Russia: Hilarion riabilitato?

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Vi sono modesti segnali che indicano un ritorno in pubblico del metropolita russo Hilarion Alfeyev. Dal 2009 al 2022 è stato il potente numero due della gerarchia russa, a capo del dipartimento per le relazioni estere del Patriarcato di Mosca (cf. qui). Poi, in maniera improvvisa, il 7 giugno 2022, il sinodo e il patriarca lo hanno dimesso e inviato a Budapest con una diocesi di circa 3.000 fedeli e una quindicina di preti.

A seguito di uno scandalo a sfondo sessuale in relazione con un suo giovane collaboratore, il metropolita è stato sollevato da ogni ruolo pastorale e inviato come semplice collaboratore a Karlovy Vary (Repubblica Ceca) nella chiesa dedicata a Pietro e Paolo (cf. qui).

Il clima ecumenico perduto

Il 30 aprile l’agenzia americana Religion News Service pubblica una lunga intervista a Hilarion. In precedenza, il 23 febbraio, il metropolita avvia una serie di sette conferenze sui concili ecumenici a Parigi, sostenuto dalle Chiese ortodosse in Francia. Qualche settimana prima, il 1° febbraio, concelebra a Mosca con Cirillo per i 17 anni di servizio patriarcale. Piccoli segnali che convergono in un possibile “riscatto” della presenza pubblica del metropolita Hilarion.

Nell’intervista racconta alcuni episodi salienti del suo servizio internazionale e gli ottimi rapporti personali con i papi Benedetto XVI e Francesco. Col primo aveva in comune, oltre all’interesse per il dialogo ecumenico, anche la condivisa passione per la teologia e la musica. Celebre il concerto – Hilarion è musicista – in Vaticano nel 2010.

Una cordialità che si rinnova anche con Francesco che ha voluto incontrarlo a Budapest nel suo viaggio in Ungheria (2023). Importante, in particolare, il suo apporto per il primo incontro fra Cirillo e Francesco all’Avana (Cuba) nel 2016, di cui i russi sottolineano in particolare i contenuti del documento comune. Un precedente tentativo nel 1997 era naufragato all’ultimo momento per un dissenso sul comunicato finale.

Di rilievo per la Chiesa russa fu il pellegrinaggio delle reliquie di san Nicola nelle chiese del Patriarcato nell’estate del 2017. Hilarion ricorda di avere chiesto come reliquia il cranio con la risposta divertita di Francesco: «Se chiedo all’arcivescovo e ai cittadini di Bari la testa di san Nicola, taglieranno la mia testa».

A fine 2021 sembrava possibile ipotizzare un secondo incontro fra Cirillo e Francesco. Poi è scoppiata la guerra di aggressione russa all’Ucraina e il clima è cambiato. È probabile che lo scarso entusiasmo di Hilarion per la guerra sia all’origine delle sue “disgrazie”.

In una trasmissione televisiva russa, alcune settimana prima, difese anche il discusso monaco Rasputin (1869-1916), perché aveva consigliato allo zar di non entrare nella guerra che poi avrebbe aperto la crisi della monarchia e la vittoria della rivoluzione bolscevica.

Hilarion non fu pronto a supportare Cirillo nel sostegno all’“operazione militare speciale” e fece trasparire il suo prudentissimo dissenso anche in interviste internazionali come quella concessa nel maggio 2022 alla televisione austriaca in cui sottolineò che al sinodo (luogo decisivo per gli orientamenti) mancava il consenso del metropolita di Kiev (allora membro di diritto, ma non coinvolto) e che la guerra, se non risolta rapidamente, avrebbe trasformato il mondo in una polveriera.

L’uomo della provvidenza

Dopo poche settimane, perdeva il posto per essere trasferito a Budapest. A giugno del 2024 esce su Novaja Gazeta Evropa un lungo reportage, suffragato da foto, documenti, video e registrazioni, che racconta la disavventura di un giovane collaboratore, Georgij Suzoki, stanco delle insistenti “attenzioni” del metropolita.

Emergono elementi inquietanti: un regime di vita molto costoso, prove documentali dell’acquisto di una villa del valore di 4,9 milioni di euro, registrazioni di telefonate in cui emergono espresse critiche a Cirillo, metodi clientelari per ottenere rapidamente il passaporto ungherese ecc.

Dapprima Hilarion accusa il giovane di furto e la madre di questi come richiedente esosa. Qualche tempo dopo, punta il dito sui servizi segreti occidentali che avrebbero cercato invano di carpire i suoi segreti vendicandosi poi con la denuncia del collaboratore (https://www.settimananews.it/chiesa/ortodossia-russa-hilarion-puntualizza/).

Ma c’è un precedente indicativo. Nel 2014, per lo scarso entusiasmo di Cirillo per l’occupazione della Crimea, apparvero in Russia notizie circa il patrimonio sterminato del patriarca, i suoi “disinvolti” comportamenti personali, i suoi pregressi rapporti coi servizi segreti. Tutto questo scomparve qualche tempo dopo, quando Cirillo si “accodò” a Putin, fino a diventarne oggi il suo cantore.

Il 21 aprile scorso ha proclamato: «L’intera esperienza del nostro paese è la prova più convincente che Dio è con noi! E che dire del presidente ortodosso, proveniente dalle profondità dei servizi segreti? Come è potuto accadere che tra le migliaia di persone che lavoravano lì, sia emerso colui che il Signore ha chiamato a diventare il capo dello stato russo? Naturalmente ci sono diversi modi per spiegare come ciò sia potuto accadere, ma io lo spiego in un solo modo: è frutto della Provvidenza di Dio. Per la prima volta dal tempo degli zar, il nostro stato è guidato da una cristiano ortodosso. Un uomo moderno, istruito e molto motivato a difendere la patria».

Tonache e intrighi

La vicenda si arricchisce di un elemento curioso. La chiesa dedicata a Pietro e Paolo a Karlovy Vary (Repubblica Ceca) in cui ufficia il metropolita Hilarion è di proprietà del Patriarcato di Mosca. Il governo della Repubblica Ceca ha denunciato il patriarca come oligarca corresponsabile per la guerra e ha congelato tutti i suoi beni nel paese. La chiesa, come proprietà del Patriarcato, potrebbe essere considerata bene non più disponibile.

La rivista Respekt di Praga ha sollevato il caso denunciando l’ambiguo tentativo di passaggio di proprietà dal Patriarcato di Mosca all’eparchia unghero-austriaca-ceca che metterebbe al riparo del rischio di sequestro del bene. Un clima di tensione evidenziato dal rifiuto del permesso di soggiorno all’arciprete ortodosso russo Nikolai Lishcehny e dal mandato della commissione senatoriale alla polizia per appurare l’uso strumentale delle chiese ortodosso-russe nel paese per operazioni di copertura dei servizi segreti russi.

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