
Il 28 agosto il tribunale federale svizzero ha condannato per stupro Tariq Ramadan ponendo fine a una vicenda giudiziaria lunga otto anni. La conclusione definitiva – ma l’interessato si è appellato alla Corte europea dei diritti dell’uomo – della più alta autorità giudiziaria svizzera corre in parallelo al giudizio ancora in corso in Francia, sempre per accuse di stupro su donne. L’importanza della vicenda è legata alla figura dell’interessato.
La figura
Figura poliedrica, Tariq Ramadan, nasce in Svizzera nel 1962, nipote di Hasan al-Banna, fondatore dei Fratelli musulmani. Formato a Ginevra, al-Azhar (Cairo) e Friburgo, ha insegnato a Oxford, in Qatar, Marocco e Giappone. Respinto e poi accolto negli USA, è stato consulente del governo Blair e di varie commissioni dell’Unione Europea. Ha partecipato anche al convegno fra cattolici e islamici in Vaticano nel 2008.
La sua posizione religiosa-culturale potrebbe essere definita una «neo-egemonia musulmana», fra due opposti: la tradizione teologico-giuridica, da un lato, e, dall’altro, l’apertura alla dimensione storico-critica. La gran parte delle scuole e dei sapienti musulmani è sul versante teologico-giuridico e guarda con sospetto a Ramadan, mentre una seconda, altrettanto critica, persegue una lettura storico-critica del Corano e una interpretazione positiva del moderno.
Tariq Ramadan persegue una via diversa: riconoscere al contesto storico-civile di appartenenza una parola decisiva in ordine all’interpretazione del Corano e delle fonti normative. Politica, cultura, tecnologia, scienza ecc. entrano a definire un islam che non si connota solo in senso duale fra chi è dentro la Umma (i territori islamici) e chi ne è fuori, ma che vive «testimoniando» la fede nel proprio contesto.
I testi non sono l’unica fonte del diritto e la riforma non è adattamento ma trasformazione, non è modernizzazione dell’islam ma islamizzazione del moderno e del post-moderno in vista di una «nuova egemonia» islamica. Un’impresa, che, a parere degli oppositori, non ha la necessaria robustezza teorica e che si espone alla doppiezza: garantire l’islam tradizionale in tutto il suo impianto e rincorrere elementi occasionali di modernizzazione.
La «nuova egemonia» islamica alla prova dei tribunali
La vicenda giudiziaria è assai frastagliata.
In Svizzera il tribunale di prima istanza ha assolto Ramadan, perché le accuse della vittima non avrebbero avuto l’evidenza necessaria per togliere ogni dubbio. Nell’istanza superiore i giudici hanno invece riconosciuto la pertinenza delle accuse e la loro credibilità, fondata su testimonianze, certificati medici e perizie di esperti.
La violenza sessuale rimonta al 2008 ed emerge in pubblico nel 2017, in parallelo alle accuse in Francia. La prassi dell’islamologo è parallela nei due casi. Scambio epistolare con le vittime, incontro in occasione di qualche sua conferenza, invito a recarsi nella stanza dell’albergo e successive violenze.
In Francia le accuse partono da quattro donne che, in luoghi e tempi diversi, hanno patito violenza. Esplodono contemporaneamente nel 2017. La storia processuale è stata ricca di colpi di scena. Dapprima l’islamologo ha negato ogni rapporto e ogni violenza, poi ha ammesso i rapporti sessuali (inimicandosi le comunità musulmane) ma li ha descritti come consenzienti.
Nel 2023 è stato rinviato a giudizio, ma pochi mesi dopo il procuratore generale di Parigi ha suggerito l’abbandono delle denunce per tre delle donne interessate, suggerendo la prosecuzione solo per la quarta. Ma la camera della corte di appello ha invece confermata l’invio in giudizio dell’islamologo nel giugno del 2024 per le denunce di tre delle vittime. Il processo davanti alla corte criminale dipartimentale di Parigi si celebrerà nel marzo del 2026.





