
Speravo in un Bernardo, è arrivato Leone… dall’amico di sempre e compagno delle prime ore al confidente e accompagnatore dentro un percorso istituzionale. Per il momento non abbiamo che simboli e piccoli indizi per tentare di dire qualcosa del nuovo papa.
Alcuni possiamo metterli in fila, e dare voce alle suggestioni generate dal presentarsi sulla scena del mondo del primo americano a succedere nel ministero petrino. In un attimo ha fatto scomparire più di sessant’anni di dietrologia ecclesiastica. Riprendo un commento da una chat di amiche e amici avvezzi alle cose di Chiesa: «il vestito è un passo indietro, il discorso spinge in avanti…». Quasi come se improvvisamente fosse apparsa, sulla loggia di San Pietro, una schizofrenia indecifrabile – ricomposta per un attimo. Se riesce a tenere insieme i due registri, perché ci sono cose molto più importanti dei battibecchi dei comari di sacrestia in questo momento, forse potremmo fare un passo avanti come comunità di coloro che sono affascinati e affascinate dalla sequela di Gesù.
Pace, ponti, sinodalità… e quella «perfetta letizia» che attraverso Leone Francesco ha voluto lasciare ai posteri – quella più forte di ogni porta sbattutati in faccia proprio dai tuoi. Lo farà a modo suo e tutti noi dovremo dargli una mano.
Il primo americano a Roma – e non ha detto nemmeno una parola in inglese. Ha usato le lingue del ministero che lo ha forgiato e di quello che lo plasmerà in avvenire: spagnolo e italiano. Si è rivolto alla Chiesa locale di cui è stato vescovo, non solo per ricordarla ma anche per averla con sé nei primi passi di un ministero esigente come è quello petrino. Per un attimo, la lingua del cuore, ha fatto breccia su una persona riservata: abbiamo visto che è capace di affetti calorosi e composti. Quelli che Parolin, insieme alla gioia, aveva evocato nella sua omelia agli adolescenti convenuti a Roma per il loro Giubileo.
Si è presentato anche spiegandoci chi è: un religioso agostiniano. Prima di diventare vescovo in Perù è stato superiore generale dell’Ordine. Un lavoro che ti dà visione globale e ti addestra all’esercizio collettivo della funzione di guida. Il secondo religioso di fila che diventa papa, perché bisogna essere stati dentro il collettivo, imbevuti del comune, per scardinare l’assolo monarchico che rappresenta la tentazione subdola del ministero petrino – perché ce l’ha scritta nel suo stesso DNA.
E poi la gioia della fede, che si è voluto intestare con il suo lavoro da amanuense e raccoglitore del sentire di Francesco. Affinché potessero restare: allora nell’Ordine dei frati, oggi ci auguriamo nella Chiesa di tutti e tutte.






Mi è parso un uomo sensibile e che si commuove facilmente: ha indossato il tradizionale abbigliamento papale, ma poiché ci ha spiegato che è monaco agostiniano -come M. Lutero- non sto a guardare l’abito. Molto bello il “Pace a voi!” che è il medesimo saluto pasquale del Risorto (8.5.25) e la prospettiva del nascondimento personale, perché appaia Cristo (omelia della messa coi cardinali, 9.5.25)
A primo impatto mi ha fatto una buona impressione, spero che continui l’operato di Papa Francesco. Una delle cose importanti e che ha fatto il papa è il missionario ed è stato in contatto diretto con la gente, ha toccato con mano la povertà. Questo è qualcosa di grande che tutti dovrebbero provare per crescere nell’amore… 🙏