
Per cinque giorni i cristiani si sono riuniti ad Hannover in occasione del Kirchentag evangelico tedesco per discutere di questioni relative alla fede e alla società. Tra i partecipanti anche il vescovo cattolico di Hildesheim Heiner Wilmer. La capitale della Bassa Sassonia si trova nel territorio della sua diocesi. In un’intervista traccia un bilancio dell’incontro (le domande sono di Andreas Otto per la KNA).
- Vescovo Wilmer, per la quinta volta il Kirchentag evangelico si è tenuto qui ad Hannover, nel luogo in cui è nato. Come ha vissuto questo incontro tra cristiani?
Per me il Kirchentag di Hannover è stato una gioia e un onore particolari, un vero privilegio. Il Kirchentag si è tenuto qui per la prima volta nel 1949; abbiamo legami ecumenici molto forti. Al Kirchentag ho visto anche molti cattolici. La gente è arrivata da ogni dove: è stata una grande riunione di famiglia. Il tempo è stato clemente, il sole ha brillato per la maggior parte del tempo. C’era, come dicono gli italiani, un po’ di serenità: una calma serena.
- Un ruolo importante durante il Kirchentag e oltre ha avuto la critica della presidente del Bundestag Julia Klöckner, secondo cui le Chiese si esprimono troppo sulla politica quotidiana, “come una ONG”. Come la vede lei: quanto può o deve essere politica la Chiesa?
Se la Chiesa vuole essere fedele al Vangelo deve essere politica. Si tratta però di una prospettiva che riguarda tutti gli esseri umani. La Chiesa dovrebbe astenersi per principio da questioni di politica partitica e da questioni che i politici sono in grado di affrontare meglio con la loro competenza. Già Gesù Cristo ha sottolineato l’importanza della separazione dei due ambiti: date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Pertanto, la politica e la Chiesa hanno responsabilità diverse.
- Tuttavia, è inevitabile che la Chiesa mostri talvolta una maggiore vicinanza a un partito o anche una maggiore distanza.
La Chiesa dovrebbe rimanere fedele a se stessa e al messaggio di Dio. Se poi le persone ritengono che questa posizione sia più vicina a questo o quel partito, è una loro interpretazione. Ma non sarebbe bene che la Chiesa si schierasse fin dall’inizio dalla parte di un partito.
- Alla luce della guerra in Ucraina e a Gaza, il tema della guerra e della pace riveste un ruolo importante al Kirchentag, ma anche al di fuori di esso. Gruppi pacifisti hanno istituito parallelamente un centro indipendente per la pace e hanno lanciato un appello per abbandonare il riarmo. Qual è la sua posizione in questo dibattito?
La guerra non è mai una cosa buona. Fare la guerra significa sempre perdere. L’obiettivo è la pace. L’obiettivo deve essere quello di poterci guardare negli occhi, di rispettarci e trattarci con rispetto. Indipendentemente da ciò, la Chiesa sostiene il diritto dell’individuo a difendersi se viene attaccato. Come singolo individuo, può anche rinunciarvi e dire: «Io porgo l’altra guancia». Ma se qualcuno ha la responsabilità di un gruppo più grande, ha il dovere di difendere questo gruppo in caso di attacco.

- Quindi lei ritiene legittimo l’uso delle armi in determinate condizioni?
Sì. Ma la difesa deve essere proporzionata. Se l’attacco è sferrato con armi convenzionali, non si può rispondere con armi nucleari. Affinché un conflitto militare non degeneri, ogni forma di difesa deve essere sempre riconsiderata.
- Kirchentag e Katholikentag non riguardano solo questioni sociali. Quale importanza attribuisce in generale a questi incontri?
Un grande valore. In sostanza, si tratta della questione di Dio. Al centro di ogni grande Kirchentag c’è la fede in Dio e la speranza che Egli ci sostenga. Il motto del Kirchentag era “forti, coraggiosi, determinati” – e qui ad Hannover è emerso chiaramente che, in ultima analisi, non possiamo generare questa forza da soli, ma abbiamo bisogno del sostegno dello Spirito Santo.
- Abbiamo già parlato della dimensione ecumenica del Kirchentag. In passato ci sono stati anche Kirchentag ecumenici interconfessionali. Si dovrebbe ripetere questa esperienza o organizzare solo incontri comuni?
Considerando i buoni rapporti ecumenici fra le Chiese che abbiamo qui in Germania, sono decisamente favorevole a che tutti i responsabili valutino ancora più attentamente se in futuro possano esserci incontri comuni per tutti i cristiani, in cui noi fedeli possiamo testimoniare insieme l’unico Vangelo.






Mi è sembrato molto bello che in questo contesto ecumenico interno alle Chiese evangeliche il tema della pace, necessariamente relativo a quello dell’esercizio della politica sia stato sostenuto dal richiamo al coraggio e alla determinazione, quando da anni la violenza sempre crescente non riesce a trovare un freno efficace. Io credo che la parola di un ecumenismo interconfessionale sarebbe alquanto di aiuto rispetto a questa situazione, e tanto più a portata di mano – mi sembra – nell’ ambito del sentimento religioso presente in territori “misti”, arricchiti dalla concomitanza di più interpretazioni della vita di fede in dialogo.