S.O.S per il Marocco

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Da un lato, gli uomini hanno imparato a fare devastazioni. A colpi di spada e pallottole, uccidono tutto ciò che incontrano sul loro cammino, bruciano i veicoli che trasportano uomini e merci. Dall’altro lato, la natura decide di fare ciò che vuole, di mettersi in mostra con i suoi colpi di testa, di dire che l’uomo può credersi capace di tutto tranne che sottometterla. Ne conseguono disastri di proporzioni incalcolabili. Possiamo dire che ci sono disastri provocati dall’uomo, ma anche disastri naturali o ecologici. Un terremoto è uno di questi.

Un fine settimana da incubo nel Maghreb: così si potrebbe descrivere quello appena trascorso. In effetti, nella serata tra venerdì e sabato, il Marocco è stato colpito da un terremoto di magnitudo 6,8 della scala Richter nella provincia di Al-Haouz, a Sud-Ovest di Marrakesh. Molti villaggi sono stati praticamente distrutti, centinaia di case sono crollate, più di duemila persone hanno perso la vita, migliaia sono rimaste ferite e si registrano dispersi. È stato il terremoto più letale in Marocco da quello che ha distrutto Agadir, sulla costa occidentale del Paese, il 29 febbraio 1960. Quasi 15.000 persone, un terzo della popolazione della città, morirono.

Questo pesante bilancio, ancora provvisorio, evidenzia l’urgente necessità di un intervento umanitario. Le macerie sono ormai la scena funebre del Marocco. Occorre quindi intervenire per aiutare i tanti volontari impegnati nella disperata ricerca di sopravvissuti sotto i grandi edifici crollati; per ospitare gli uomini e le donne costretti a passare la notte senza riparo; per sfamare queste persone colpite dalla fame. Da parte sua, la Croce Rossa Internazionale ha allertato circa le urgenze del Marocco, dalle prossime «24 / 48 ore critiche» ai bisogni necessari «nei prossimi mesi e, addirittura, anni».


Version française
S.0.S pour le Maroc

Par ici, ce sont les hommes qui ont appris à faire des ravages. Aux coups d’épée et balles, ils tuent tout ce qu’ils rencontrent sur leur chemin, brûlent les véhicules transportant hommes et marchandises. Et par là, c’est la nature a décédé de faire ce qu’elle veut, de briller par ses caprices, de dire que l’homme peut se croire capable de tout sauf de la maîtriser. Il s’ensuit alors des catastrophes aux dégâts incalculables.  On peut dire de ce qui précède qu’il existe des catastrophes humainement préméditées et des catastrophes naturelles ou écologiques. Le séisme en est justement une.

Un weekend cauchemardesque dans le Magreb : c’est ainsi que l’on peut qualifier la fin de la semaine qui vient de s’écouler. En effet, dans la soirée du vendredi au samedi, le Maroc a été par un séisme d’une magnitude de 6,8 sur l’échelle de Richter dans la province d’Al-Haouz, au Sud-ouest de Marrakech. Des villages quasiment détruits, des centaines de maisons se sont effondrées, plus de deux milles personnes ont perdu la vie, de milliers de blessés et disparus sont enregistrés. Il faut le noter, ce séisme est le plus meurtrier au Maroc depuis celui qui avait détruit Agadir, sur la côte ouest de pays, le 29 février 1960. Près de 15 000 personnes, soit un tiers de la population de la ville, y avaient péri.

Ce lourd bilan qui, du reste, est provisoire révèle la nécessité d’une urgente intervention humanitaire. Les décombres constituent désormais un décor funèbre du Maroc. Il faut donc intervenir pour aider les nombreux volontaires engagés désespérément dans la recherche des survivants sous les grands bâtiments effondrés ; pour héberger ces hommes et femmes obligés de passer la nuit à la belle étoile ; pour nourrir ces personnes frappées par la faim. Quant à ce, la Croix-Rouge internationale a alerté sur l’importance des besoins à venir du Maroc,  « 24 à 48 heures critiques » et des besoins pour « des mois voire des années ».

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