Per una pedagogia della noia

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In un tempo dominato da ritmi frenetici e stimoli continui, la noia sembra un nemico da evitare a ogni costo. Il problema è che trova comunque il modo di manifestarsi, diventando un paradosso per una società iperconnessa come quella attuale.

È questo l’originale spunto seguito da Stefania Schiavetto (licenza in Scienze religiose) nel libro Noia creativa? Dal tempo libero al tempo liberato, quinta pubblicazione della sezione Education della collana Triveneto Theology Press edita dalla Facoltà teologica del Triveneto (il libro è open access, scaricabile gratuitamente dal sito www.fttr.it).

Attraverso il contributo di pensatori antichi e di sfide contemporanee, l’obiettivo del lavoro, che ha la prefazione di Lorenzo Biagi, è di proporre un ripensamento della noia, non più come vuoto da colmare, ma come spazio fecondo da abitare. Lontano dall’essere solo un fastidio, la noia diventa qui un’opportunità di crescita, in cui si svela tutto il suo potenziale creativo, soprattutto in ambito educativo e didattico.

Un invito a riscoprire il valore del tempo liberato rivolto a educatori, studenti e lettori curiosi e a guardare con occhi nuovi ciò che spesso spaventa di più: il silenzio e l’attesa.

Naufraghi in un mare di noia?

L’analisi di Stefania Schiavetto parte dalla storia della noia, che affonda le sue radici fra i monaci medievali, per arrivare al giorno d’oggi, dove si osserva che la noia mantiene attivo l’individuo, ma anche lo condanna a un consumismo sfrenato e, allo stesso tempo, spietato.

«Quando il desiderio diventa insa­ziabile, – scrive l’autrice – l’uomo finisce per cadere vittima di un circolo vizioso, segnato dal consumismo di massa. Esso non appaga il soggetto, ma lo espone a un altro tipo di noia: quella da iperattività, che lo condanna ad avere giornate e agende sempre piene di impegni».

Il dato allarmante è, tuttavia, un altro:

«I bambini e i ragazzi che appartengono al nostro tempo sono nati in quest’epoca che scorre dai ritmi veloci, non cono­scono altri caratteri se non quelli posseduti da questa società opulenta e di conseguenza sono destinati a crescere maturando l’idea che la vita non abbia alcuna possibilità di rallentare, che non ci sia del tempo da perdere. La scuola stessa, così come si presenta strutturata attualmen­te, possiede delle responsabilità non da poco».

Se molti educatori soffrono di Fomo (Fear Of Missing Out), si spiega perché la scuola corra veloce: semplicemente essa si adatta al tempo che trova.

Per un cambiamento di rotta

Ecco perché è importante riscoprire la creatività, che consente di aprire sempre nuovi orizzonti. La famiglia e la scuola – di fatto le due agenzie educative per ec­cellenza – rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo della creatività di bambini e ragazzi.

«È importante che la noia possa trovare il suo posto tra i ban­chi di scuola, non come una spiacevole compagna delle lunghe lezioni del mattino, bensì come un tempo efficace, ugualmente riconosciuto e accolto sia dagli insegnanti che dagli studenti, da impiegare in modo opportuno rendendolo produttivo. Lasciare che bambini e ragazzi spe­rimentino da soli come organizzare il loro tempo vuoto, sia a casa che a scuola, può riservare grandi sorprese».

Infine, imparare a “stare” nella noia significa anche imparare a tollerare meglio momenti di incertezza, di ansia o di frustrazione, e stimola la ricerca di soluzioni alternative che possono nascere sia dai propri errori sia dagli imprevisti che interpellano dall’esterno.

Una pedagogia della noia

«La noia è una sorta di “blob” che, alla fine, risulta imprendibile ed è in grado di “blobbare” spezzoni diversi delle nostre vite che pesano senza venirne a capo. La noia ci affascina nello stesso modo in cui provoca la nostra repulsione», scrive Lorenzo Biagi nella prefazione al testo. E aggiunge:

«Oggi in generale, nella nostra organizzazione socioculturale della vita sottomessa alla triade efficienza-efficacia-prestazione, la noia viene vista sempre di più o come una patologia o come qualcosa da rifuggire senza indugio».

La noia, però, non può essere avvicinata soltanto in chiave negativa, ma dev’essere colta prima di tutto «come quello stato d’animo che cova al suo interno la ricerca di qualcosa d’altro, l’inquietudine (tutt’altro che malsana) per inedite esplorazioni e per cammini non scontati e non garantiti».

D’altra parte, una recentissima ricerca dell’australiana University of the Sunshine Coast rileva che «l’esperienza della noia attiva nel cervello varie aree cognitive – spiega Biagi – per cui la persona annoiata è spinta a estrarre da sé stessa nuove storie, idee e fantasie che, nel segno della creatività, ri­attivano volontà, sentimenti e azioni favorevoli a nuovi impegni».

E mette in guardia:

«Un solo grande nemico: la ricerca continua di nuove distrazioni, come compul­sare nevroticamente lo smartphone, così che questi stimoli senza pausa creano un sovraccarico del sistema nervoso che induce stress e ansia appena il loro flusso viene a mancare. Per questo motivo – conclude – prendere sul serio una pedagogia della noia può risultare un promettente invito».

Stefania Schiavetto, Noia creativa? Dal tempo libero al tempo liberato, coll. Education 5, Ed. Triveneto Theology Press, pp. 132, ISBN 979-12-81328-1-98 (volume open access).

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3 Commenti

  1. Giuseppe 8 novembre 2025
    • Pietro 8 novembre 2025
  2. Pietro 8 novembre 2025

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