Secondo l’autore, brillante studioso prematuramente scomparso nel 2010 dopo essere stato docente di esegesi dell’AT a Eichstätt e in seguito presso la Facoltà cattolica di teologia dell’Università di Münster (dove fu anche decano), la tesi del libro è la seguente: «I “salmi contro il nemico” sono un modo di togliere agli stereotipi aggressivi del nemico la loro distruttività e trasformarli in forza costruttiva» (p. 9).
«L’orante e i suoi nemici: questo è semplicemente il tema dominante del Salterio», afferma il grande veterotestamentarista N. Lohfink.
Othmar Keel, in una sua monografia, ha individuato ben 94 modi di indicare il nemico nel salterio. Una presenza ossessiva che, per molti studiosi e cristiani, rende improponibile la lettura completa del Salterio come preghiera cristiana. Per evitare un marcionismo strisciante, essi affermano che varie parti di esso sono puramente ebraiche, subcristiane, veterotestamentarie, irrecuperabili a una lettura cristiana. Non passano la barriera costituita dalla cristologia e dall’ecclesiologia del NT.
I Salmi contro il nemico o salmi di vendetta/maledizione – più comunemente conosciuti in Italia come “Salmi imprecatori” – sono stati fatti oggetto di mutilazioni varie («atto di barbarie dottrinale» lo definisce Zenger a p. 10) prima di esser ammessi alla preghiera ufficiale della Chiesa. I salmi di vendetta/imprecatori sono davvero un problema complesso, riconosce lo studioso stesso nel c. 1 della sua opera (pp. 13-40).
Nel c. 2 (pp. 41-68) l’autore ricostruisce il percorso che ha portato – a partire dalla discussione nel concilio Vaticano II fino alla decisione romana del 1971 – a «vie di soluzione non percorribili», secondo la sua opinione, per quel che riguarda questi salmi: ignorare, correggere, mutilare, attenuare con l’interpretazione, “cristianizzare” ecc.
Nel c. 3 (pp. 69-118) Zenger analizza il testo di sette salmi. Secondo i suoi titoli riassuntivi, il Sal 12 è una protesta contro la violenza di uomini brutali; il Sal 139 esprime una lotta appassionata contro la violenza strutturale; il Sal 58 è un grido di diritto e di giustizia; il Sal 83 è la testimonianza per Dio quando tutto parla contro di lui; il Sal 137 si domanda che cosa resta agli indifesi; il Sal 44 esprime un cambiamento dell’immagine del Dio violento; il Sal 109 esprime il grido dell’orante in forte difficoltà: «Mi combattono senza motivo, ma io sono preghiera».
Nel c. 4 Zenger propone l’ermeneutica dei salmi contro il nemico e di vendetta (pp. 119-150) e nel c. 5 enuclea le conseguenze per la prassi (pp. 115-163).
Chiudono il volume le indicazioni bibliografiche ragionate (pp. 163-168) e l’Indice dei Salmi commentati nei quattro volumi (pp. 169-170).
Nel render conto di qualche tesi di fondo di Zenger, citeremo ampiamente alcune sue proposizioni, nella quale apprezzeremo la precisione del linguaggio, che aiuta a dipanare la complessa semantica del linguaggio della “vendetta” biblica chiesta a Dio. Un Dio di vendetta?
I salmi imprecatori e di vendetta richiedono di «delineare l’orizzonte teologico in cui… hanno visto la luce, in modo da rimuovere quegli equivoci che sorgono in noi quando e poiché ascoltiamo questi salmi con un atteggiamento troppo legato alla nostra visione della vita e agli stereotipi della tradizione cristiana. E si tratta di renderli comprensibili come preghiere autentiche di uomini della Bibbia, così che non siano visti solo come questione aperta della cultura cristiana della preghiera, ma come arricchimento autentico. I salmi imprecatori e di vendetta implicano una prospettiva del giudizio come “invocazione di diritto e di giustizia” e come segnale di speranza contro il fatalismo e il fanatismo pseudoreligiosi» (p. 121).
In questi salmi c’è un enorme potenziale di speranza. Il salmista vuole mantenere la propria dignità umana, proprio là dove è calpestata. Egli esprime a Dio e per Dio la propria speranza che egli come giudice imponga e ristabilisca il diritto. Questo segna nell’AT il confine tra l’“empio” e il “giusto”. «Nel grido di aiuto e di vendetta dei salmi non si tratta di piccoli o grandi conflitti che potrebbero essere risolti dall’orante con la sua saggia magnanimità o con l’“amore per il prossimo”. In essi piuttosto gli oranti gridano la loro sofferenza per l’ingiustizia e per la hybris dei violenti. Mettono il loro stesso Dio di fronte al mistero del male e alla contraddizione che i malvagi rappresentano in un mondo di cui Dio si prende cura. La sofferenza di questi salmi deriva dalla convinzione di fondo che la giustizia deve avvenire – quanto meno grazie a un Dio che ha creato la terra come “casa della vita” per tutti, sulla quale vuole sorgere come “sole della giustizia” che scaccia il male e salva coloro che sono minacciati dalla morte. […] In questo grido di invocazione è affrontata la dolorosa realtà che i giudici e i tribunali umani non bastano a stabilire la giustizia perfetta» (p. 123).
La preghiera non sacralizza un Dio violento e vendicativo (secondo il nostro sentire moderno). Occorre essere attenti alla semantica della parola “vendetta/neqāmāh”. Si parla di “vendette”, di un modo di agire di Dio e non della sua natura. Gli oranti «gridano al loro Dio come giusto giudice e così impediscono a se stessi la “vendetta” […] fanno appello a un Dio che, come il Dio del diritto, esamina, decide e punisce; punisce non per il piacere di punire ma per ristabilire e difendere l’ordine, che è stato turbato, e il diritto» (p. 128).
Non ci si appella a un Dio della vendetta indiscriminata. «L’analogon che qui resta sullo sfondo non è la vendetta incontrollata o segreta, ma l’intervento pubblico, di un’autorità legittima del diritto, che prende la sua decisione secondo principi di diritto e vuole difendere, anzi favorire, il bene comune mediante un’esecuzione legittima della pena» (ivi). «… il sistema giudiziario pubblico è soltanto un analogon di ciò che è in questione quando si parla di Dio come giudice/“vendicatore”/salvatore. [… Si parte…] dal presupposto che Dio è colpito personalmente, anzi è messo in questione dall’ingiustizia – e dal presupposto che deve fare giustizia “per amore del suo nome”. […] Dio non è l’entità neutra, disinteressata di una corte indipendente. Proprio perché è il Dio vivente, gli oranti cercano di sfidarlo nella sua distanza e spingerlo a prendere partito. Non deve limitarsi a esercitare la sua carica di giudice, ma in questa comunicare se stesso» (p. 129).
«I salmi imprecatori non offrono né una teologia dogmatica né un compendio di etica biblica. Sono preghiere poetiche che tengono uno specchio davanti agli attori della violenza. E sono preghiere che possono aiutare le vittime della violenza mettendo loro in bocca il grido che invoca la giustizia e il Dio della punizione, a preservare la loro dignità umana e a mantenere non violenta, nella protesta orante contro la violenza empia, la paura dei nemici e gli stereotipi del nemico. La delega della punizione a Dio che i Salmi documentano implica la rinuncia alla punizione in prima persona, e questo è anche il contesto biblico d’insieme nel quale i Salmi sono tramandati. I salmi imprecatori devono quindi essere recitati anche nella consapevolezza del contesto canonico in cui si trovano, ossia devono essere visti e apprezzati nel contesto letterario del libro dei Salmi e della Bibbia intera – come una voce nel coro polifonico del complesso discorso di e su Dio. […] … chi nega il lamento ai sofferenti, nega loro la loro lingua e quindi un atto fondamentale della loro umanità. […] Chi vuole aprirsi ai Salmi deve aprirsi anche a questa visione complessa della condition humaine – e così attraverserà con Dio gli alti e bassi della vita. Recitando i Salmi secondo il canone, si potrebbe dimostrare concretamente il concetto, così importante nella liturgia delle ore ecclesiastica, della preghiera vicaria e solidale» (p. 157-158).
Un testo importante su un tema cruciale e “imbarazzante” per chi vuole pregare con la Bibbia un Dio che si prende cura della sete di “vendetta = giustizia = diritto” che pervade il grido accorato che sale al suo cuore dai suoi figli oppressi e annichiliti dalla violenza umana.
Erich Zenger, Salmi. Preghiera e poesia. 4. Dio di vendetta? I salmi contro il nemico (Studi biblici 192), Claudiana, Torino 2018 (or. ted. Freiburg i. Br. 2011), pp. 176, € 18,80.