No ai “minerali insanguinati”: la Chiesa del Congo alla COP 30

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La 30a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30) si è aperta ufficialmente lunedì a Belém, in Brasile, in un clima di emergenza internazionale. Tra le voci che si levano con forza quest’anno c’è quella della Chiesa cattolica della Repubblica Democratica del Congo (RDC), attraverso la delegazione della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), determinata a denunciare con vigore lo sfruttamento violento ed ecocida delle risorse naturali, più comunemente chiamate “minerali insanguinati”.

Infatti, in un Paese il cui sottosuolo è ricco di cobalto, coltan, rame, oro e litio – risorse strategiche ambite a livello mondiale – lo sfruttamento artigianale e industriale si svolge troppo spesso sullo sfondo di conflitti armati, corruzione, sfollamenti forzati di popolazioni e gravi violazioni della dignità umana. I vescovi congolesi si apprestano a ricordare che migliaia di famiglie vivono nella paura e nell’insicurezza, mentre i bambini lavorano in condizioni disumane per alimentare l’industria digitale ed energetica mondiale.

Con un messaggio forte e profetico, la Chiesa della RDC invita la comunità internazionale a rompere il silenzio, a istituire catene di approvvigionamento eque e trasparenti e a sanzionare qualsiasi forma di commercio che alimenti la violenza. Per lei, la transizione ecologica non può e non deve basarsi sul sacrificio delle vite africane. “Non si può pretendere di salvare il pianeta distruggendo l’uomo”, ribadiscono i pastori del Congo.

A Belém, la delegazione congolese insiste anche sulla protezione delle foreste del bacino del Congo, veri e propri polmoni del pianeta. La loro distruzione accelerata minaccia la biodiversità mondiale, sconvolge i regimi climatici e indebolisce le comunità locali. La Chiesa chiede che le promesse finanziarie a favore della conservazione ecologica siano finalmente onorate e non relegate a discorsi protocollari.

Di fronte alle grandi potenze economiche, invita a un risveglio morale: riconoscere il valore sacro della vita, rispettare il diritto dei popoli di disporre delle loro terre, sostenere modelli di sfruttamento sostenibili e anteporre l’etica al profitto. Incoraggia inoltre i governanti congolesi ad assumersi le loro responsabilità per porre fine all’impunità, investire nell’istruzione e difendere i diritti delle comunità minerarie.

Mentre la COP30 vuole essere una svolta decisiva nella lotta contro il riscaldamento globale, la voce della Chiesa della RDC fa eco agli anonimi del Katanga e del Kivu, ai bambini delle miniere e alle madri in lutto. Ricorda che la transizione energetica ha senso solo se integra la giustizia sociale. In un mondo in cui la tecnologia progredisce a una velocità vertiginosa, è urgente non dimenticare coloro che ne pagano il prezzo segreto, sottoterra e in silenzio.

Perché nessuna batteria, nessuno smartphone, nessuna auto elettrica dovrebbe portare le tracce del sangue di innocenti. Denunciando i “minerali insanguinati”, la Chiesa congolese invita a un’ecologia integrale, in cui l’uomo e il creato siano rispettati congiuntamente.


Non aux “minerais de sang” : message de l’Eglise de la RDC au COP 30

La 30e Conférence des Nations Unies sur les changements climatiques (COP30) s’est officiellement ouverte ce lundi à Belém, au Brésil, dans un climat d’urgence internationale. Parmi les voix qui s’élèvent fortement cette année figure celle de l’Église catholique de la République démocratique du Congo (RDC), à travers la délégation de la Conférence Épiscopale Nationale du Congo (CENCO), déterminée à dénoncer vigoureusement l’exploitation violente et écocidaire des ressources naturelles, plus communément appelées “minerais de sang”.

En effet, dans un pays où le sous-sol regorge de cobalt, coltan, cuivre, or et lithium — ressources stratégiques convoitées mondialement — l’exploitation artisanale et industrielle se déroule trop souvent sur fond de conflits armés, de corruption, de déplacements forcés de populations et d’atteintes graves à la dignité humaine. Les évêques congolais s’apprêtent à rappeler que des milliers de familles vivent dans la peur et l’insécurité, alors que des enfants travaillent dans des conditions inhumaines pour alimenter l’industrie numérique et énergétique mondiale.

Dans un message ferme et prophétique, l’Église de RDC appelle ainsi la communauté internationale à briser le silence, à instaurer des chaînes d’approvisionnement justes et transparentes, et à sanctionner toute forme de commerce alimentant la violence. Pour elle, la transition écologique ne peut et ne doit pas reposer sur le sacrifice des vies africaines. “On ne peut prétendre sauver la planète en détruisant l’humain”, martèlent les pasteurs du Congo.

À Belém, la délégation congolaise insiste également sur la protection des forêts du bassin du Congo, véritables poumons de la planète. Leur destruction accélérée menace la biodiversité mondiale, perturbe les régimes climatiques et fragilise les communautés locales. L’Église plaide pour que les promesses financières en faveur de la préservation écologique soient enfin honorées, et non reléguées aux discours protocolaires.

Face aux grandes puissances économiques, elle invite à un sursaut moral : reconnaître la valeur sacrée de la vie, respecter le droit des peuples à disposer de leurs terres, soutenir des modèles durables d’exploitation, et faire primer l’éthique sur le profit. Elle encourage également la responsabilisation des gouvernants congolais pour mettre fin à l’impunité, investir dans l’éducation, et défendre les droits des communautés minières.

Alors que la COP30 se veut un tournant décisif dans la lutte contre le réchauffement climatique, la voix de l’Église de RDC se fait l’écho des anonymes du Katanga et du Kivu, des enfants de mines et des mères endeuillées. Elle rappelle que la transition énergétique n’a de sens que si elle intègre la justice sociale. Dans un monde où la technologie progresse à une vitesse fulgurante, il est urgent de ne pas oublier ceux qui en paient le prix secret, sous terre et dans le silence.

Parce qu’aucune batterie, aucun smartphone, aucune voiture électrique ne devrait porter la trace du sang d’innocents. En dénonçant les “minerais de sang”, l’Église congolaise appelle à une écologie intégrale, où l’homme et la création sont respectés conjointement.

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Un commento

  1. Mariagrazia Gazzato 12 novembre 2025

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