Diario di guerra /49. Un Documento comune

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Sono ore frenetiche queste, nelle quali si decide tra un salto verso l’abisso – l’attacco israeliano all’ultimo lembo di Gaza dove vive più di un milione di profughi palestinesi. Ma pure i resti dei miliziani di Hamas – e l’inizio complicatissimo di un accordo sul rilascio degli ostaggi e sul cessate il fuoco. Molto altro vi gira attorno: voci, grida, contrasti, pressioni, lavoro diplomatico, incubi. Tutto è sulle prime pagine dei giornali del mondo. Sul diario, meglio mettere un’idea o una proposta, difficile ma urgente, perché il mondo dipende ancora da noi, da tutti. Una tale idea a me sembra realizzabile.

Da tempo ci si appella così frequentemente all’ONU da far apparire la cosa inutile. Veti, contro-veti, risoluzioni ovattate, risoluzioni trascurate. Eppure, questa strada sta a cuore soprattutto agli arabi: proprio da loro, o da alcuni di loro, potrebbe venire l’idea di fare del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune – firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da papa Francesco e dal grande imam dell’università islamica di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb – una sorta di preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ricordo che l’Arabia Saudita non votò la dichiarazione universale: nessuno votò contro, ma alcuni soggetti importanti, tra i quali i sauditi, non votarono a favore, perché nella loro visione il fondamento del diritto non è l’uomo, bensì Dio.

Questo scarto potrebbe essere colmato da una Dichiarazione firmata dal più eminente teologo islamico? Io penso di sì.

Pure i non credenti possono benissimo accettare le seguenti parole: «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia -, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere». I credenti la vedono così, e i non credenti non possono che sentirsi amati, e cogliere che non c’è alcuna discriminazione della loro legittima diversità.

All’inizio del testo si parla nel nome di Dio per diverse affermazioni importanti – del tipo che Dio ci ha voluto tutti uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità – per poi appellarsi a tutti: «in nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali», «in nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra».

I motivi di un’opposizione secolarizzata, dunque, non li vedo. Ma non vedo neppure i motivi che possano ostacolare l’adesione islamica, in base a quanto affermato a suo tempo dai sauditi.

I governi secolarizzati non potranno che trovare nel post-secolarismo invocato e teorizzato da Habermas, il modo di convenire sull’appello iniziale: «Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio -, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive». La cultura illuminista, il pensiero laico e umanista, possono distinguersi da questo?

Il documento è attento anche a una parte rilevante di umanità con le sue culture, quando si esprime «in nome dei poveri», «degli orfani e delle vedove», «dei rifugiati e degli esiliati», «di tutte le vittime delle guerre», «delle persecuzioni e delle ingiustizie», «dei deboli», «di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna».

Il terribile muro che sta separando il mondo tra Nord e Sud, tra Occidente e Oriente, non viene qui perforato in modo accettabile da entrambe le parti? Ecco il nodo, con la risposta messo nero su bianco: «In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini».

C’è, come noto, la divisione tra tradizionalismo arcaico – imputato alle religioni – e pensiero moderno. Anche a ciò il documento risponde in modo convincente, superando i vecchi steccati: «Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonchè il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.

Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva».

Davanti a un Documento di questo genere, quale preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, molti cercherebbero la certezza che venga respinto il confessionalismo, il proselitismo, la discriminazione. È un rischio? No, penso, perché il documento afferma che «La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano» Questa è, per me, la risposta più alta e moderna che eleva il pluralismo a parte fondante del disegno divino.

Babele non è più una punizione, ma una grazia! Babele è il fallimento di ogni progetto totalizzante, è l’indicazione della diversità fondante la nostra unità di diversi. Allora diventa evidente che «La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano». Non la giustizia retributiva, ma quella riparativa che serve al nostro domani!

Ma come procedere, come riuscire? «Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano».

Alla base di tutto non può che esserci quella cittadinanza paritaria in tutti gli Stati di cui si è cittadini. Accanto alla cittadinanza locale, serve lo sguardo globale: «Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture.

L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura».

Sì, in un frangente come quello odierno, con un mondo assediato da guerre e criticità, proporre questo documento – i suoi passaggi concettuali – quale preambolo alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, magari da parte di soggetti vicini alle religioni dei due firmatari e sensibili all’’umanesimo laico, potrebbe essere un modo per tentare di trasformare le tragiche crisi che stiamo vivendo in opportunità.

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