
Nella calda estate di Gerusalemme, davanti alla Porta di Damasco, incontro Jawad, uno dei responsabili dell’associazione no profit Pro Terra Sancta; si è reso disponibile ad accompagnarmi ad Al-Azariyeh, l’antica Betania biblica poco lontana da Gerusalemme, per conoscere un progetto a cui tengo molto: sto per visitare un laboratorio in cui viene utilizzato il prezioso olio di nardo per la produzione di candele.
La biblica Betania
Mentre ci tuffiamo nel traffico caotico in uscita dai sobborghi della città, Jawad mi parla della complicata situazione dei palestinesi di Gerusalemme Est: essi sono residenti, non cittadini – spiega – e come documento non hanno il passaporto israeliano, ma il così chiamato laissez-passer.
Al-Azariyeh ormai è una cittadina dallo sviluppo urbano disordinato, che dista da Gerusalemme «circa quindici stadi» secondo il vangelo di Giovanni (Gv 11,18): tre chilometri, che oggi possono diventare molti di più, a seconda del quartiere da raggiungere, a causa della barriera di separazione che, dal 2002, sconnette non solo strade e colline, ma anche famiglie, affetti e pure due case delle missionarie comboniane; ci si può salutare dalle finestre, ma per ricongiungersi occorre attraversare un checkpoint.
Nell’agglomerato urbano, sotto il controllo dell’Autorità Palestinese dal 2002, poco è rimasto del ricordo neotestamentario dove abitavano Maria, Marta e il fratello Lazzaro, amici di Gesù di Nazareth, e dove si svolsero alcuni episodi che leggiamo nei vangeli (Gv 11,1-44; Mt 26,6-13; Mc 14,3-9; Gv 12,8).
Il sito archeologico principale, quello visitato dai pellegrini, è la tomba di Lazzaro, ma, dal 2023, con l’attacco di Hamas e la conseguente reazione di Israele, con gli altalenanti periodi di tregue, le riprese delle ostilità e la guerra contro l’Iran, tutti i pellegrinaggi sono sospesi.
La mission
Parcheggiamo davanti a un semplice edificio a due piani in pietra bianca. Tutt’intorno ci sono gli scavi che appartengono ad uno dei progetti di recupero storico-archeologico promossi da Pro Terra Sancta: nel cortile, protetto da un’ampia tenda blu, si intravedono le mura crollate di antiche case, un architrave, un arco, il vuoto lasciato da porte e finestre, arbusti che crescono tra le rovine.

La finalità dell’associazione è specificata nella home page del sito:
«La Terra Santa è il centro del mondo, crocevia di popoli, religioni e culture. È la Terra dove tutti i popoli hanno le loro radici. Partecipare alle nostre opere significa amare la Terra Santa nei luoghi e nelle persone, significa vivere un legame duraturo con i luoghi santi e le antiche comunità cristiane. L’associazione opera in Medio Oriente, principalmente dove sono presenti i frati francescani della Custodia, nei luoghi all’origine della fede cristiana e al fianco delle comunità locali».[1]
La Terra di riferimento è un’entità geograficamente varia, un insieme di aree tra stati dai confini modificati nel corso del tempo: regioni in cui si sono sviluppate le Scritture e in cui sono nate e diffuse le tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam; da Israele a Cipro, dalla Giordania all’Egitto, ma anche Siria e Libano e alcune isole greche come Rodi e Kos. Di fatto, nell’accezione popolare, “Terra Santa” viene spesso a coincidere con lo Stato di Israele e i Territori Palestinesi.
Il laboratorio
Svetlana, Maysa e Saida ci attendono davanti al portone, protette dalla veranda frangisole in legno che scherma un sole implacabile. Mi accolgono curiose e un po’ sospettose, forse non abituate all’interesse che suscita il loro lavoro. All’interno, una prima sala contiene alcuni scaffali con le candele già pronte e un paio di tavoli su cui riposano gli stampi colmi di cera.
Mi avvicino agli scaffali; candele di ogni dimensione e colore sono esposte e raggruppate a seconda della forma: a modo di uova decorate, alberelli, damine, oppure contenute in stampi in legno, con la cera mescolata a fiori secchi e ad altre inclusioni, in una produzione certamente raffinata. Su un tavolo, in parallelepipedi di silicone bianco, si stanno consolidando profumatissime classiche candele dai lunghi stoppini.
Le tre donne stanno in silenzio, ma gli sguardi orgogliosi comunicano il grande impegno che mettono nel loro lavoro.

In un’altra piccola sala laterale, lungo il muro, parecchi sacchi sono colmi di cera in gocce; le stesse gocce sono contenute in recipienti appoggiati su fornelli. Flaconi dal prezioso contenuto sono ben allineati sul piano di marmo bianco: mirra e nardo, come oro liquido, denso e profumato.
Il nardo di Gerusalemme e di Betania
I visitatori che percorrono i vicoli della Città Vecchia a Gerusalemme e si dirigono verso la basilica del Santo Sepolcro respirano un profumo inconfondibile; proprio all’entrata, le dolci note dell’olio di nardo, di cui è cosparsa la Pietra dell’Unzione, avvolgono come una nuvola preziosa: «e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,3).
Il nardo non è una pianta autoctona, proviene dalle lontane terre d’Oriente ed era, ed è (almeno quello di buona qualità), piuttosto costoso. Era utilizzato in Egitto per le imbalsamazioni, negli incensi dell’antico Tempio di Gerusalemme; è citato nel Cantico dei Cantici (1,12; 4,13-14) e nei vangeli in un episodio proprio ambientato a Betania (Mc 14,3; Gv 12,3): trecento denari, il costo equivalente al guadagno annuale medio di un salariato del Primo Secolo d.C., è valso l’olio usato per ungere i piedi del Cristo.
«L’essenza di nardo che utilizziamo noi è la migliore, ma è piuttosto costosa: costa circa novanta dollari al litro, e parliamo di ingrosso» interviene Jawad. «La importiamo direttamente dall’Himalaya. Utilizziamo anche la mirra, altra essenza biblica. Andiamo al piano di sopra a parlare. Tradurrò io, perché le nostre donne parlano arabo e poco inglese».
Le protagoniste
Nella quiete della saletta superiore, davanti a un fumante caffè al cardamomo, ascolto le storie di Saida, Maysa e Svetlana: tre donne con formazioni diverse, unite dal desiderio di autonomia e dalla speranza in un futuro di indipendenza economica. Con noi anche Aya, quattordicenne, che impegna il tempo delle vacanze estive dando una mano nel laboratorio.
Saida, originaria di Lidda, ha vissuto in Giordania, dove la sua famiglia si era rifugiata dopo il 1948; da giovanissima sposa, ha seguito suo marito a Betania, senza poter tornare in Giordania per dieci anni, fino all’ottenimento dei documenti di identità palestinesi. Saida ha un innato senso del bello, ama l’arte, ricama, produce ceramiche ma, non avendo potuto studiare, non ha mai iniziato una sua attività. Ha accettato con entusiasmo di partecipare al progetto di produzione di candele e riesce ad esprimere la sua esperienza artistica.
Maysa è laureata in Amministrazione Sanitaria all’università di Abu Dis, città in cui abita insieme al marito e ai figli; nonostante gli studi, a causa della crisi economica e dell’enorme difficoltà di libera circolazione dovuta ai checkpoint, non è riuscita a trovare un lavoro fino a quando non è venuta a conoscenza del progetto di Pro Terra Sancta.
La carnagione chiarissima e gli occhi azzurri di Svetlana rivelano la sua origine dall’Europa dell’Est: «Sono ucraina, ho sposato un palestinese, mi sono convertita all’Islam e ci siamo trasferiti qui», racconta in inglese. Con alle spalle studi di informatica all’università di Abu Dis, ha accolto con gioia l’inserimento nel progetto, pur continuando il suo impegno di insegnante di lingua russa a scuola.
Perché le candele?
Pro Terra Sancta sostiene e opera in collaborazione con diversi enti per la promozione di attività locali, tra cui l’associazione Al-Hana’a, fondata nel 2009 per lo sviluppo sociale femminile; lo scopo era dare l’avvio alla microeconomia di una decina di donne rimaste sole dopo che gli uomini di famiglia sono rimasti senza lavoro a causa della costruzione della barriera di separazione o perché in prigione. Cosa si poteva fare? Recuperare antiche tradizioni come il mosaico e il ricamo, cucinare piatti tradizionali e venderli, mettersi a disposizione come parrucchiere.
Nell’ottobre del 2024 e con il sostegno di Pro Terra Sancta, questo nuovo laboratorio vede la luce proprio da quell’esperienza. Si trattava di riprendere la produzione di candele dai profumi di nardo e mirra, ma non solo: attualmente vengono utilizzati anche aromi naturali come gelsomino e vaniglia.

Il primo impegno con cui misurarsi si è concretizzato con la preparazione di trentamila profumatori per armadi e cassetti, richiesti proprio dall’associazione come dono per i propri sostenitori. «Avevamo pensato di inviare un segno del nostro impegno insieme alla rivista cartacea, ma spedire candele sarebbe stato troppo complicato per via del loro spessore» dice Carla Benelli, responsabile dei progetti culturali dell’associazione e storica dell’arte.
«Mi venne l’idea dei profumatori al nardo perché avrebbero potuto essere semplici tavolette e l’aroma sarebbe stato un perfetto collegamento con la tradizione evangelica di Betania. Siamo anche riusciti a venderli ad un paio di gruppi di pellegrini in visita alla tomba di Lazzaro ma, con il precipitare degli eventi, tutti i viaggi sono stati poi sospesi».
Momenti di crisi e di risurrezione
«L’inizio è stato durissimo» – spiega Saida –, «perché abbiamo dovuto imparare a dosare cera e aromi, controllare il procedimento, imparare a utilizzare correttamente gli stampi: non avevamo nessuna esperienza e parecchie candele risultavano crepate! Quando è arrivato il primo ordine di ben trentamila profumatori, abbiamo pensato di non farcela: una vera sfida non solo per i tempi stretti di consegna, ma anche di impegno e attenzione, visto che gli stampi erano sottili e la cera si spezzava».
«Normalmente non veniamo tutti i giorni – continua Maysa – ma nei mesi di ottobre e novembre scorsi eravamo sempre qui, con l’ansia di non finire in tempo e con la preoccupazione che tutto fosse perfetto. Inoltre, c’era il problema del confezionamento: volevamo comunicare la genuinità dei prodotti e per questo abbiamo deciso di preparare le etichette con gli ingredienti e di confezionare i pezzi in sacchettini trasparenti. Alla fine, al vedere le scatole pronte per la spedizione, abbiamo provato una grande gioia».
«Anche in questo periodo di crisi, il laboratorio per noi è un dono di Dio – aggiunge Svetlana –. Ho avuto cinque figli, ma ne ho perso uno un anno fa. Il dolore è ancora profondo. L’impegno mi aiuta a distogliere i brutti pensieri ed è anche la fonte principale di sostentamento per le nostre famiglie, perché qui non è facile trovare un impiego. Abbiamo iniziato a vendere i nostri prodotti ai gruppi di pellegrini che visitavano la vicina Tomba di Lazzaro, ma con la delicata situazione di Israele i viaggi si sono ridotti drasticamente, quasi sospesi, direi… allora abbiamo cercato nuovi sbocchi di vendita, come i mercati delle città vicine; in Italia, per ora i prodotti non sono venduti nei negozi, ma distribuiti tramite Pro Terra Sancta, che ci sosterrà fino al 2026; il progetto dura due anni, poi dovremo farcela da sole. Inshallah».
Lavoro, impegno e dialogo interreligioso
La valorizzazione delle competenze, la promozione sociale ed economica declinata al femminile hanno pure un risvolto tutt’altro che secondario: Pro Terra Sancta è un’associazione di ispirazione religiosa cristiano-cattolica, le donne sono musulmane; aggiungiamo anche che il nonno della giovane Aya – silenziosa testimone del nostro incontro – è pure musulmano e lavora come custode della basilica che contiene la tomba di Lazzaro. Ecco un virtuoso esempio in cui l’aspetto umano va oltre le proprie credenze e invita alla cooperazione calata nella quotidianità della vita.
[1] Pro Terra Sancta | Associazione no profit in Terra Santa






Questi luoghi santi martoriatidalla guerra, mi trasmettono gioia e tristezza contemporaneamente.
Ammiro queste 3 donne per la dedizione nel costruire queste candele profumate.
Prego per la Terra Santa, la terra delle nostre origini!
Grazie
Ho letto l’articolo con interesse e mi ha coinvolto molto, mi sono calata nella realtà della realizzazione dei prodotti a base di nardo e mirra ma soprattutto ha reso realizzabile e credibile lavorare e creare unità fra persone di religione diverse in cui credo fortemente. Uomini e donne sono uguali davanti a Dio e non sarà certo le diverse religioni che ci possono allontanare. Per ultimo il racconto mi ha portato ad immergermi nei luoghi che sono citati nei vangeli, in maniera forte. Grazie Sandra.
Luoghi, storia, presente, ma soprattutto persone.
Persone con le loro 1000 difficoltà, la maggior parte delle quali non scelte, ma imposte da poteri che sembrano espressioni di tutto tranne che della giustizia.