di questi principi.

Attacchi estesi condotti su aree densamente popolate sono difficilmente suscettibili di assicurarne il rispetto. La Striscia di Gaza è un territorio di 360 kmq con oltre due milioni di abitanti, e quella che chiamiamo Urban Warfare – il combattimento casa per casa e nelle strade – è una realtà agghiacciante.

«Even war has rules», ha ammonito il segretario generale dell’ONU Guterres, aggiungendo che «dobbiamo pretendere che tutte le parti facciano fronte e rispettino i loro obblighi di diritto internazionale umanitario».

Edoardo Greppi è docente di Diritto internazionale presso l’Università di Torino. Dalla rivista Nuovo Progetto, dicembre 2023, pp. 8-9.

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