Lungo il Cammino sinodale si sono raccolti interrogativi, questioni, esigenze di riforma della Chiesa, che hanno suscitato molte attese, oggi puntate sulla seconda sessione del Sinodo e sulle decisioni che il papa prenderà in seguito. Le aspettative sono molte, troppe perché alcune non restino deluse. Ma se quelle più pertinenti al tema del Sinodo, cioè alla promozione della sinodalità, non ricevessero una risposta, si farebbe un passo indietro invece che in avanti. Molto rumore per nulla?
La promozione della sinodalità si propone la maturazione della fede e della spiritualità dei fedeli. Nello sviluppo del vivere, la persona umana esce dalla condizione di minorità quando le viene riconosciuta la capacità di decidere su di sé e, assieme agli altri, sulla vita della comunità.
Oggi, di fatto, stando al Codice di diritto canonico, i fedeli, compresi i diaconi e i preti, non hanno, neppure negli ambiti in cui non è in gioco la dottrina e la disciplina dei sacramenti, alcuna istanza in cui si vedano riconosciuta la capacità di decidere con un voto quanto riguarda la vita della diocesi e neppure, i fedeli laici, nella vita della parrocchia.
I consigli attualmente previsti, salve poche eccezioni, godono solo di un voto consultivo. Il problema, quindi, della sinodalità non può essere risolto con un desiderato superamento di una inveterata mentalità clericale. È indispensabile un cambiamento della normativa canonica.
Scorrendo la documentazione sui diversi stadi del Cammino sinodale e leggendo la Relazione di sintesi dell’assemblea dello scorso ottobre colpisce il fatto che sulla partecipazione dei fedeli alle decisioni si insista soprattutto quando viene avanzata la questione della donna nella Chiesa. Se il problema coinvolge tutti i fedeli, come mai vi si insiste soprattutto a proposito delle donne?
La risposta, per quanto apra questioni scomode, è inevitabile: perché la capacità decisionale è riservata ai ministri ordinati e la donna non può ricevere il sacramento dell’Ordine. Questo sembra porla inevitabilmente in uno stato di minorità.
Una via frequentemente proposta per affrontare il problema è quella dell’istituzione di nuovi ministeri cui far accedere anche le donne, affidando loro la cura pastorale di una comunità. È una strada percorribile. È importante però che non si risolva in un rispristino della divisione fra Ordine e giurisdizione, che il Concilio ha inteso superare.
Il prete, come già accade in alcune situazioni, non può ridursi a passare le sue giornate in auto, sulla moto o in barca per andare a celebrare messe qua e là mentre altri avrebbero il ministero della cura pastorale della comunità.
Il fatto che alla metà degli umani sia precluso l’accesso a un sacramento solo perché donne, giusto o ingiusto che sia, costituisce di fatto per molti uno scoglio nel cammino verso la fede.
Non sono solo donne, né solo donne che vorrebbero essere ordinate, a domandare al Sinodo e al papa l’apertura all’ordinazione diaconale delle donne. È una domanda ragionevole, di una cosa buona, il cui esaudimento sarebbe utile a molte comunità cristiane. Rispondere con un no senza esibire ragioni in contrario assolutamente cogenti non può non dare alle donne la sensazione di essere discriminate.
Ora, nessuno potrebbe dire che le ragioni abitualmente addotte per rispondere con un no siano assolutamente cogenti. La Relazione di sintesi della trascorsa sessione del Sinodo annota che, accanto a chi ritiene la tradizione assolutamente contraria, c’è stato anche chi giudica che «concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini» (9 j).
La questione della tradizione, quindi, non offre da parte degli storici una risposta univoca. Non solo, ma è tutta la tradizione sul sacramento dell’Ordine a essere attraversata da innumerevoli cambiamenti. Basti ricordare che il Concilio Vaticano II ha eliminato un grado dell’Ordine, il suddiaconato, che Trento aveva definito come uno dei tre ordini maggiori. Il Concilio tridentino poi non includeva nei tre gradi dell’Ordine l’episcopato, considerato un ministero giurisdizionale, che invece il Vaticano II definisce «summum sacerdotium, sacri ministerii summa» (LG 21).
Del ministero della predicazione, che secondo il Vaticano II «i vescovi, quali successori degli apostoli, ricevono dal Signore» (LG 24), nel decreto dottrinale di Trento non si fa menzione.
Fu un curioso episodio accaduto durante il dibattito in concilio l’intervento di uno dei Padri secondo il quale non era possibile definire il ministero della predicazione de iure divino, perché sarebbe equivalso a dichiarare che vescovi e papa vivono tutti in stato di peccato mortale. Per secoli, infatti, i papi non predicavano e i vescovi, solo qualcuno, eccezionalmente. Non sono certamente varianti di poco conto.
In conclusione, la tradizione mostra che la Chiesa, nell’esercizio del suo legittimo magistero, può introdurre dei cambiamenti nella comprensione della dottrina e nella pratica del ministero ordinato.
Un concilio, o il papa da solo, possono, quindi, lecitamente e validamente disporre l’ordinazione delle donne nel grado del diaconato. Se, in risposta alle attese di oggi, il papa lo farà, sarà un gran bene per la Chiesa.
Non che una simile riforma risolva tutti i problemi, ma sarebbe il segnale importante di una svolta in atto verso il più pieno adempimento della dottrina del Vaticano II: «Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché “non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è schiavo né libero, non c’è uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù”» (LG 32).
- Questo articolo è in uscita su Vita Pastorale 5/2024.
Il Sacramento dell’Ordine è un unicum, seppur attualmente conferito in gradi (c’è anche chi sostiene che l’Episcopato possa essere conferito “per salto”). Sono dell’idea che sarebbe molto inopportuno conferire l’ordinazione diaconale alle donne per almeno tre motivi: il primo è che le testimonianze antiche non sono sufficienti per stabilire che fosse una ordinazione sacramentale – e chi sostiene il contrario anche leggendo i testi delle rispettive preghiere e confrontandole con quelle per gli uomini nota delle sostanziali differenze è in malafede e la loro battaglia è ideologica e fondata su una errata comprensione di uguaglianza sotto tutti i punti di vista tra maschio e femmina, tra uomo e donna – ; il secondo è che, quand’anche si dimostrasse che l’antica ordinazione delle diaconesse era sacramentale, poi nei secoli è caduta e si è persa e nella Chiesa Cattolica almeno di rito latino non è più comparsa (e io non credo che sia una questione banale e superficiale di cosiddetto maschilismo quanto piuttosto di presa di coscienza che l’Ordine sacro non è stato voluto dal Signore per le donne); infine, il terzo consiste nell’evitare di mettere in discussione la sentenza definitiva e infallibile di San Giovanni Paolo II in Ordinatio sacerdotalis (la quale è testo ufficiale del magistero ordinario del Papa avente valore obbligante per tutta la Chiesa) che stabilisce come appartenente al depositum fidei Cattolico che la Chiesa non ha il potere di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne (presbiterato ed episcopato) e questo, checché ne dicano taluni è stato chiarito ufficialmente e con autorità magisteriale in risposte date a nome di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI dalla Congregazione per la dottrina delle fede, da Benedetto XVI in una pubblica Celebrazione della Messa e, per ultimo, da Francesco in una conferenza stampa (cito a memoria): “l’ultima parola – sulla ordinazione sacerdotale delle donne – è stata detta da San Giovanni Paolo II e quella rimane”. Con buona pace di tutti.
Quanti errori si sono fatti in passato guardando indietro anziché avanti!
Penso solo che ci potrebbe un serio problema ecumenico nei riguardi dell’Ortodossia
L’ordinazione di diaconesse nell’ortodossia attuale e dell’ultimo secolo è raro, ma non inesistente, come fra gli armeni miasifiti (l’ultima diaconessa degli armeni di Costantinopoli è morta nel 2007). Il patriarcato di Alessandria ha ordinato delle diaconesse (come ordine minore) alcuni anni fa in Congo. Tutto dipende dal ruolo che le ordinate avranno
Nella Chiesa di Gesù non esiste nessuna preclusione di pastore donna o uomo, per il semplice fatto che è laica. RIPETO LA CHIESA DI GESU’ E’ LAICA.
Gesù ha comunque istituito un Ministero con il compito di servire i fedeli, annunciare la Parola e celebrare i Sacramenti.
Anche i movimenti ereticali come i Catari erano laici.
I catari avevano una gerarchia ben definita di ‘perfetti’, che ricevevano una sorta di ordinazione e svolgevano un ministero, e i fedeli normali
fonte http://gnosis.org/library/Consolamentum.html
La chiesa di Gesù è laica, ma la nostra chiesa lo è? Possiamo pensare che il ministero dell’ordine corrisponda al pensiero di Gesù, lui che era un laico? Penso che ci sono tante contraddizione nella nostra chiesa, ma non vedo alcuna possibilità al momento di cambiamento in una realtà sclerotizzata e tenacemente difesa dai presbiteri.
Buongiorno,
la gerarchia ecclesiastica ha permesso di mantenere retta la tradizione evangelica, dando un’ impostazione forte e coerente al cattolicesimo. i laici non potrebbero farlo, perché non hanno avuto da Gesù Cristo il comando di lasciare tutto, né hanno ricevuto i doni spirituali corrispondenti. è la storia.
Basterebbe che Papa Francesco o un altro Papa dichiarasse che è valido oggi il canone XV del Concilio ecumenico di Calcedonia del 451 DC riguardante proprio il diaconato femminile.
“XV. Delle diaconesse.
Non si ordini diacono una donna prima dei quarant’anni, e non senza diligente esame. Se per caso dopo avere ricevuto l’imposizione delle mani ed avere vissuto per un certo tempo nel ministero, osasse contrarre matrimonio, disprezzando con ciò la grazia di Dio, sia anatema insieme a colui che si è unito a lei.”
Il problema è che non è ben chiaro cosa fosse il diaconissato di cui si parla in quel canone e in altri simili, in quanto le fonti sono spesso discordi.
Si va da documenti che ne parlano quasi fosse l’equivalente femminile del diaconato ad altre che invece lo trattano come un ordine minore con ruoli minori. Non è ben chiara nemmeno la sua relazione con le vergini e le vedove consacrate.
Quando qualcuno mette in discussione le diaconesse non venissero ordinate, invece il Concilio di Caldedonia chiarisce che le diaconesse venivano ordinate. Nella Chiesa del primo millennio le decisioni dei concili ecumenici non sempre venivano applicate localmente e ciò provocava discordie varie. Le diaconesse erano presenti anche a Roma ma abbiamo perso la memoria.
Il testo greco non ha ‘ordinare’, ma ‘imporre le mani’ (cheirotonia, cheirotonen) che in quell’epoca si riferisce indistintamente a tutti i riti ecclesiastici per cui una persona viene immessa in un ministero, sia episcopato, presbiterato e diaconato che i vari minori, che in Oriente vengono conferiti con l’imposizione della mano
Ma per favore. Il sinodo è un grosso abbaglio su questioni già definite e riaperte solo per far contento il mondo. Leggete Romano Amerio.
E i tanto che loro discutono sul diaconato femminile crolla drammaticamente la pratica religiosa e la partecipazione dei fedeli https://www.store.rubbettinoeditore.it/catalogo/la-messa-e-sbiadita/
Le diaconesse ( se stanno approvate) giocheranno a canasta in chiese deserte o faranno le dame di carità.
Non si tratta di un cambiamento della comprensione, si tratta “solo” di comprensione che, solo se produce cambiamenti la si può definire tale. Stimoliamo la comprensione, soprattutto del vangelo. Cercando quelle categorie animate dallo Spirito che non si limitino a riproporre solo quello che si sa già.
Ma perché solo diaconato alle donne e non anche la possibilità di avere il dono del sacerdozio ministeriale?
Il vero obiettivo non è conferire il diaconato alle donne ma depotenziare il sacerdozio ministeriale.
È stato detto giustamente altrove che il diaconato non è altro che il primo grado di un unico sacramento: l’ordine.
Se si afferma che il primo grado del sacramento dell’ordine è “non ministeriale” si apre la strada ad una riqualificazione di tutto il sacerdozio ministeriale (compreso l’episcopato).
Avremo quindi dei ministri solo in senso funzionale e magari anche soltanto a tempo.
Si potrà, ovviamente, conferire il sacerdozio funzionale “non ministeriale” a uomini sposati o donne indifferentemente.
Non ricorda la distinzione fra benedizioni “liturgiche” e non “liturgiche”?
Peccato che il diaconato sia ben distinto dal presbiterato e dall’episcopato, in quanto rende partecipe solo del ministero e non sacerdozio, e configura a Cristo Servo e non a Cristo Sacerdote.
E sono comunque scettico di queste proposte di reintroduzione vaghe senza dettagli
Sarei felicissimo di sbagliare.
Vedrà che comunque il diaconato femminile, se si farà e io spero di no, verrà usato come grimaldello per aprire al resto.
Evidenziato il fatto di chi possa disciplinare il conferimento dell’ordine sacro, rimane, mi pare, del tutto aperta la questione delle ragioni teologiche per poter affermare che l’ordine del diaconato è intrinsecamente diverso da quello del presbiterato, secondo il modo petrino, cosa che lo configurerebbe non come grado diverso dell’ordine, ma sacramento di ordine diverso. Senza voler prendere posizione per una soluzione o per un altra (cosa che non mi compete) credo che questo sia un nodo la cui soluzione è assolutamente previa alla questione sul diaconato femminile e della sua grazia. Piuttosto, quello che mi pare davvero scandaloso è che nel sinodo si voglia continuare a parlare di diaconato senza invitare i diaconi a parlarne: come se si volesse parlare del ruolo delle donne senza invitarle a parlare di sé, delle loro esperienze, dei carismi che vivono, senza trattarle da protagoniste ma solo come argomento di discussione!
” In conclusione, la tradizione mostra che la Chiesa, nell’esercizio del suo legittimo magistero, può introdurre dei cambiamenti nella comprensione della dottrina e nella pratica del ministero ordinato”.
Parole pacate ma dirette, senza cioè tortuosità e infingimenti, che connotano il teologare di intellettuali come Dianich, Ruggieri, Huenermann, Komonchack, ecc. Ovvero di teologi che hanno vissuto il concilio e hanno praticato una teologia di alto spessore non solo ecclesiale ma anche scientifico.