
Il leader del partito democratico israeliano Yair Golan durante una manifestazione a Tel Aviv lo scorso 22 marzo 2025 [Eyal Warshavsky/SOPA Images/LightRocket]
Anna Foa, studiosa di storia degli ebrei e di memoria della Shoah, risponde alle nostre domande sul tema della disobbedienza agli ordini immorali del Governo israeliano. Lo scorso 4 dicembre ci ha rilasciato una intervista sul suo volume Il suicidio di Israele (cf. SettimanaNews).
- Gentilissima Anna, qual è il fatto che lei ha recentemente ricordato della guerra d’Israele del 1956?
Dopo lo scoppio di quella guerra, un giorno, venne anticipato di due ore l’ordine di coprifuoco per la popolazione civile palestinese. Un gruppo di contadini, impegnati nei campi e totalmente ignari della cosa, fu falciato dall’esercito israeliano al ritorno a casa, nel villaggio di Kefar Kassem: morirono 49 persone, donne e bambini compresi.
La cosa suscitò una forte reazione civile in Israele. Ben Gurion – capo di Governo – andò in Parlamento, impose un minuto di silenzio, chiese scusa ai palestinesi. Ci fu poi un regolare processo al termine del quale i responsabili – che avevano dato l’ordine di sparare – furono condannati. Non rimasero in carcere per molto tempo, ma la condanna netta e chiara ci fu.
Il giudice Benjamin Halevy ebbe a pronunciare una frase che resta un alto riferimento del diritto, oltre che della morale: «Si capisce che ci si trova di fronte a una manifesta illegalità quando una sorta di segnale sventola come un vessillo nero sull’ordine in questione e avverte: “proibito”».
- Perché ricordare questo fatto?
Perché oggi – per quanto sta avvenendo a Gaza – fatti politici e istituzionali di quel tipo, in Israele, purtroppo, non possono ripetersi.
- Vuol portare il recente caso del militare Yair Golan?
Yair Golan è stato un altissimo ufficiale dell’esercito israeliano, uno che il 7 ottobre 2023, alle prime notizie della aggressione, si è rimesso la divisa, ha preso la macchina ed è andato a salvare – chi e come ha potuto – i civili dai terroristi di Hamas. Ora è capo della «sinistra» che in Israele deriva dalla fusione di due partiti di opposizione a Netanyahu. Golan ha detto che ci sono soldati israeliani che sparano sui bambini palestinesi «per hobby». Ebbene, gli è stata tolta la facoltà di indossare ancora la divisa israeliana.
- È un gesto isolato quello di Yair Golan?
In Israele, sta prendendo spazio un movimento di disobbedienza civile al Governo di Netanyahu: dal mio punto di vista questo è molto interessante. Sulle pagine di Haaretz il noto giornalista Gideon Levi ha chiaramente scritto che ci si può rifiutare di obbedire a ordini ingiusti e immorali (cf. qui su Haaretz, 22 maggio 2025).
Io spero che questo dibattito – serio e civile – in Israele vada avanti e possa così sollevare tutta la società israeliana contro il massacro indiscriminato che l’esercito israeliano sta compiendo a Gaza.
Il tema dell’obbedienza – e quindi della disobbedienza – agli ordini è un tema «storico» per Israele. Ricordo che anche il gerarca nazista Eichmann, uno dei maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei in Europa, processato in Israele e condannato a morte, ha sempre sostenuto di aver semplicemente obbedito agli ordini.
- L’accostamento tra militari nazisti e israeliani è molto forte…
Sarà un accostamento molto forte, ma viene dalla storia. Basta leggersi o rileggersi gli atti del processo Eichmann oppure del processo di Norimberga: tutti gli imputati, sostenuti dai loro avvocati, hanno sempre affermato di aver obbedito agli ordini. Chi sta colpendo la popolazione civile e i bambini di Gaza sta pure obbedendo a ordini.
- Questa forte critica è per il bene d’Israele?
Certamente. Io penso che sostenere, in maniera forte, l’opposizione a Netanyahu significa correre in soccorso di Israele e salvare Israele dal suo suicidio, come ho scritto nel mio libro (cf. qui su SettimanaNews).






Hitler, Nethaniau, Caino, Putin, e i grandi massacratori e condottieri della storia, tutti coloro che usano imposizioni, violenza, guerra hanno un denominatore comune, si muovono nel subumano…non sono ancora uomini…se nella società civile per un solo delitto ci si mobilita per arrestare l’assassino, perché capi di stato possono comandare uccisioni a iosa impunemente…dovrebbe esserci una legge di decadimento immediato per i capi di stato al primo uso della violenza e della guerra…abbiamo bisogno che i capi di stato siano veri Uomini, senza violenza e guerra a servizio del benessere universale…non sub umani che agiscono solo per il proprio interesse e di soci… Verrà un giorno che si capirà diffusamente chi è veramente un uomo, ci si vergognerà di non esserlo e si provvederà a votare per mettere a guida di uno stato uomini senza violenza non violenti e sub umani….
C’è davvero da sperare che l’auspicio della professoressa Foa, riguardo alla crescita del dissenso interno alla società israeliano, possa crescere in modo significativo. Forse però non sarà facile. I dati di un recentissimo sondaggio ripresi dal quotidiano Haaretz sembrano mostrare che una netta maggioranza di ebrei israeliani è favorevole all’espulsione dei palestinesi dalla loro terra e non pochi sono anche aperti alla possibilità di eliminare fisicamente i”nemici” se necessario. Dati che interrogano ma che non devono scoraggiare. La strada per la pace sarà lunga, accidentata e molto faticosa da percorrere. Non intraprenderla porterebbe però alla reciproca distruzione di israeliani e palestini e ciò sotto lo sguardo complice e indifferente del resto dell’umanità