Polonia: il delirio dello “stato ebreo”

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Il 2024, per decisione parlamentare, sarà dedicato al martirio della famiglia Ulma, trucidata dai nazisti nel 1944 per aver ospitato otto ebrei.

Il 12 dicembre, mentre in parlamento si presentava il nuovo governo di Donald Tusk, nell’atrio antistante un deputato di estrema destra ha preso un estintore e ha spento le nove lampade a olio del candelabro che ricordava la festa ebraica dell’Hanukka. Grzegorz Braun, questo il nome del parlamentare, ha giustificato il suo gesto ripetendo la denuncia più volte espressa di un complotto tendente a trasformare la Polonia in uno stato ebreo.

I due contraddittori eventi esprimono la memoria ancora viva della Shoah (olocausto) che il nazismo ha compiuto per gran parte in territorio polacco, ma richiamano anche la decisa collocazione ecclesiale su quegli eventi rispetto a correnti politiche-culturali che non hanno abbandonato le radici antisemite. Proprio nel momento in cui i dieci anni di intransigentismo illiberale del partito di Jaroslaw Kaczynski (Pis) cede il passo alla coalizione filo-europea e democratica di Donald Tusk.

Il gesto blasfemo di Braun ha scatenato una tempesta di condanne da parte di tutti i partiti (eccetto il suo), delle istituzioni ecclesiali e culturali.

La presenza del candelabro nell’atrio del parlamento onora gli otto giorni di festa della tradizione ebraica che ricorda la vittoria di Giuda Maccabeo (II sec. a.C.) contro l’impero greco di Antioco IV, erede di Alessandro il Grande. Il tentativo di ellenizzare anche il popolo di Israele giustificò la ribellione maccabaica e, in occasione del rinnovato culto del tempio di Gerusalemme, avviò la festa dell’Hanukka. Una vittoria spirituale più che militare.

Chiesa ed estremismo

«Mi vergogno e chiedo scusa all’intera comunità ebraica in Polonia» ha detto il card. Grzegorz Rys. «Questo atto non rappresenta la nazione polacca, ma esprime un fanatismo marginale» gli ha fatto eco il rabbino capo Schudrich.

Il Consiglio ebraico-cristiano ha denunciato l’atto di aggressione che «viola i fondamenti del rispetto reciproco di entrambe le tradizioni, ebraica e cristiana, ed è un atto peccaminoso di odio basato su una percezione profondamente falsa della cultura e della religione della nazione ebraica».

Il nuovo presidente del parlamento, S. Holownia, ha sospeso il parlamentare Braun, condannandolo a una sanzione finanziaria e depositando una denuncia. Rischia due anni di prigione.

Il 10 settembre scorso si è celebrata la beatificazione dei nove componenti della famiglia Ulma nel loro paese natale (Markowa) davanti a 30.000 persone. Il card. Semeraro, che la presiedeva, ha esaltato l’esempio di una famiglia (e delle vittime ebraiche) come espressione visibile delle radici della fede.

La distanza della Chiesa polacca dagli estremismi anti-semiti è parallela all’apertura ecumenica visibile sia nell’accoglienza all’assemblea della Federazione luterana mondiale a Cracovia (13-19 settembre), sia nei documenti di reciproco perdono con le Chiese ucraine a proposito dei massacri fra i due popoli durante la seconda guerra mondiale, sia in un più recente screzio, presto rientrato.

Gli ortodossi locali tollerano a fatica che la generosa accoglienza e gli aiuti verso i profughi ucraini non distinguano, sul versante dell’accoglienza liturgica nelle Chiese, quelli appartenenti alla Chiesa legata a Mosca da quelli della Chiesa autocefala.

La rappresentanza politica che si richiama sistematicamente alla Chiesa (il Pis e l’estrema destra) non sembra avere la stessa sensibilità. Ha fatto un certo clamore la decisione del presidente del nuovo parlamento di celebrare il Natale non solo con il rappresentante cattolico, ma anche con quello ortodosso e quello evangelico.

Si capisce che, nel discorso di investitura dedicato alla restaurazione dell’ordine giuridico, ai diritti delle donne, alla depoliticizzazione di scuola, media, ricerca, polizia ed esercito, Tusk abbia anche promesso una più evidente separazione fra Chiesa e stato (cf. qui).

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