
Pubblichiamo un testo nato nella collaborazione tra alcuni insegnanti presso un carcere del nord Italia con l’ISSR della Toscana e l’Istituto di Ricerca sulle Scienze delle Religioni della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Collaborazione che cerca di focalizzare elementi di teologia comparativa in contesti specifici e altamente significativi.
Leggere il Corano in una prospettiva laica è oggi più che mai necessario. I convulsi accadimenti che investono la geopolitica ormai da trenta o quarant’anni, con il loro catastrofico portato di morti e devastazioni nel teatro mediorientale e africano, richiedono di dotarsi di strumenti forti di conoscenza e comprensione delle culture altre, soprattutto dell’intricato universo di fedi, credenze politiche e sistemi di valori accomunato da una più o meno generica adesione alla religione islamica.
Conoscere la storia dell’Islam, leggere e comprendere il suo libro sacro, in una prospettiva non fideistica ma storica, è l’unica arma che l’Occidente, pur nella sua pretesa superiorità culturale, può mettere in campo all’interno di un tanto propagandato scontro, o incontro, di civiltà.
Se la prospettiva di un pacifico e costruttivo incontro tra due diverse visioni del mondo può essere facilmente demolita come eccessivamente ottimistica e ingenua, altrettanto ingenua appare la prospettiva dello scontro: quale pretesa di superiorità, quale casus belli potrebbe mai accampare un Occidente che si rifiuta di conoscere il suo avversario?
Non è questo il luogo per confutare la banale canea antislamica che quotidianamente rimbalza nei mezzi di comunicazione; tuttavia, il volume di cui qui si scrive offre l’occasione quantomeno per puntualizzare una prospettiva, un semplice atteggiamento nelle intenzioni costruttivo.
Leggere il Corano, si diceva all’inizio, è necessario, non già per imparare ad amarlo, ma per imparare a conoscerlo nella sua reale dimensione storica, disinnescando i pregiudizi. In ogni caso, leggere un libro – qualsiasi libro – è sempre meglio che non leggerlo.
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La meravigliosa complessità del testo coranico, tuttavia, affascina e insieme spaventa il lettore occidentale che si approccia ad esso da una prospettiva laica.
Leggere e studiare il Corano nel suo contesto storico e culturale può rivelarsi un’impresa ostica per i non specialisti, non solo a causa della barriera linguistica (apparentemente impenetrabile al lettore non arabista, ma impegnativa anche per chi possieda nozioni elementari delle parlate arabe contemporanee), ma soprattutto per la complessità intrinseca nel testo, intessuto com’è di riprese, citazioni, rimandi e allusioni ai testi sacri monoteistici precedenti e alle tradizioni dottrinarie preesistenti all’avvento dell’Islam.
Un errore abbastanza comune nell’approccio degli Europei al Corano e alla cultura islamica è infatti il considerare l’Islam e il popolo arabo dei tempi del Profeta come una comunità isolata e avulsa dal mondo ad essa circostante; risulta tutt’ora difficile, nell’immaginario anche del cittadino occidentale di media cultura, considerare che le comunità arabe che incontrarono la predicazione del Profeta erano contemporanee dell’Impero bizantino, dei Persiani Sasanidi e dei primi regni romano-germanici d’Occidente.
Le tribù arabe della Mecca e di Yathrib, lungi dall’essere isolate nel deserto, intessevano fitte e proficue relazioni culturali e materiali con i Greci di Bisanzio, i Cristiani d’Etiopia, gli Ebrei; pur ancorati a una millenaria visione politeista e animista, gli Arabi conoscevano chiaramente il concetto di monoteismo di matrice ebraica e poi cristiana, e su di esso poggiava consapevolmente, fin dall’inizio, la rivoluzionaria predicazione di Mohammad.

Chi decida di approcciarsi a una seria conoscenza storica e dottrinale dell’Islam, dunque, necessita dal principio di un solido apparato di nozioni e competenze per contestualizzare il fenomeno della rivelazione coranica nella sua temperie culturale.
Il bellissimo volume di Meir M. Bar Asher, nella sua agilità e autorevolezza, appare uno strumento prezioso per sopperire a questa necessità.
Il volume, di taglio accademico e rigoroso ma assolutamente maneggevole anche per i non arabisti, affronta l’affascinante questione del rapporto tra Corano e mondo ebraico, indagando, attraverso lo studio del testo rivelato stesso, la presenza delle comunità ebraiche e del loro pensiero religioso nella prima formulazione dell’Islam, e, in trasparenza, i rapporti tra la Umma e le comunità ebraiche della penisola arabica. In prospettiva, l’analisi dello studioso si rivolge anche all’evoluzione del rapporto tra Islam ed ebraismo, fino alle ricadute che esso ha nella storia contemporanea.
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Uno dei pregi maggiori del libro è il costante e accuratissimo riferimento al testo coranico, citato e spesso traslitterato in maniera efficace (una soluzione che, a mio avviso, può soddisfare tanto l’accademico quanto il lettore medio); ciò consente una costante contestualizzazione dei concetti trattati in riferimento al testo, e concede anche la possibilità al lettore intraprendente di approfondire la lettura dei passi coranici direttamente alla fonte.
La discussione sull’etimo e il significato di singoli termini, sempre molto limpida, amplia e arricchisce la comprensione, e offre al lettore continue occasioni di approfondimento dell’affascinante lingua coranica. L’ampio apparato bibliografico in nota, inoltre, fornisce allo studioso e al lettore solerte gli strumenti per un approfondimento puntuale delle questioni trattate, conferendo solida autorevolezza scientifica al testo, che tuttavia, va sottolineato, rimane sempre assolutamente scorrevole e fruibile anche fuori dall’approccio accademico.
In definitiva, se pure durante la lettura emerge saltuariamente e comprensibilmente nel testo il punto di vista dell’intellettuale ebreo israeliano – che rimane capace di un dialogo profondo e onesto tra culture differenti – il libro di Meir Bar Asher costituisce un prezioso contributo alla comprensione della cultura islamica per il pubblico italiano; la sua completezza e fruibilità ne fa uno strumento eccellente per approfondire la rivelazione coranica e il suo contesto storico, accanto a testi di natura più generale.






Un errore che purtroppo attualmente ha però corso, incredibilmente non tenendo conto della percentuale di colonialismo che essa contiene, è l’ accusa di anti-semitismo rivolta a chi ravvisa a sua volta una criminale ingiustizia nel non condannare la politica stragista condotta da Israele nella persona di B. Netanyahu nei confronti degli abitanti di Gaza e della Cisgiordania, a più riprese riproposta nel corso dei decenni e oggi spinta sistematicamente a livelli di genocidio. Tale colpevole aggressività copre unicamente una egemonica volontà di annientamento che si basa anche su un razzismo teologico, confermata dagli attacchi militari agiti sui territori islamici limitrofi, dal Libano alla Siria senza dimenticare l’aggressione al regime iraniano, unilaterale anche quella. Sicuramente anche chi condividendo la tradizione coranica (e perciò, aggiungiamo, altresì semita) si trova in questi giorni lontano dal Medio oriente in guerra non credo che possa d’altra parte non avvertire come offensivo un asserito “non fideismo” che, attraverso un’ operazione filologica di filiazione visibilmente ebraica, desidera cucire un estemporaneo nuovo albero genealogico al libro di una religione abramitica riconosciuto in quanto tale sacro da ben oltre un millennio.