Filippine: Marcos liquida il suo Governo

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Il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr ha annunciato un «rimpasto» per «calibrare la nostra azione sulle attese della gente». Pesano la mancata elezione di cinque candidati su undici nei seggi in lizza per il Senato, decisivi nello scontro con il «clan Duterte». Obiettivo: dare slancio alle iniziative della amministrazione per superare povertà, scarsa assistenza pubblica e ridotte possibilità per i giovani (dal sito della agenzia Asia News, 22 maggio 2025)

Davanti ai risultati delle elezioni parlamentari a lui meno favorevoli del previsto, ancor più perché svolte al giro di boa del suo mandato di sei anni, il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr, ha chiesto le dimissioni del Governo. Si tratterà di un rimpasto – ha segnalato Marcos – che insieme ad altri interventi dovrà andare incontro alle indicazioni delle urne. In buona sintesi, l’obiettivo è dare uno slancio alle iniziative della sua amministrazione per superare povertà, scarsa assistenza pubblica e ridotte possibilità per i giovani.

Il voto ha comunque confermato il controllo del suo Partito federale delle Filippine sulla Camera dei rappresentanti, ma a pesare è soprattutto la mancata elezione di cinque degli undici candidati sostenuti da Marcos per un seggio al Senato che, pur confermando la maggioranza favorevole alla sua parte politica tra i 24 senatori rinnovati solo per metà, è stata comunque inferiore alle aspettative. Tutto questo è destinato a dare ancora più peso all’alleanza che fa capo alla famiglia Duterte, rivale dei Marcos nella faida «dinastica» in corso tra l’attuale presidente, il suo predecessore Rodrigo Duterte e la figlia Sara Duterte, vicepresidente sotto impeachment.

Il ruolo determinante dei senatori per determinare la sorte istituzionale di Sara Duterte – il verdetto è atteso per giugno – ha fatto della competizione senatoriale quella più seguita e discussa, quasi emarginando quella per la Camera dei rappresentanti e per le circa 18mila cariche a livello provinciale e municipale. «È tempo di calibrare l’azione del Governo sulle aspettative della gente – ha detto Marcos –. La gente ha parlato e si aspetta risultati, non giochi politici o scuse. Dobbiamo ascoltarla e agiremo».

Dopo quella che lo stesso presidente ha definito «una sveglia», dunque, servirà valutare le performance di ciascun ministero e intervenire dove più opportuno. Una mossa vista come un allontanamento dalla sua politica conciliatrice che ha molto demandato alle personalità che dentro e fuori il Ggoverno approvano le linee programmatiche del presidente.

Le proposte dei rivali – avanzate con uno stile più aggressivo e populista – pur essendo uscite dalle urne con un livello di approvazione inferiore a quanto previsto, hanno dimostrato comunque di fare presa sull’elettorato. E questo vale sia per i gruppi di opposizione nati in occasione dell’ultima elezione (come quello che ha portato all’elezione alla Camera di Leila de Lima), sia per i Duterte, che su proposte di facile accoglienza, su rapporti personali e iniziative spettacolari e contraddittorie (inclusa la «guerra alla droga» costata migliaia di vittime tra il 2016 e il 2022 nella sostanziale immunità per chi si è macchiato di abusi e uccisioni) hanno costruito le fortune politiche personali e dei loro partiti.

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