Il 19 settembre di quest’anno, la più prestigiosa pubblicazione di politica internazionale statunitense – Foreign Affairs – ha dedicato il suo approfondimento al seguente tema: «L’odio americano diventa globale».
Il testo, scritto da Bruce Hossman e Jacob Ware, comincia così: «Nella sua decennale lotta contro il terrorismo, gli Stati Uniti hanno regolarmente criticato Paesi come l’Iran, il Pakistan e l’Arabia Saudita per aver esportato ideologie estremiste e violenza. Ironia della sorte, oggi gli Stati Uniti sono accusati di fare lo stesso. La diffusione di teorie cospirative americane, di credenze nella superiorità razziale, di estremismo antigovernativo e di altre manifestazioni di odio e intolleranza è diventata un problema tale che alcuni dei più stretti alleati degli Stati Uniti – l’Australia, il Canada e il Regno Unito – hanno designato gruppi e cittadini americani come terroristi stranieri».
Gli autori non si soffermano da subito sui gruppi americani ai quali si fa riferimento, piuttosto ci informano che, nella disattenzione dei più, nell’ottobre del 2022, un attentato è stato compiuto contro un ritrovo di gay a Bratislava: ha causato due morti ed è stato rivendicato dall’autore in lingua inglese, prima del suo compimento, sulla base di idee razziste, antisemite e omofobe.
L’autore ha aggiunto di essersi sentito ispirato dall’azione di terrorismo suprematista bianco compiuta, nello stesso anno, in un supermercato della comunità nera di Buffalo, New York. Questa azione è diventata centrale nella storia dell’odio suprematista americano e la ritroviamo più volte in tutte le storie assimilabili di terrorismo in America.
La grande sostituzione
Si tratta di una filiera di eventi impressionante, che partono dalla teoria della “grande sostituzione” alla quale ha dedicato uno studio molto accurato un altro colosso dell’informazione statunitense, la Public National Radio, PNR, un network di centinaia di radio, forse il più qualificato e attendibile al mondo insieme alla più nota, per noi, Bbc.
Il testo al quale si fa riferimento è stato pubblicato proprio nel 2022, subito dopo la strage di Buffalo, che le autorità statunitensi definirono motivata dal razzismo. Chi la perpetrò redasse un testo di 180 pagine tutte legate alla teoria cospirazionista della “grande sostituzione”, ovviamente etnica.
Questa teoria afferma che individui non bianchi si sono introdotti, complici legislazioni compiacenti, negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali per sostituire i votanti bianchi e così mettere in atto un’agenda politica. Infatti, Paton Gendron, il diciottenne accusato del massacro di Buffalo – 10 morti e 3 feriti – ha sostenuto che il calo del tasso di riproduzione della popolazione bianca equivale ad un genocidio.
Stando ad un’accurata ricostruzione dell’Anti-Defamation League, la teoria della “grande sostituzione” è stata elaborata ad inizio Novecento, ma è stato l’intellettuale francese Renaud Camus a rilanciarla con forza nel contesto odierno, col volume “La grande sostituzione”, appunto, datato 2011.
Per l’Anti-Defamation League al cuore di questa teoria cospirazionista c’è l’antisemitismo, ritenendosi in molti studi che ebrei e liberal sarebbero all’origine del progetto di sostituzione etnica. Il Southern Poverty Law Center individua lo slogan coniato da David Lane, fondatore del gruppo suprematista The Order: «Dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro popolo e il futuro dei nostri figli bianchi».
Interessante notare, come fa lo studio della National Public Radio, a conferma di quanto sostenuto dall’Anti-Defamation League, che durante la manifestazione organizzata nell’Università della Virginia a Charlottesville nel 2017, i partecipanti scandivano lo slogan «gli ebrei non ci sostituiranno». In quella circostanza Donald Trump affermò che c’erano «belle persone su entrambe le parti della barricata».
Il sentire di molti
Stiamo parlando di frange estreme e fanatiche, prive di peso? Il giudice di New York Jerrold Nadler non la pensa così, posto che ha parlato di «crisi urgente nel nostro Paese», citando statistiche allarmanti: nove persone uccise in una chiesa della Carolina del Sud nel 2015, 11 in una sinagoga della Pennsylvania nel 2018, 50 in un attacco contro una moschea neozelandese nel 2019.
Il punto è che questi gruppi sono pronti ad usare ogni mezzo per accelerare la crisi sociale, per produrre una autentica rottura, nella convinzione di doverci arrivare prima che sia troppo tardi. Per il Foreign Affairs si tratta «di fomentare una violenza cataclismatica e così conquistare il potere».
Ne ha parlato per primo James Mason nella sua newsletter Siege e proprio a tale visione si è collegato nel 2015 Dylan Roof, il responsabile del citato eccidio di Charleston, in Carolina del Sud. Altrettanto può certamente dirsi per John Earnest, responsabile dell’attacco alla sinagoga di Poway, in California, nell’aprile del 2019, che ha scritto: «se questa rivoluzione non si realizza subito, non avremo i numeri per vincerla domani».
Impossibile non procedere con la storia attuale, inquietante, del movimento Boogaloo, protagonista dei fatti del 6 gennaio 2021: quell’assalto al Congresso americano per impedire la ratifica della vittoria di Joe Biden che – visto in chiave accelerazionista – appare un evidente tentativo di golpe.
Presente – o per alcuni infiltrato – anche nel campo opposto all’estremo di Black Lives Matter – Boogaloo merita di essere studiato con profondità. Uno dei migliori tentativi in tal senso lo ha fatto il portale https://www.geopolitica.info/ che, tra l’altro, ha scritto: «Con oltre 20 anni di “rinascimento” del terrorismo di matrice jihadista non sono mancati gli esempi a cui ispirarsi per lo sviluppo di un movimento apertamente ostile alle istituzioni ed estremizzato. In oltre un decennio di esistenza il movimento Boogaloo ha rapidamente acquisito alcuni tratti tipici delle organizzazioni terroristiche in materia di tecniche di comunicazione e affiliazione all’interno del mondo digitale. Altro elemento comune e legato all’aspetto precedente, è la forte decentralizzazione e la difficoltà nell’identificare un vero e proprio nucleo di comando del movimento. Gli aderenti, infatti, attraverso un tipo di organizzazione autonoma e strutturata attraverso network digitali creano delle vere e proprie cellule “locali” in grado di operare al di fuori di qualsiasi schema di comando verticalizzato.
Questi gruppi locali si presentano come un caleidoscopio di posizioni diverse e spesso affini agli altri gruppi con cui la cellula deve coesistere: un esempio è il caso degli Wolverine Watchmen, il gruppo che aveva pianificato il rapimento del governatore del Michigan Gretchen Whitmer. Il gruppo aveva strutturato un legame di affiliazione con il movimento Boogaloo locale, con una rete di campi di addestramento e veri e propri poligoni per esplosivi, elemento che rimanda chiaramente a quanto fatto per decenni da Al-Qaeda e, successivamente, da Daesh.
L’ultimo tratto degno di nota in questa analisi è forse il più simbolico di tutti: i membri del movimento che sono stati oggetto di procedure di “law enforcement” o di (vere o presunte) brutalità da parte delle forze dell’ordine sono stati definiti come “martiri” della storia del movimento. Un tratto che di certo non può passare inosservato se paragonato a quanto affermato dalla galassia jihadista in merito ai suoi caduti, definiti proprio martiri».
Esportazione americana di estremismo
Così – dopo che i fatti di Capitoll Hill hanno chiaramente ispirato i golpisti pro-Bolsonaro in Brasile – l’esperto statunitense di terrorismo, Matthew Levitt, è diventato un riferimento per molti, avendo affermato: «Siamo diventati esportatori di estremismo di destra, danneggiando la nostra arma migliore che ci assicurava la nostra posizione internazionale: il nostro esempio».
La teoria della “Grande sostituzione” è stata, autorevolmente, citata pure da molti in Italia: non può non collegarsi a un malessere originato in America, ma che ora si diffonde in tutto l’Occidente.
La religione in tutto ciò non può essere marginale. Colpisce, e non poco, rileggere quanto scrivevano padre Antonio Spadaro e Marcelo Figueroa su La Civiltà Cattolica già nel 2017 nel saggio Fondamentalismo evangelico e integralismo cattolico, uniti in quello che non a caso è stato universalmente definito ecumenismo dell’odio: «Il pastore Rousas John Rushdoony (1916-2001) è il padre del cosiddetto ricostruzionismo cristiano (o teologia dominionista), che grande impatto ha avuto nella visione teo-politica del fondamentalismo cristiano. Essa è la dottrina che alimenta organizzazioni e networks politici come il Council for National Policy e il pensiero dei loro esponenti quali Steve Bannon, attuale chief strategist della Casa Bianca e sostenitore di una geopolitica apocalittica. La prima cosa che dobbiamo fare è dare voce alle nostre Chiese, dicono alcuni.
Il reale significato di questo genere di espressioni è che ci si attende la possibilità di influire nella sfera politica, parlamentare, giuridica ed educativa, per sottoporre le norme pubbliche alla morale religiosa. La dottrina di Rushdoony, infatti, sostiene la necessità teocratica di sottomettere lo Stato alla Bibbia, con una logica non diversa da quella che ispira il fondamentalismo islamico. In fondo, la narrativa del terrore che alimenta l’immaginario dei jihadisti e dei neo-crociati si abbevera a fonti non troppo distanti tra loro. Non si deve dimenticare che la teo-politica propagandata dall’Isis si fonda sul medesimo culto di un’apocalisse da affrettare quanto prima possibile. E dunque non è un caso che George W. Bush sia stato riconosciuto come un grande crociato proprio da Osama bin Laden».
I collegamenti con quanto precedentemente esposto sono evidenti. Oggi possiamo meglio coglierne il pericolo, rammaricandoci forse di non aver capito appieno, per tempo. Non a caso, poco dopo – gli stessi autori – aggiungevano: «La prospettiva più pericolosa di questo strano ecumenismo è ascrivibile alla sua visione xenofoba e islamofoba, che invoca muri e deportazioni purificatrici. La parola ecumenismo si traduce così in un paradosso, in un ecumenismo dell’odio. L’intolleranza è marchio celestiale di purismo, il riduzionismo è metodologia esegetica, e l’ultra-letteralismo ne è la chiave ermeneutica».
Il pericolo che corrono gli Stati Uniti è evidente, la questione però ormai si pone anche in Europa e capire quanto questo possa inficiare il domani delle nostre democrazie è il vero punto in questione.
Thank you for your clear-sighted vision