Giù le mani dal nostro matrimonio

di:

copertina

Ci sono libri che non si “finiscono”, perché continuano a risuonare nella memoria come una melodia di fondo. Giù le mani dal nostro matrimonio. La potenza del sacramento si manifesta nella prova, di Alfonso Ricucci ed Elisabetta Rossi (Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2025), è uno di quelli.

Fin dalle prime pagine ho avvertito l’impressione di entrare in una casa abitata: non un trattato, non un manifesto, ma una storia vera in cui il mistero del matrimonio non viene spiegato dall’esterno, bensì lasciato accadere nella concretezza dei giorni – con luci e ombre, slanci e stanchezze, promesse mantenute e promesse da rinnovare.

***

L’introduzione del vescovo Guido Gallese offre la chiave di lettura decisiva: il matrimonio è una via, non un punto d’arrivo; una forma della presenza di Dio che si lascia riconoscere dentro la trama del quotidiano, non malgrado la fragilità, ma attraversandola. Da subito, il libro chiede un passo concreto: uscire dal “narcisismo dell’ego” e passare dall’“io isolato” al “noi in cammino”, educando la carità nel cuore, la forza nella volontà, l’orientamento del desiderio.

Leggendo, mi sono sorpreso a rallentare. La prosa è scorrevole, nitida. Eppure ogni episodio reclama tempo. Respirare. Ascoltare. Lasciarsi toccare. La forza del volume sta nella sua umiltà: non pretende di dire tutto, custodisce l’essenziale – la promessa – mentre la vita scorre. È come sedersi a tavola con gli autori: luce calda, nessuna ansia di convincere. In controluce, un esercizio quotidiano di spirito di umiltà: ascoltare prima di spiegare, servire prima di chiedere, lasciarsi cambiare senza perdersi.

Il matrimonio, qui, non è romanticismo perpetuo né puro dovere: è alleanza. E l’alleanza ha un profumo preciso: fiducia ogni mattino, perdono che rialza, cura anche quando “non si sente”. La promessa regge l’amore quando il sentimento tace: un amen quotidiano che stabilizza il cuore.

L’amore coniugale non si misura sulle prestazioni, ma sulla disponibilità a farsi prossimo, a lasciarsi convertire dalla presenza dell’altro. L’altro non è uno specchio: è un’epifania che mi chiama per nome; nella reciprocità divento più io aprendomi al tu.

Il limite non si cancella: si attraversa. Le ferite non si negano: si fasciano. I conflitti non si fuggono: si abitano con mitezza, cercando la parola giusta. Le crepe non sono difetti da occultare, ma fessure da cui passa la grazia: paziente e benevola, «tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta» – e la mano si riapre invece di chiudersi.

***

Uno dei tratti più riusciti è la teologia “domestica” che affiora senza mai farsi predica. Qui si intravede la mistica del matrimonio: lo stupore dello straordinario che abita l’ordinario.

Qui la fede non è un’aggiunta, è il respiro quotidiano: la benedizione prima di uscire, la fatica condivisa, la tavola come altare feriale, la stanza dei figli (o il loro desiderio, o la ferita di non poterli avere) come culla di attese. Generare non è solo dare la vita: è far crescere futuro e casa in chi ci è affidato. Così il desiderio si concentra, non si disperde, e l’anima ritrova pace nel servizio.

La cornice pastorale del vescovo è puntuale ed elegante: il sacramento non è un’etichetta “sacra” sul sentimento; è dono da custodire e compito da apprendere. La vita diventa maestra: scelte economiche, gestione del tempo, ritmi della casa, cura degli anziani, convivialità, silenzi da riempire non con rumore ma con ascolto.

La grazia ha il passo leggero e la santità non si misura sulle eccezioni, ma sulla fedeltà alle piccole cose.

La carità non cerca il proprio interesse, non si irrita, non si gonfia, non manca di rispetto; trasforma senza clamore. È il lavoro costante di carità nel cuore e forza nella volontà che, poco a poco, scioglie l’ego in un “noi” generoso.

***

Mi ha fatto bene anche la sincerità sugli attriti: incomprensioni, paure, difese, parole che feriscono, fatiche nell’educare, differenze di carattere. Non c’è compiacimento, c’è lucidità: amare non è facile, è possibile.

La possibilità nasce da due gesti rivoluzionari: chiedere perdono e ricominciare. Non tenere conto del male ricevuto salva la coppia: preferire la riconciliazione alla rivalsa è vincere insieme. Così si intuisce che il sacramento non è un ricordo, ma una sorgente che zampilla nel presente, soprattutto quando le forze sembrano finite. In quei momenti, l’anima ritrova pace e la volontà si rialza.

Il libro mostra come si supera il romanticismo ingenuo: l’autrice e Alfonso scoprono che l’amore non è una fiaba, ma una crescita quotidiana capace di affrontare burrasche reali senza idealizzare né cedere al cinismo. E quando sopraggiunge la prova, appare la potenza del sacramento: non semplice rito, ma forza che abilita ad amare senza condizioni. Volontà (decisione di donarsi) e carità (dono di sé) diventano l’asse portante della fedeltà.

Ritengo che il libro aiuti a smontare tre illusioni diffuse.

Primo: non esiste l’“anima gemella” come destino magico; esiste un’anima con cui diventare gemelli di spirito, perché non è l’elettricità dell’istante a fondare la storia, ma la forza nella volontà che verifica, attende, sceglie di nuovo. Per esempio, quando l’autrice confessa di aver dovuto lasciare andare l’immagine del partner “perfetto” per imparare ad amare la persona reale, con i suoi tempi e i suoi limiti.

Secondo: l’aspettativa che l’altro debba capirmi immediatamente – un mito che crea pretese e frustrazioni. La vera intesa nasce da ascolto, chiarezza e pazienza. Lo si vede quando i due smettono di rincorrere dialoghi frettolosi o consigli di terzi e si ritagliano spazi protetti per parlarsi davvero, fino ad arrivare al perdono gratuito.

Terzo: l’amore vero non “fila liscio”; diventa il luogo in cui la promessa cresce tra inciampi e riprese – perfezione come cammino, fino a ritrovare pace nell’anima. Lo si capisce quando la narrazione passa attraverso stagioni altalenanti – cadute e ripartenze – e proprio lì la fedeltà feriale e la forza del sacramento rimettono in moto il “noi”. Risultato: si riparte. Insieme.

***

Il messaggio è semplice: senza l’altro, l’io non accade. L’identità non si fabbrica in solitudine; mi è consegnata quando un tu mi raggiunge e mi chiama fuori dal mio perimetro. Di fronte all’altro, la mia libertà smette di essere arbitrio e diventa risposta; la misura di me non è il mio umore, è il bene dell’altro che mi precede. Per questo la comunità non è una gabbia ma una rivelazione: l’io è relazione prima ancora che decisione. E la vera ascesi non è stringere i denti, è lasciarsi decifrare da una presenza che mi supera e mi affida a qualcosa di più grande di me.

Nessuno custodisce da solo la propria vocazione: parrocchia, amici, coppie più anziane, volti-compagni di strada. In tempi di individualismo affettivo, è ossigeno vedere come la comunione non spenga l’intimità ma la fortifichi contro le intemperie. Qui si educa lo spirito di umiltà: chiedere consiglio, lasciarsi sostenere, diventare sostegno.

Ritorna la memoria: ricordare gli inizi, riprendersi per mano quando ci si smarrisce, riaprire l’album delle promesse per ritrovare il coraggio del “sì”. Memoria non come nostalgia, ma come profezia. Ciò che Dio ha iniziato – se lo lasciamo fare – lo porta a compimento attraverso la nostra libertà. E la libertà, nel matrimonio, non è mai solitaria: è una libertà “a due” che dilata l’io nel noi; così il desiderio resta orientato e il cuore persevera nella carità.

Non rivelerò i passaggi della vicenda: è giusto che il lettore li scopra da sé. Posso dire però di aver provato gratitudine: per la delicatezza, l’onestà, la speranza non ingenua. Niente scorciatoie. Solo sostanza. Fermarsi. Pregare anche quando non “viene”. Ascoltare il coniuge prima di difendersi. Fare spazio all’altro senza annullarsi.

***

A chi lo consiglierei?

Ai fidanzati seri. Agli sposi stanchi. A chi porta ferite. Alle comunità che vogliono accompagnare senza invadere. A chi pensa che il matrimonio cristiano sia un ideale astratto: questo libro risponde con la sostanza della vita.

In definitiva, questo libro è un invito gentile e tenace: lasciati educare dal tuo matrimonio. Non cercare la perfezione: custodisci la promessa. Non pretendere di capire tutto: riconosci i segni. Non temere il limite: lì l’amore diventa affidamento, non conquista. Quando tocco il limite, ricordo: paziente e benevola; non si irrita, non si gonfia; tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. E il passo riprende, insieme.

Così la carità nel cuore, la forza nella volontà e l’orientamento del desiderio fanno spazio a uno spirito di umiltà che dona pace all’anima: perfezione come cammino, non come vetrina. E quando la casa tace e restate solo voi due, ricordatevi che non siete mai soltanto in due: una Presenza discreta sostiene, guarisce, ricrea. Questa è la certezza che il libro consegna: l’amore coniugale non è un sogno fragile, ma una strada praticabile – una santità a misura di casa.

Il matrimonio è una chiamata dall’eternità all’eternità. L’intimità vera nasce quando i due sanno prendere distanza da sé stessi: meno «io» al centro, più spazio per il «noi». E più si avvicinano a Dio, più diventano vicini tra loro, perché sono riempiti alla radice e non devono colmarsi a vicenda. Così l’autenticità non si riduce, fiorisce.

Alfonso Ricucci – Elisabetta Rossi, Giù le mani dal nostro matrimonio. La potenza del sacramento si manifesta nella prova, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2025, pp. 128, € 13,00

Print Friendly, PDF & Email

4 Commenti

  1. Non credente 24 novembre 2025
    • Filippo 24 novembre 2025
      • Anita 27 novembre 2025
  2. Sabrina 23 novembre 2025

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto