Il 27 dicembre il sinodo del Patriarcato di Mosca ha deciso di rimuovere dalla sede diocesana di Budapest il metropolita Hilarion (Alfeyev) affidandogli un servizio nella chiesa dedicata a Pietro e Paolo nella località boema (Repubblica Ceca) di Karlovy Vary (già Carlbad). Conserverà, quindi, il suo ruolo di prete e vescovo, ma non avrà più alcuna responsabilità pastorale.
Per una figura che, dal 2009 al 2022, ha rivestito la seconda carica del Patriarcato (arcivescovo di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le relazioni estere del Patriarcato, membro permanente del sinodo ecc.) si tratta di una degradazione vistosa. Il sito del Patriarcato motiva la censura parlando di «inadeguatezza della natura delle sue relazioni con i suoi collaboratori prossimi e di un modo di vita (inadatto) alla sua immagine di monaco e di prete». Gli viene tolta la gestione della diocesi di Budapest, posto in pensione e destinato a un servizio in una chiesa periferica.
Ha comunque conservato il ministero, la possibilità di vivere in Occidente e di sviluppare le sue inclinazioni di musicista. Inoltre, nella decisione sinodale si prevede di far riprendere i lavori della commissione d’inchiesta, sulla base dei quali è stato preso il provvedimento, quando ci fossero elementi significativi di novità, come ad esempio una eventuale condanna giuridica dell’accusatore del gerarca. A soli 60 anni si chiude (definitivamente?) una carriera che sembrava destinata a concludersi sulla cattedra del Patriarcato come successore di Cirillo.
Il caso clamoroso
La caduta è iniziata nel 2022 quando Hilarion viene estromesso da tutti i suoi incarichi e inviato nella minuscola diocesi di Budapest (14 preti) a causa, così si dice, di una presa di distanza dalla guerra in Ucraina, per altro non pubblica e non argomentata.
Ciò che ha reso difficile la sua posizione è stata però l’esplosione di uno scandalo a sfondo sessuale: la denuncia di abusi sessuali e di autorità nei confronti di un suo giovane collaboratore, Geogij Suzuki (cf. qui su SettimanaNews).
Il giovane (18 anni), di origine nipponico-russa, è stato al servizio del vescovo in questi ultimi due anni. Stanco delle «attenzioni» del gerarca ha cominciato a raccogliere prove e, all’inizio del 2024, è fuggito in Giappone. Denunciato per furto, si è rivolto alla Novaja Gazeta Europa che ha pubblicato foto, documenti e testimonianze non solo delle «attenzioni» sessuali, ma anche di un regime di vita di alto rango, con le prove documentali dell’acquisto di una villa nei pressi di Budapest da 4,9 milioni di euro e di aver ottenuto per via clientelare il passaporto ungherese.
A irritare il patriarca di Mosca è stata soprattutto la pubblicazione di telefonate in cui Hilarion lo accusava di una gestione monopolistica dei flussi finanziari provenienti dagli oligarchi e dallo stato russo, dando prova delle ricchezze personali che Cirillo ha sempre tenuto segrete.
Il caso ha costituito un vero e proprio terremoto perché ha tolto la copertura a pratiche abusanti assai più estese di quanto la direzione del Patriarcato intenda riconoscere. Per di più, all’indomani di un’enfatica censura russa al documento vaticano sulla benedizione alle coppie omosessuali, Fiducia supplicans, testo che portava la firma di Hilarion come presidente della commissione teologica patriarcale.
Chi farà luce?
Il metropolita ha un curriculum impressionante.
In prima fila nei dialoghi ecumenici, membro del consiglio di fondazione del Russkij Mir, presenza stabile nel sinodo moscovita e nel consiglio interreligioso della Russia. Sono oltre 1.000 le pubblicazioni scientifiche da lui firmate, 13 le presidenze ricoperte, 17 i premi nazionali e internazionali da lui ricevuti. Fra le sue pubblicazioni vi sono importanti saggi su Gregorio il teologo, Isacco il Siro, Simeone il nuovo teologo, sulla storia dell’Ortodossia e sulla teologia ortodossa. Non manca un volume sul patriarca Cirillo.
Le sue opere musicali più note sono: Divina liturgia, Canto dell’Ascensione, Passione secondo Matteo, Oratorio di Natale. Dieci i premi e le onorificenze ricevute, fra cui l’Ordine d’onore dello Stato russo, il premio di Stato della Federazione russa, l’ordine di Alexander Nevsky (cf. qui su SettimanaNews).
La reazione del metropolita è ispirata all’obbedienza. In una dichiarazione a Ria Novosti ha dichiarato di accettare «con umiltà e gratitudine» la decisione del patriarca e del sinodo. Rimane il fatto che i due problemi sollevati dal caso Hilarion Alfeyev, ovvero il giudizio sull’aggressione militare di Putin all’Ucraina e la denuncia degli abusi sessuali e di autorità che avvengono nelle Chiese di obbedienza russa, restano del tutto inaffrontati.