Congo: soppressa la moratoria sulla pena di morte

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Il governo congolese ha deciso di revocare la moratoria sulla pena di morte. Lo ha reso noto una nota circolare del Ministro della Giustizia e del Guardasigilli datata 13 marzo 2024. È bene sottolineare fin da subito che, sebbene la pena capitale non sia ancora stata abolita nella Repubblica Democratica del Congo, il governo congolese aveva adottato una moratoria sull’esecuzione della pena capitale nel 2003.

È una decisione che desta perplessità e non può lasciare indifferenti gli attivisti per i diritti umani. È proprio per questo motivo che si è scatenata la condanna di questa legislazione contro la vita. Prima di entrare nel merito della questione, ci sembra importante sottolineare quanto riportato nella nota del Ministero della Giustizia: «La pena di morte a seguito di una condanna giudiziaria irrevocabile sostenuta in tempo di guerra, in stato di assedio o di emergenza, durante un’operazione di polizia per mantenere o stabilire l’ordine pubblico o in qualsiasi altra circostanza eccezionale sarà eseguita».

Qualcuno potrebbe chiedersi quali siano le ragioni alla base di una simile norma. La circolare si preoccupa di elencarle. Il contesto è quello della guerra che il paese sta attraversando. Da trent’anni, la parte orientale della Repubblica Democratica del Congo è vittima di un ciclo di violenza e di guerre ripetute alimentate dall’esterno. Tutti lo sanno.

E se il paese fatica a fare i conti con queste guerre orchestrate dall’esterno, è perché ci sono pecore nere nell’ovile – i nostri stessi fratelli che, per interessi egoistici, arrivano a mettersi contro la loro stessa parte. Ed è qui che entra in gioco il concetto di traditore. È anche qui che la massa della popolazione applaude questa decisione, perché è stufa della guerra e dei suoi corollari in termini di perdite di vite umane e di beni materiali. Il consenso popolare alla legge trova quindi in questa situazione la sua radice. Ma non si tratta forse di una sorta d’imboscata che potrebbe nascondere anche motivazioni populiste e politiche?

In effetti, in un paese come il nostro, dove il sistema giudiziario è criticato da tutti, fermo restando che si tratta di una giustizia che fatica a essere equa, visto che di fatto viene utilizzata per una regolazione di conti in innumerevoli casi, c’è motivo di temere che una simile decisione possa servire degli interessi dei politici.

Così, invece di scoraggiare chiunque sia tentato di compiere atti di guerra e di ribellione, di banditismo urbano e di tradimento nei confronti della nazione, questa decisione rischia di essere usata come una trappola per sottomettere gli avversari politici. Tuttavia, è molto difficile che il concetto di «traditore» possa essere anche solo accennato. Una misura retrograda, si è tentati di dire; poiché in ogni caso è vietato legiferare contro la vita, in qualsiasi circostanza.


Quand on légifère contre la vie

Le gouvernement congolais a décidé de lever le moratoire sur la peine de mort. Ceci a été rendu public via une note circulaire de la ministre de la Justice et Garde des sceaux en date du 13 mars 2024. Il sied de préciser d’emblée que si la peine capitale (peine de mort) n’a pas encore été abolie en République Démocratique du Congo, l’Etat congolais avait toutefois adopté en 2003 le moratoire sur l’exécution de la peine de mort. C’est justement de ce moratoire qu’il s’agit.

Une décision qui rend perplexe et qui ne peut pas laisser indifférente toute personne éprise des droits humains. C’est ce qui explique justement la tôlée des réactions condamnant cette légifération “contra vitæ”. Avant d’en parler en fond, il nous semble important de souligner ce qui est dit dans cette note du ministère de la Justice : “La peine de mort consécutive à une condamnation judiciaire irrévocable entretenue en temps de guerre, sous l’état de siège ou d’urgence, à l’occasion d’une opération de police tendant au maintien ou à l’établissement de l’ordre public ou pendant toute autre circonstance exceptionnelle sera exécutée”.

D’aucuns s’interrogeraient sur les motivations profondes d’une telle norme. La note circulaire a pris le soin d’y revenir. Le contexte en effet est celui de la guerre que le pays traverse. Depuis trente ans, la République Démocratique du Congo dans sa partie orientale est victime d’un cycle de violences et de guerres en répétition alimentées de l’extérieur. Ceci, tout le monde le sait. Et si le pays peine à s’assortir de ces guerres imposées par des tireurs de ficelle, c’est parce qu’il y a dans la bergerie des brebis galeuses, nos propres frères qui, pour des intérêts égoïstes, vont jusqu’à louvoyer contre leur propre camp. Et ici que s’énonce la notion de TRAITRE. C’est aussi là que la masse de la population applaudit cette décision puisqu’en fait avec la guerre et ses corollaires en pertes en vies humaines et biens matériels, elle en a marre. Elle supportera donc mal toute personne qui créerait une rébellion contre le pays. Ceci n’est-il pas un guet-apens qui réduirait cacherait des motivations plutôt populistes et politiciennes ?

En effet, dans un pays comme le nôtre où l’appareil judiciaire est décrié par tout le monde entendu qu’il s’agit d’une justice qui peine à être juste puisqu’en fait elle sert pour de légions cas aux rendements des comptes, il y a eu de craindre qu’une telle décision serve plutôt aux intérêts des politiques. Ainsi, en lieu et place de dissuader quiconque serait tenté de s’adonner aux actes de guerre et de rébellion, au banditisme urbain et aux actes de traîtrise contre la nation, cette décision risquerait d’être un muselet afin de mater les opposants politiques. Encore que c’est avec beaucoup de peine que la notion de “traître” peut être effleurée. Une mesure rétrograde, on est tenté de lire ; puisque dans tous les cas, il est interdit de légiférer contre la vie, et ce, en n’importe quelle circonstance.

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